Il mio esame di maturità risale all’estate del 1983.
Reduce da:
– un anno da campione del mondo
– otto mesi di patente B
– quaranta giorni di un primo amore
affrontai la preparazione alle prove scritte e orali con fatica, ansia e divertimento. Un amplesso mediamente riuscito, insomma.
E nessuno tra me e i miei coscritti fu esaltato come un gladiatore uscito ammaccato ma vivo da una giostra all’ultimo sangue.
Trent’anni e tutto è mutato.
I maturandi di oggi sono protagonisti di un reality che incomincia nel periodo di Pasqua con l’uscita delle materie, prosegue con le previsioni sugli argomenti proposti per la prova di italiano, continua con le interviste a radio/giornali/tv per misurare le emozioni all’entrata e all’uscita delle prove e si sublima con i risultati e le statistiche dei promossi (quasi tutti) e i bocciati (quasi nessuno).
Perché in un reality non perde nessuno o quasi. Ciascuno ha il suo momento di visibilità e di gloria.
E radio/giornali/tv hanno del materiale fresco, facile e sempre diverso ogni anno perché i partecipanti al reality cambiano ogni anno. Si tratta di un format ripetibile e rinnovabile a sforzo zero.
Sulla pelle degli adolescenti.
Allora dico: lasciateli tranquilli!
Non c’è nulla di più normale al mondo che affrontare un esame, spesso con successo, talvolta sbagliando ma è un fatto normale e non un evento da calendarizzare se non per ciascuno nel proprio intimo.
Questa è una generazione che rischia di apparire inetta ancor prima di dimostrare di non esserlo.
Lasciateli tranquilli.
E grazie per l’attenzione.
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