Coldiretti su crisi suinicola: “Subito stop alle importazioni, o sarà collasso”. Un centinaio gli allevamenti alessandrini

Continua l’emergenza per gli allevatori di suini che hanno perso già fino al 40% del valore dei capi e stanno lavorando nettamente sotto i costi di produzione a cui si somma l’inspiegabile rallentamento dei ritiri da parte dei macelli. È l’allarme lanciato da Coldiretti che torna a chiedere che vengano fermate le  importazioni di cosce di suini dall’estero, che nel 2019 sono state di circa 56 milioni ovvero più di 1 milione di cosce alla settimana, per i prosciutti e una maggiore valorizzazione della carne suina Made in Piemonte da parte dell’industria e della grande distribuzione nel pieno spirito #MangiaItaliano.

La filiera suinicola alessandrina conta circa 35.000 capi per un centinaio di allevamenti, a livello piemontese il comparto conta circa 3 mila aziende, un fatturato di quasi 400 milioni di euro e 1 milione e 200 mila capi destinati, soprattutto, ai circuiti tutelati delle principali Dop italiane per la preparazione della miglior salumeria nazionale.

La situazione è divenuta insostenibile con le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, che hanno registrato rincari fino al 26% mettendo in difficoltà gli allevatori che non vedono ripagati neppure i costi di allevamento.

“Lo abbiamo denunciato fin dall’inizio della pandemia, quando sono iniziate le prime speculazioni con abbassamenti dei prezzi immotivati poiché la richiesta di carne suina era comunque alta – affermano il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo – . La risposta dell’industria di macellazione in questo periodo di emergenza sanitaria, nonostante l’andamento sostenuto e favorevole della domanda e la possibilità di utilizzare le cosce del circuito tutelato anche per altre produzioni, è stata quella di ridurre il numero dei suini macellati, mettendo così drasticamente in crisi le imprese. Alla luce di questa situazione Coldiretti, a livello nazionale, ha predisposto un documento con proposte concrete di intervento per il comparto suinicolo, oltre a sostenere, come imprescindibile, la necessità di estendere ai salumi l’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta”.

Non è infatti ancora obbligatorio indicare la provenienza della carne dei salumi in etichetta come richiesto dal 93% degli italiani che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti per dire finalmente basta agli inganni.

“Informare i consumatori dell’origine delle carni utilizzate per i salumi – concludono Bianco e Rampazzo – è un atto dovuto a tutela di una produzione piemontese d’eccellenza. Due prosciutti su tre venduti in Italia sono infatti ottenuti da maiali stranieri senza alcuna evidenziazione in etichetta. Servono interventi mirati e urgenti perché siamo al punto di non ritorno con una situazione che rischia di compromettere per sempre la potenzialità produttiva nazionale con una destrutturazione degli allevamenti che altrimenti sarà difficilmente recuperabile”.