Alessandria si scopre provincia olivicola. Produzioni per ora contenute in qualche decina di ettari ma cresce il numero di coloro che stanno sperimentando sul territorio l’ “impatto” degli ulivi, ed è grazie a giovani imprenditori come Riccardo Rota, 24 anni di Lu e Cuccaro Monferrato, che cresce la produzione di olio in una zona conosciuta soprattutto per cereali, vino, orticole e nocciole.
”Al momento le piante sono una quarantina ma presto diventeranno più di cento, dominano la collina che da Lu va verso Mirabello, una valle decisamente vocata in grado di mettere le colture al riparo da repentini sbalzi termici e correnti fredde” racconta orgoglioso Riccardo. Una piccola produzione, circa 60 litri, destinate a famiglia e amici ma che a breve potrebbe diventare qualcosa di molto più importante”. Riccardo ci crede, l’annata dal punto di vista della qualità pare essere ottima, “sicuramente migliore di un 2019 che si è dimostrato avaro nelle rese, e pensa in grande, non lasciandosi intimorire dai dati poco incoraggianti che riguardano l’olio di oliva nel nostro Paese”.
Nel 2020 la produzione ha fatto registrare un crack da 2 miliardi a causa della chiusura forzata di bar, ristoranti e agriturismi, ancora alle prese con una difficile ripartenza, per gli ostacoli alle esportazioni e l’azzeramento delle presenze turistiche.
Il dato emerge dall’assemblea di Unaprol, la principale organizzazione di aziende olivicole: a pesare sul comparto è stato soprattutto il blocco del canale della ristorazione, che rappresenta uno sbocco importante per l’olio Made in Italy, sia in patria che all’estero.
A incidere sulle imprese olivicole italiane è anche il crollo del 44% dei prezzi pagati ai produttori, scesi a valori minimi che non si registravano dal 2014.
“Provare e sperimentare nuove colture è importante, fa parte di quell’innovazione che è fondamentale per creare nuove economie e filiere. L’ulivo in provincia di Alessandria è sicuramente una scommessa ma anche quando oltre vent’anni fa siamo partiti con le nocciole sembrava tutto impossibile, complicato e oggi i risultati raggiunti sono ben visibili. Il trend negativo per questo simbolo della dieta mediterranea è causato – afferma il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – dalla presenza sul mercato mondiale di abbondanti scorte di olio “vecchio” spagnolo, spesso pronto a essere spacciato come italiano a causa della mancanza di trasparenza sul prodotto in commercio, nonostante sia obbligatorio indicare l’origine per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009”.
“Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva – aggiunge il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente”.
Per rilanciare il settore Coldiretti ha elaborato un piano salva ulivi con un pacchetto di misure straordinarie a sostegno delle imprese agricole e frantoi che operano in filiera corta, quelle oggi maggiormente a rischio, con lo sblocco immediato delle risorse già stanziate per l’ammodernamento della filiera olivicola, anche attraverso la semplificazione delle procedure.
Per l’olio di oliva italiano, a prescindere dalla regione in cui viene prodotto, serve un piano straordinario di comunicazione, un’esigenza tanto più pressante se si considera che sulle esportazioni rischiano anche di abbattersi i dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nell’ambito della disputa con l’Ue sul settore aeronautico.