Era intorno al 1920, eravamo io e Emilio Fede… così iniziava un monologo di Gianfranco D’Angelo in una celebre e storica trasmissione come il Drive In. Si affacciava sulla ribalta il mago della comunicazione, Silvio Berlusconi, che ipnotizzava casalinghe, studenti e tutto il ceto medio con le sue televisioni e con i suoi programmi di massa.
Chissà perché, ma in un momento un po’ no, voglio ricordare qualcosa di quei tempi che forse mi è rimasto. Anch’io come Gianfranco D’Angelo posso recitare un monologo partendo da una data ben più recente.
Era intorno al 1986 e mi trovavo in compagnia di un carissimo amico. Stavamo tornando da Viareggio. L’amico era, posso dire era perché ormai ci ha lasciato da qualche anno, Giorgio Cusatelli, filologo, germanista, professore di lingua e letteratura tedesca all’università di Pavia.
Improvvisamente Giorgio mi disse di uscire a La Spezia e d prendere la direzione di Lerici perchè doveva assolutamente salutare un amico. Destinazione Tellaro.
Sapevo che a Tellaro c’era la villa di Mario Soldati, quella era l’unica ragione per cui conoscevo di nome quella splendida località turistica della riviera di Levante a due passi dal Golfo dei poeti.
Quando arrivammo Giorgio si annunciò e venne ad accoglierci questa splendida figura signorile e garbata, con una giacca in fustagno sopra una camicia azzurra, elegante, austero.
I due si abbracciarono felici di incontrarsi come se non si vedessero da tempo, in realtà venni poi a sapere che si sentivano spesso, ma erano accomunati da una stima reciproca e da un’amicizia vera e profonda.
Io rimasi esterrefatto dopo aver atteso uno scambio di battute gioviali e raffinate di trovarmi davanti il grande Attilio Bertolucci.
Avevo studiato Bertolucci il primo anno all’università, La capanna indiana, senz’altro il suo libro più famoso, è stato sul mio comodino per un anno intero e ogni sera, prima di addormentarmi ne leggevo e rileggevo qualche passo scoprendo qualcosa di nuovo.
Coglierò per te l’ultima rosa del giardino, la rosa bianca che fiorisce nelle prime nebbie, dicevano quei versi straordinari dedicati a Nina, sua moglie e madre di Bernardo e Giuseppe e poi ancora è un ritratto di te a trent’anni un po’ smemorato come tu sarai allora.
Chissà perché, ricordando Giorgio, ho voluto associarlo ad Attilio Bertolucci, una figura con la sua opera consegnata all’immortalità.
Era il 1986 ricordo eravamo. Siamo ancora come eravamo allora.