Il crollo delle attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi ha un effetto negativo a valanga sull’agroalimentare per i mancati acquisti in cibi e bevande per l’emergenza Coronavirus.
Una fotografia che rende bene l’idea di ciò che sta accadendo anche in Alessandria e provincia: i consumi extradomestici per colazioni, pranzi e cene fuori casa sono stimati in calo del 40%.
Una drastica riduzione dell’attività che pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne alla frutta e verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
“In alcuni settori, come quello vitivinicolo la ristorazione – precisa il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato, basti pensare che la spesa alimentare fuori casa prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi a tavola degli italiani”.
Ben vengano, dunque, le dichiarazioni del Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova sul fatto che si sta “lavorando per cercare di mettere insieme vari ministeri e individuare misure che diano sostegno a strutture che acquistano Made in Italy”, perché la situazione è drammatica.
Tutto ciò genera anche un’altra nefasta conseguenza. Le situazioni di crisi sono terreno fertile per far crescere il volume d’affari delle agroamafie, a livello nazionale approfittando dell’emergenza economica generata dal coronavirus, è salito a 24,5 miliardi di euro con attività che riguardano l’intera filiera del cibo. Un’attività illecita che riguarda bar, ristoranti, negozi di frutta e verdura fino ai furti nelle campagne.
“L’agroalimentare è divenuto una delle aree prioritarie di investimento della malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi economica perché – sottolinea il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le agromafie impongono la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali ottenuti con il commercio della droga. Un fenomeno che minaccia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti della pandemia che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all’usura per trovare i finanziamenti necessari”.
In questo modo la malavita si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma anche compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy.
“Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare” aggiungono Bianco e Rampazzo, nel sottolineare che “l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie”.
Insomma, non si tratta più solo di semplici “ladri di polli” quanto spesso di veri criminali, che mettono a segno raid capaci di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole.