Pedrazzi (Ascom/Confcommercio): “Dal Governo un lock down che rischia di non fermare la pandemia, ma quasi certamente affosserà troppe imprese”

di Ettore Grassano

 

“Oggi non ci sono davvero motivi per ostentare ottimismo, ma determinazione sicuramente: i commercianti non mollano mai. E noi con loro. Non ci arrendiamo, anzi: cerchiamo sempre la strada per affrontare e superare le difficoltà, anche se in questo momento la salita che abbiamo davanti è davvero impervia. Certo il Governo dovrebbe spiegarci la ratio di questo lock down ‘leggero’, suddiviso per categorie: non abbiamo capito a cosa serva realmente dal punto di vista sanitario, né soprattutto perché nell’adottare i provvedimenti non si siano tenuti in considerazione i differenti livelli di rischio delle diverse zone territoriali. Ciò che abbiamo capito benissimo, invece, è che è a serio rischio la sopravvivenza di centinaia di migliaia di piccole imprese”.

Solo pochi mesi fa Alice Pedrazzi, direttore generale di Ascom/Confcommercio Alessandria, parlava di ‘bicchiere mezzo pieno’, mettendo in evidenza la grande capacità di reazione e di innovazione dei commercianti della nostra provincia di fronte ad una pandemia senza precedenti. La dirigente di Ascom chiedeva anche con chiarezza, al decisore politico, una maggior determinazione e più coraggio, evidenziando al contempo il forte rapporto di collaborazione con le istituzioni più vicine al territorio, come la Regione ed i Sindaci, ma tutto questo non può bastare: “Serve uno sforzo congiunto, per quanto Regioni e Comuni possano fare, è il Governo centrare a dover tracciare la rotta, tanto delle restrizioni quanto dei ristori: e in questo momento siamo molto perplessi, e preoccupati per le tante, tantissime imprese che rischiano di non avere più un futuro”.

Dottoressa Pedrazzi, in questi mesi Ascom/Confcommercio non si è risparmiata: siete ovunque, nelle piazze con i commercianti ma anche a fare ‘pressione’ sulle istituzioni: il momento è davvero così grave?
Mi piacerebbe esordire con una nota di ottimismo, ma sarebbe davvero stonato in questo momento di fortissima preoccupazione, e fuori luogo. Purtroppo sì, la situazione per il comparto del commercio, così come per quello del turismo, è davvero gravissima. Con una premessa, a cui tengo: gli imprenditori del settore, i commercianti e i loro dipendenti sono, prima di tutto, cittadini. Hanno famiglia, genitori, nonni, figli. Non è che non ci rendiamo conto della gravità della situazione sanitaria, degli ospedali al collasso, del rischio che in Italia ci siano ancora migliaia di morti: e abbiamo paura, come tutti. Però i commercianti sono anche persone che vivono del proprio lavoro, che hanno fatto investimenti, che hanno debiti e pendenze da onorare con i fornitori, e stipendi da pagare ai dipendenti. Per chiesto chiediamo rispetto, e considerazione.

Che sono mancati fino ad ora?
In questa seconda ondata di pandemia, in autunno, l’impressione è un po’ questa. Prima di tutto cosa è stato fatto, davvero, nei mesi estivi per attrezzare il Paese ad affrontare la ripartenza del virus? Non molto, pare di capire, se ad ottobre improvvisamente ci siamo ritrovati in totale affanno, come era successo a marzo. Poi, se il lock-down di primavera, pur con i suoi effetti disastrosi sul piano economico, fu generalizzato e comprensibile, oggi davvero ci sfugge la ratio dei provvedimenti in vigore fino al 3 dicembre. Per ora, poi si vedrà…

Nel senso che voi sareste stati per un giro di vite più intenso?
Sì, ma mirato solo ad arginare i veri focolai. Ci dovrebbero spiegare perché mai in regioni come la Lombardia, o il nostro Piemonte, che sono molto estese, e con situazioni difformi al loro interno, non c’è stata la volontà di chiusure limitate a certi territori. E poi perché chiudere solo certi esercizi, e non altri? Fino al paradosso dei negozi per la cura degli animali: tu lasci il cane, e poi lo vai a riprendere. Dove starebbe il rischio contagio? Ovvio che il problema vero invece è altrove: le metropolitane, i treni, gli autobus se affollati. Quando si chiedono sacrifici così grandi ad imprenditori, che vedono limitata la loro libertà di impresa, e a cittadini, che vedono limitata la loro libertà di movimento, occorre che i provvedimenti siano spiegati con estrema chiarezza e che la correlazione provvedimento-evidenza scientifica-risultato atteso sia lampante. Altrimenti come si possono accettare? Ecco perché da subito, come Associazione, abbiamo chiesto che i provvedimenti restrittivi fossero adottati con precisione “chirurgica” in base ai livelli di rischio che possono essere anche differenti da provincia a provincia, o addirittura da comune a comune, senza estendere un metro più del dovuto o un minuto più del necessario queste restrizioni.

