Caro professore Mario Dallocchio, nonostante il tempo, la confidenza e l’amicizia, non sono mai riuscito a chiamarla per nome come a non darle del lei.
Gli anni del liceo, tanto belli quanto difficili, sono iniziati da quel famoso “primo giorno di scuola” , quel momento così significativo che anche volendo non riesci a scordare. Ammetto che eravamo giovani e a quell’età così delicata avevamo bisogno di una giuda, di valori e di insegnamento. Lei, mio caro professore ha saputo darci quel qualcosa in più rispetto il mero ruolo che ricopriva, ha saputo infondere in noi quei valori che alcuni docenti di oggi, forse ritengono superflui. Le ore passavano in fretta e non mancavano mai le storie di vita vissuta delle quali ci rendeva sempre partecipi, quelle esperienze che ascoltavamo con passione perché si capiva che erano dettate dal cuore e che sempre lasciavano una morale. Non erano solo ricordi personali, ma valori oggettivi che solo una mente brillante, poteva esprimere tramite l’immancabile vena poetica che rendeva tutto più vero.
Se proprio devo dirla tutta, sa perché non ho mai smesso di chiamarla professore? Perché nella mia vita, segnata da un lungo cammino d’ istruzione, l’unica persona che ha acquisito quel ruolo nella maniera più pura e significativa del termine, è stato proprio lei.
“Studiate di meno, leggete di più”, questa frase era una costante quando a fine lezione ci salutava…oggi il mio ricordo va ad un uomo buono, deciso nel dimostrarsi per quello che era, per ciò che era stato e per quello che sarebbe voluto essere, dimostrando fragilità e commozioni degne di chi ancor prima di giudicarci ci ha permesso di farsi conoscere.
Insomma, al di là del profilo professionale, abbiamo conosciuto quello umano, con i suoi pregi e difetti che ci ha insegnato, senza volere, molto più che una semplice frase da imparare a memoria stampata su un libro.
Questa volta, anche senza una lavagna e un gessetto, le rinnovo il mio saluto “Ave magister, discipuli tui, te salutant”.
Federico Guerci – Alessandria