Domenica si celebra la Giornata Mondiale dei Poveri

La quarta Giornata Mondiale dei Poveri, voluta da Papa Francesco al termine dell’anno della misericordia, si celebra, quest’anno, domenica 15 novembre. Una giornata che invita a “Tendere la mano al povero” (cfr Sir 7,32), un tema di grande attualità ancor più in questo momento storico, nel quale la pandemia ha fatto emergere, anche nella comunità alessandrina, nuove povertà.
Il Centro di Ascolto diocesano ha accolto, in questi mesi, molte nuove richieste di aiuto. La celebrazione del prossimo 15 novembre, invita a non essere insensibili a queste grida di dolore.

In quest’anno, i tanti volontari e gli operatori dei servizi Caritas hanno visto ancor più nitidamente le fragilità della comunità ma anche vere iniziative di solidarietà che hanno coinvolto giovani e meno giovani in gesti di vero amore.

Quest’anno la pandemia da Covid19 e le direttive per contrastarne la diffusione, impongono a Caritas e all’associazione Opere di Giustizia e Carità di evitare i momenti di animazione e di condivisione con i quali, negli scorsi anni, la comunità è stata coinvolta nell’incontro con i poveri. Ma la chiamata a tendere la mano ai più fragili non viene meno. La celebrazione della Giornata dei Poveri invita a mettere in questione i nostri stili di vita, spesso al di sopra delle nostre possibilità, per spalancare gli occhi su coloro che ci vivono accanto mettendo da parte ogni forma di indifferenza.

Riprendendo le parole dei Vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta:

Sono i poveri che ci aiutano a ridimensionare le nostre aspirazioni e i nostri desideri.
Sono i poveri i nostri “padronissimi”, come diceva San Giuseppe Benedetto Cottolengo, il grande santo della carità scaturito proprio dalla nostra terra. Ha vissuto con i poveri, condividendo tutto; soprattutto li ha amati.
Sono i poveri a richiamarci il valore dei gesti, degli sguardi, degl’incontri, delle relazioni, della carità.
Sono ancora i poveri a mettere in noi la nostalgia delle cose pulite senza essere appesantiti da inutili fardelli che ci trasciniamo dietro.
Accorgerci della loro presenza ci obbliga a maggiori condivisioni di tempo, di spazi, di denaro, di cose, di attenzioni e di gesti.
Semplicemente camminiamo insieme nella solidarietà, nella giustizia e nella vera pace.
Cogliamo nei poveri il Signore che ancora una volta ‘bussa’ alla nostra porta.

Monsignor Guido Gallese, Vescovo di Alessandria 
Credo che per tendere la mano a chi è meno fortunato, la nostra Chiesa diocesana abbia bisogno innanzitutto di incrociare lo sguardo con il povero. Viviamo un vero atteggiamento di carità nei confronti dei poveri se siamo capaci di guardarli negli occhi. In secondo luogo, per servire i poveri, dobbiamo essere insieme, perché la povertà è una piaga talmente diffusa che da soli rischiamo di non farcela, di scoraggiarci e quindi dobbiamo vivere il servizio ai poveri come evento di comunità e non come un evento personale.Infine, per poterlo fare, dobbiamo mettere Gesù Cristo al centro. La nostra non deve essere filantropia, ma vera carità; deve scaturire dall’amore con cui siamo amati noi stessi da Cristo, che viene dallo stare con Lui, ed è con questo stesso amore che siamo chiamati a servire. Gesù dice: “I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me”. Se perdiamo Cristo, perdiamo l’occasione di dare loro il bene di cui hanno – e tutti abbiamo – veramente bisogno: l’amore di Cristo, l’amore dell’Agnello. 

Padre Daniele Noè, Delegato Vescovile per la Pastorale della Carità 

“Tendere la mano” è un segno: un segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore”, ci dice Papa Francesco; uscire da noi stessi per andare incontro all’altro dovrebbe diventare per noi cristiani uno stile di vita, sull’esempio di Gesù, allargare i nostri orizzonti per saper andare incontro e accogliere il fratello “povero”.
Il servizio, il tendere la mano, è l’espressione concreta della solidarietà. Quella solidarietà che il papa esprime nell’Enciclica appena scritta: “Solidarietà è una parola che esprime molto più che alcuni atti di generosità sporadici. È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. […]” (FT 116). Pensare ed agire in termini di comunità!Veniamo richiamati al valore profondo della comunità per sentirci comunità; per sentirci fratelli e agire non solo da singoli e per i singoli, ma come appartenenti ad una comunità per la Comunità, per tutti i figli di Dio.