Particolarmente seria la situazione per la filiera della moda e dell’abbigliamento: un comparto da sempre ‘fiore all’occhiello’ della nostra economia, e che rischia di pagare un conto salatissimo….
Anche qui il legislatore ha peccato di superficialità: prima di tutto perché i negozi di abbigliamento, se opportunamente regolamentati nelle entrate, non sono certo luoghi da sovraffollamento. Poi occorre considerare che il comparto della moda, vestiti e accessori, fa circa la metà del suo fatturato annuale proprio negli ultimi due mesi dell’anno: fermarli ora significa condannarli a perdite ingenti, che vanno a sommarsi a quelle di primavera. Davvero un colpo da KO per tanti esercenti, e centri commerciali. Per questo chiediamo da giorni un intervento immediato e importantissimo in materia creditizia, che oltre ai ristori (largamente insufficienti a garantire la sopravvivenza delle imprese) consenta una imminente ed abbondante immissione di liquidità per le imprese, prevedendo tempi di rimborso lunghissimi. Un po’, per fare un esempio, come avviene quando si corre in soccorso di imprese che sono ubicate in zone colpite da calamità naturali. Ecco, senza interventi realmente straordinari come questi, tante, troppe imprese, non potranno farcela.

La ristorazione si può ‘salvare’ con asporto e recapiti a domicilio?
Non basta, per quanto bar e ristoranti ce la stiano mettendo tutta, e stiano trovando anche un’ampia solidarietà da parte della loro clientela più affezionata. Ma molti hanno anche speso cifre significative per l’adeguamento dei locali, e ora si ritrovano a dover tener chiuso a tempo indeterminato….

Però stanno per arrivare ristoro e cassa integrazione per tutti…..
Sarebbe facile fare ironia, ma ormai è passato il tempo anche per quella. Le prime forme di sostegno sono arrivate, anche se ancora solo parzialmente, in questi giorni: ma è evidente che non basta. Penso ancora alla filiera dell’abbigliamento: lì non c’è solo il mancato incasso dettato dalla chiusura, ma anche la merce che è stata acquistata per l’autunno/inverno, e che va pagata. Per non dire delle tasse, di quanto dovuto allo Stato e agli enti locali, degli affitti.
Purtroppo il rischio fortissimo è che tante realtà, in tutti i settori, non riescano a far fronte ai loro impegni, e che questo metta in moto una catena di fallimenti destinati a coinvolgere la filiera dei fornitori. E poi i commercianti sono a loro volta consumatori, non dimentichiamocelo: si rischia il corto circuito. Quanto alla cassa integrazione e ai contributi alle imprese, conosciamo realtà che non hanno mai ricevuto quanto dovuto in primavera: ci sono imprenditori che hanno anticipato la cassa per i dipendenti, e che oggi non sono più in condizioni di rifarlo.

Ascom: "Ad Alessandria scompaiono i negozi nei paesi: servono agevolazioni fiscali!" CorriereAl

C’è davvero il rischio che nel 2021 tante piccole e medie attività commerciali arrivino al capolinea?
Detestiamo fare terrorismo, e creare panico e ansia. Ma anche mettere la testa sotto la sabbia in un momento come questo sarebbe da incoscienti. Servono aiuti concreti e tangibili, subito, o rischiamo il default. E questo sarebbe un dramma non solo per le categorie del commercio, ma per le nostre comunità: che i negozi sono sentinelle di socialità e civiltà, ma anche di legalità e sicurezza, ce lo siamo detti tante volte. Già vediamo ora cosa sono le città in lockdown, soprattutto la sera: possiamo permetterci un futuro così?

“Amazon? Vi racconto cos’è davvero!”. Un alessandrino in trasferta a Piacenza: “Da noi sempre sordi e ciechi di fronte alle opportunità” 1

Guardando all’immediato, per i commercianti si prospetta un Natale di crisi, con le persone chiuse in casa, a fare acquisti sul web dai grandi colossi che pagano le (poche) tasse altrove?
La questione della concorrenza sleale dei colossi del commercio via web esiste, la mettiamo sul tappeto da tempo, e va risolta con interventi legislativi che non sono neanche nazionali, ma almeno europei. Oggi, nell’emergenza, Ascom/Confcommercio ha lanciato una campagna che sosteremmo ovunque, sui media e sui social ma anche nel tam tam quotidiano delle nostre relazioni personali: “Il negozio di vicinato è la tua famiglia: tienilo in vita”. Ognuno deve essere consapevole che i suoi 30 o 50 euro di regali fanno la differenza: se li spendi sotto casa, o nel negozio in centro, aiuti la tua comunità a non mollare, a guardare al futuro. In caso contrario le conseguenze negative ricadranno su tutti noi, non solo su chi vive di commercio.