di Piero Archenti
L’epidemia che stiamo vivendo da più di sei mesi in tutto il Mondo ci ha costretto a vivere l’incubo che molti altri nostri antenati sparsi per l’intero globo terrestre furono costretti a vivere centinaia di anni fa.
Addirittura, come accadde fra il 1629 e il 1633, nell’Italia settentrionale si diffuse la ” Peste” portata in Italia dai Lanzichenecchi. Persino il Manzoni sottolinea l’incredibile negligenza delle autorità sanitarie e politiche per evitare che il contagio si propagasse a Milano. Ma purtroppo la richiesta che imponeva il cordone sanitario non fu emendata che il 29 novembre 1629 malgrado si sapesse fin dall’ottobe di quello stesso anno che la Peste si stava già diffondendo nel territorio di Lecco confinante con il Bergamasco.
Tuttavia l’ignoranza e la supersttizione ebbero un ruolo determinante nelle accuse rivolte dalla folla di Milano a quei medici che si affannavano a spiegare loro quanto fosse grave e pericolosa la malattia che avrebbero dovuto affrontare. Non servì a nulla l’allarme delle autorità sanitarie di Milano e neppure i timori espressi da Alessandro Tadino, allora membro del Tribunale di Sanità.
Non servì a nulla neppure l’allarme lanciato dal Tadino alle autorità di Milano affinchè venisse stretto un cordone sanitario attorno a Milano al fine di impedire l’ingresso in città alle popolazioni provenienti dalle aree già colpite dall’epidemia in corso. Fu Ambrogio Spinola, che nel frattempo aveva sostituito don Gonzalo nella carica di Governatore, ad ignorare l’allarme di Tadino il quale si sentì rispondere che ” le preoccupazioni della guerra erano più pressanti”. Il risultato fu che dal mese di marzo del 1630 la peste iniziò a mietere vittime in ogni angolo di Milano.
Furono molte le pandemie nella storia dell’umanità e una delle prime di cui si ha traccia fu la “peste nera” del 1300, la peggiore per la popolazione europea, che che ne uscì decimata. Nei secoli successivi si sono succedute periodiche pandemie di colera e di vaiolo, ribattezzato “la malattia democratica” perchè uccideva tanto i poveri quanto i sovrani, come Luigi XV di Francia.
In concomitanza con la prima guerra mondiale, siamo nel 1915, ecco che ci troviamo a combattere con ” l’influenza spagnola”. Il virus contagiò mezzo miliardo di persone uccidendone almeno 25 milioni, anche se alcune stime parlano di 50 – 100 milioni di morti. Si calcola che morì dal 3 al 6% della polazione mondiale.
Nel 1957 tornò la paura del contagio con la cosiddetta “influenza Asiatica”, un virus isolato per la prima volta in Cina. In questo caso venne messo a punto in tempi record un vaccino che permise di frenare e poi di spegnere del tutto la pandemia, dichiarata conclusa nel 1960. Nel frattempo erano morte però due milioni di persone.
Nel 1958, prima che venisse adottata la vaccinazione, in Italia si verificarono diverse epidemie di
“Poliomielite”, con 8.000 casi di paralisi; dal 1966 la vaccinazione fu resa obbligatoria. La Poliomielite è una malattia infettiva causata da tre diversi tipi di virus che entrano nell’organismo prevalentemente attraverso l’apparato digerente. Malgrado gli sforzi e l’impegno, la Poliomielite è ancora presente in diversi Paesi di Africa e Asia.
Sempre dall’Asia, caratterizzata da aree densamente popolate, un’igiene non sempre appropriata e, almeno fino alla fine del secolo scorso, uno scarso livello di strutture sanitarie, nel 1968 arrivò l’influenza di “Hong Kong”, un tipo di influenza aviaria, abbastanza simile all’Asiatica, che in due anni uccise dalle 750mila ai 2 milioni di persone, di cui 34mila solo negli Stati Uniti.
Nel nuovo millennio il primo allarme mondiale è scattato nel 2003 per la Sars, acronimo di “Sindrome acuta respiratoria grave”, una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. In un anno la Sars uccise 800 persone, tra cui il medico italiano Carlo Urbani, il primo a identificare il virus che poi lo ha stroncato. Venne classificata come epidemia e non come pandemia.
Risale invece al 2009 l’impropriamente detta “influenza suina”, causato da un virus AH1N1. Enorme l’allarme anche in Italia, dove furono oltre un milione e mezzo le persone contagiate. La paura rientrò quando fu chiaro che il tasso di mortalità era inferiore anche a quello della normale influenza.
