A son belè sciupà ai la fas pü me cara dona, a son annamurà ma te tam ciüci fin la miöla cantava il mitico Franco Rangone (foto in basso a destra) in uno dei suoi repertori magici di Cantuma Lisondria. I vecchi alessandrini, cui giüst, nent i trapiantà, non lo possono dimenticare, perché quei pezzi raccontano di un’Alessandria che non c’è più.
No, non è un colpo di nostalgia anche se ho tanti rimpianti di quegli anni meravigliosi e non solo perché ero un fanciot di grandi sogni, ma per le atmosfere, la filosofia un po’ spartana con un senso profondo della vita.
Dai nostri vecchi, quelli che già allora pensavamo di rottamare per trasformare una società benpensante e borghese, c’era molto da imparare. Non tutto da buttare via, quindi, i mè ricord u diva il grande Gianni Fozzi son drenta l’arbanela e ai tir föra al mument giüst.
Certo non è più il tempo di duminica a döi bot at ven a piè dabon, at port a fè ‘na gira sitaja an su stangon. Sì, non sono più i tempi, adesso le macchine sfrecciano a gran velocità e corrono come il nostro tempo che va in fretta.
Non è più la ballata di Luigi Gabina, Luigi Gabina l’era in umett citen brüt e magher che u smiava a in brichëtt e mi viene da dire come sarebbe stato Luigi nel nuovo secolo, negli anni dell’Happy Hour, noi che ‘na vota frequentavamo la piola del gasometro mangiando ravioli che galleggiavano in un brodo con degli occhi che sembravano dei ciücialambrüss e curadela.
Tnuma tücc a ment, fioij, quello che eravamo quello e che vorremmo essere ancora. Cosa vogliono raccontarci adesso, noi che siamo cresciuti con biij grass e magher e anciüui e bagnëtt, con döi sigulon, barbera e dusëtt.
Certo siamo noi quelli della generazione x, quelli non allevati nel latte di cacagna, con döi roğ e ‘na niera e tütt l’è finì, quelli cui piacerebbe essere come cantava Gianni Coscia, altro mitico baluardo di queste lande, “me a son l’ültim di vivër”.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, Tani e Burmia hanno fatto tribolare, ma Lisondria l’è ancora chi, un po’ cambiata certo, ma qualcosa rimane anche a guardare la sua gente e a volte mi verrebbe da dire, tanto per citare Franco in un altro suo pezzo di repertorio Osà, taca al cü tn, hai ‘na brancà.