di Dario B. Caruso
In questo periodo storico il mondo della scuola e dell’educazione sta cambiando come mai è accaduto dai tempi della Montessori.
Le necessità ci hanno spinto, volenti o nolenti, verso una nuova direzione. Ci siamo trovati a ridisegnare tutto: l’approccio con la classe, gli argomenti e le modalità, i tempi di lavoro.
“È il bello della didattica a distanza” dicono alcuni, i guerriglieri della tecnologia.
“È il dramma della didattica a distanza” dicono altri, i pasdaran del gesso e dell’ardesia.
La DaD (Didattica a Distanza).
Questo monosillabo che da due mesi si presenta migliaia di volte, sui giornali, sulle circolari ministeriali, sui gruppi whatsapp, nelle fasi rem del sonno.
Questo acronimo che somiglia ad un grande punto interrogativo.
Questo suono che anglofonicamente risuona paterno ma che di paterno ha solamente la veemenza di un padre padrone che intima “o così o nulla”.
Devo ammettere che noi nati nei Sixties abbiamo una buona dose di fortuna perché siamo la prima generazione che ha vissuto sulla propria pelle una rivoluzione tecnologica epocale: il gioco è virato dall’analogico al digitale.
Se ci pensiamo è stata sufficiente un’estate, forse due.
Ero lì, chino sul tappeto del Subbuteo, prendevo a bicellate i miei giocatori preferiti immaginando (più che realizzando) evoluzioni e parabole leggendarie e in un batter di ciglia mi trovo in piedi, davanti ad un aggeggio simile ad un flipper ma più piccolo e nero, che sembra fagocitarti, mi affaccio all’interno e si accende la scritta “SPACE INVADERS”.
Resto a bocca aperta. È il titolo di testa di un nuovo lunghissimo film.
I ragazzi di oggi sono nativi digitali e ci aspettiamo da loro molte cose, che abbiano la voglia di scoprire, che vengano stimolati da piccoli input, che sentano il desiderio di vivere la tecnologia come esperienza collettiva.
Mettiamoci l’anima in pace, tutto ciò non potranno farlo e non perché non abbiano l’intelligenza ma semplicemente perché non sono stati abituati ad applicarla.
Possiamo e dobbiamo aiutarli.
Il compito nostro, attraverso la DaD, è infondere loro nuovi stimoli; abbiamo il dovere di diminuire le distanze e recuperare quell’attitudine genitoriale che si è perduta (genitori e non) per cui l’esperienza pesa più dell’istinto e avvicina alla conoscenza.
Io ci provo.
E non smetterò mai di gridare al cielo: GRAZIE, SPACE INVADERS!