Attualmente stiamo convivendo con il cosiddetto “Coronavirus (COVID-19)“. Dapprima una scarsa informazione, via via più precisa, ci sta costringendo a modificare abitudini e comportamenti. Non è ancora chiaro quando e come riusciremo a sbararazzarcene definitivamente anche se siamo al corrente che sono molti gli scienziati di ogni Stato che stanno cercando di individuare una cura in grado di debellare quella che ormai risulta essere una epidemia mondiale. Nel frattempo dobbiamo assistere, tanto da destra quanto da sinistra, a polemiche sterili e inutili che rischiano di trascinarci in un gorgo da cui sarà difficile uscirne senza danni permanenti. Attualmente una sola raccomandazione…. indossiamo la mascherina!!
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Ospedale Civile
Abbiamo già esaminato la lontana origine di questo nostro importante e benefico Ente e come risalga all’anno 1790 l’inizio della attuale Sede che venne ampliandosi e perfezionandosi nei servizi sanitari e di assistenza, man mano col volgere degli anni e col progresso della scienza medica.
Da avvertire che prima del ‘700 erano ammessi in Ospedale soltanto gli ammalati poveri della città, e che solo più tardi vi furono ammessi gli abitanti dei sobborghi.
In verità non di rado venivano anche accolti i viandanti forse a ricordo delle vecchie tavole di fondazione dei nostri Ospedali in genere. Ogni spedalità era ; ma evidentemente chi allora era ricco si faceva curare a domicilio non essendovi ancora le possibilità chirurgiche di oggigiorno. Avveniva invece che nei gravi momenti di calamità epidemiche, l’accesso si apriva a tutti i colpiti ricchi e poveri, con conseguenze spesso dannose; ad esempio risulta che nel 1632 si dovette chiudere l’Ospedale per parecchio tempo in quanto si rese necessario causa epidemia, bruciare materassi e suppellettili! Invece nel 1835 fu istituito fuori Ospedale un lazzaretto per colerosi dotato di 35 letti.
La nuove costruzione in quartiere Marengo del 1790, era dapprima limitata al modesto padiglione che tuttora costituisce la parte vecchia sul lato di via S. Pio V; la posizione di allora presso i vecchi bastioni, fu di danno all’Ospedale in quanto Napoleone si prese parte del terreno dell’Ente per allargare la cinta delle fortificazioni. Altro grave danno venne al tempo dei francesi quando l’Ospedale in forza di apposita legge, dovette vendere le proprietà terriere per convertire in Buoni di Tesoreria che ben presto non diedero più alcun interesse!
Fu così che dai 66 letti del 1800 si discese ai 42 del 1816; ma per fortuna nostra non per questo si inaridirono le fonti della beneficenza che tosto riprese con ritmo confortevole consentendo già tra il 1814 e il 1836 un felice ritorno alle costruzioni in progetto fin dal secolo precedente. Va pure considerato che nel 1837 il costo giornaliero di un ammalato era di 95 centesimi soltanto! Ripresi i lasciti si può dire che per la durata di un secolo e precisamente dal 1832 al 1932, fu un susseguirsi di importanti lavori; primo progettista fu l’Arch. Caselli di Castellazzo (autore del Palazzo Municipale) seguito dal nostro Valizzone e poi dall’Antonelli (autore della Mole di Torino).
Dal 1857 al 1861 si lavorò alla parte di facciata di via Venezia, completata intorno al 1890 dal vercellese Canetta. Quest’ultimo lavoro e particolarmente il grande frontone e relative figurazioni, fu assai criticato in quanto ritenuto un lusso non necessario; un giornale cittadino scrisse in proposito: “Quanto lusso di fuori e quanta miseria di dentro!”. Nel periodo tra le due ultime guerre lavorò a rimordernare ambulatori, impianti e servizi, l’Ing. Guerci e ancora di recente l’Ing. Gastini riordinò le vecchie corsie non più consone alle moderne necessità degli accresciuti reparti ospitalieri per le varie specialità di chirurgia e medicina.
Purtroppo dobbiamo ancora segnalare nel cinquantennio un altro orientamento, questa volta volontario, avvenuto nell’amministrazione del patrimonio che portò ad un nuovo tramutamento delle proprietà fondiarie con tutte le conseguenze della svalutazione tutt’ora in atto. Tuttavia l’Ospedale rimane ancora la maggiore nostra Opera Assistenziale in continuo sviluppo grazie anche all’interessamento di Autorità e dell’intera cittadinanza.
Piero Angiolini 25-06-1955