Maconi (Fondazione Solidal): “Siamo un ente non profit al servizio della nostra comunità”. Dall’emergenza Covid al sostegno alla ricerca medico scientifica, guardando all’IRCCS

di Ettore Grassano

 

“La Fondazione Solidal è stata pensata fin dalla sua creazione, nel 2014, dall’allora Presidente della Fondazione CrAl Pierangelo Taverna come strumento al servizio di tutta la nostra comunità. Con la campagna Covid ha potuto esprimere tutta la sua forza e la capacità di aggregare un grande “popolo solidale” che ringrazio moltissimo. Una esperienza straordinaria, che è anche importante perché ha testimoniato una vicinanza e coesione della nostra comunità che forse non era scontata.
Solidal è stata davvero uno strumento per la risposta in questo momento, ma aveva un suo percorso consolidato negli anni attraverso il sostegno all’università, nonché il premio Marchiario e il supporto agli studenti di ogni ordine e grado. Nell’ottica di sostenere progetti strategici in partnership fra le Fondazioni, con il Presidente Mariano, abbiamo ritenuto che il finanziamento della Ricerca fosse una direttrice da sviluppare, anche attraverso specifici accordi con le strutture sanitarie del territorio”.

Questo il commento di Antonio Maconi, che presiede la Fondazione Solidal dal 2018. E, pur senza nascondere la soddisfazione per i traguardi raggiunti dalla campagna #fermiamoloinsieme (oltre un milione di euro la cifra raccolta, con la partecipazione di più di 2 mila donatori, grandi e piccoli), è chiaro conversando con lui che altri, in qualche modo più strutturati e di ampio respiro, sono gli obiettivi che la Fondazione Solidal si pone. “Stiamo parlando di un progetto collettivo, che vede impegnate le migliori forze della nostra comunità: certamente a partire dagli esponenti della Fondazione CrAl, come il Presidente Mariano, il vice Presidente Rossini e il Past President Taverna, ma anche i vertici delle istituzioni locali, a partire dal sindaco di Alessandria Gianfranco Cuttica di Revigliasco e di Casale Monferrato, Federico Riboldi, e poi i vertici delle associazioni d’impresa, e della sanità”.

Cerchiamo allora di capire meglio cos’è la Fondazione Solidal, di cui spesso gli alessandrini hanno letto sui giornali e sui social network in queste settimane, e in che modo potrà, nei prossimi anni, svolgere una funzione di vòlano per la crescita della nostra comunità.

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Dottor Maconi, già in passato lei ha definito la Fondazione Solidal una fondazione di comunità: che significa precisamente?
Le fondazioni di comunità sono enti non profit, che aggregano soggetti ampiamente rappresentativi di una comunità locale, per incidere sulla qualità della vita della qualità stessa, migliorandola attraverso l’attrazione e valorizzazione di risorse, e il sostegno e l’attuazione di progetti. In questi suoi primi anni di attività la Fondazione Solidal ha sviluppato proposte rilevanti per il territorio: da borse di studio per ragazzi e ragazze meritevoli, al Premio Giornalistico Marchiaro, in memoria del grande cronista della Stampa, a lungo responsabile della redazione alessandrina del quotidiano.
La pandemia Covid 19 è stata poi, certamente, un inaspettato ma importantissimo banco di prova, credo superato brillantemente, grazie al fondamentale contributo e alla credibilità della Fondazione Cra, ma soprattutto per scelta di migliaia di alessandrini che hanno creduto fosse importante sostenere la nostra campagna di raccolta fondi. Ma una fondazione di comunità, appunto, non esiste solo per l’emergenza: anzi opera con forte e mirata progettualità. E non è certamente casuale che la Fondazione Solidal, lo scorso anno abbia siglato una convenzione approvata dal Comitato Scientifico della Ricerca Interaziendale. Gli atti sanciscono l’avvio di una convenzione finalizzata alla promozione di progetti condivisi in settori di comune interesse, con particolare riferimento al campo della ricerca scientifica.
Obiettivo è lavorare congiuntamente per promuovere e sostenere progetti di ricerca scientifica di interesse sociale particolarmente orientati all’approfondimento delle problematiche economiche, sociali e di solidarietà sociale della Provincia di Alessandria e delle province limitrofe, da svolgersi anche in cooperazione con Università, con Enti di Ricerca e con altre Istituzioni culturali nazionali, pubblici o privati.

Insomma, la Fondazione Solidal come ‘incubatore’ e ‘polmone’ finanziario oggi della crescita di Medicina e affini, domani dell’Irccs?
(sorride, ndr) Sia la Facoltà di Medicina che il progetto di Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico sono esplicitamente citati nell’accordo e sono obiettivi che perseguiamo con determinazione da un lustro, quindi non sveliamo nessun segreto. Certamente Medicina ad Alessandria è partita bene, con entusiasmo e competenze. A breve (ovviamente nel post emergenza covid, ndr) gli studenti potranno entrare nei reparti dell’Ospedale di Alessandria e in seguito di quelli della provincia, per la parte di formazione ‘sul campo’, e l’attuale numero chiuso di 60 studenti all’anno potrebbe presto essere ampliato. Senza dimenticarci naturalmente dell’esistenza in città del Corso di Laurea per Infermieri, e del fatto che al Disit è un importante cento di ricerca. E vorrei anche ricordare il Master in «Data Management e coordinamento delle sperimentazioni cliniche», master di primo livello con l’obiettivo di formare Coordinatori di Ricerca Clinica (CRC) esperti in raccolta dati, analisi statistica e presentazione dei risultati delle sperimentazioni cliniche. Si tratta della prima volta che il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale, in stretta collaborazione con l’Azienda Ospedaliera “SS Antonio e Biagio e Cesare Arrigo” di Alessandria e con il patrocinio del Gruppo Italiano Data Manager (GIDM) – Coordinatori di Ricerca Clinica, lancia un corso di alta formazione: la ricerca clinica, infatti, richiede un approccio multidisciplinare e il successo di una sperimentazione emerge dall’incontro tra profili diversi: medici, infermieri, biologi, biostatistici, farmacisti e data manager, o meglio Coordinatori di Ricerca Clinica (CRC). Con orgoglio mi piace ricordare che la Fondazione Cral riconoscerà ai dieci studenti ritenuti maggiormente meritevoli un contributo di millecinquecento euro ciascuno destinato alla copertura parziale della quota d’iscrizione (che è di 1.850 euro).

Ed eccoci al punto nevralgico, Dottor Maconi: il riconoscimento da parte del Ministero della Salute di un IRCCS alessandrino-casalese, con un forte focus proprio sulla ricerca nell’ambito del mesotelioma. A che punto siamo?
E’ un percorso complesso, e che forse inevitabilmente in corso d’opera incontra anche resistenze: c’è sempre qualcuno che ha paura del nuovo, magari semplicemente perché teme di perdere piccole rendite di posizione. Ma il progetto IRCCS, per fortuna, vede coinvolti in maniera coesa, dentro e fuori il mondo della sanità, un tal livello di istituzioni e di donne e di uomini con competenze di qualità, che non voglio neppure pensare ad un esito finale che non sia positivo. Semmai in questi casi l’incognita sono sempre i tempi….

Ecco, parliamo di quelli: quanto tempo ci vorrà prima che il secondo Irccs del Piemonte (ad oggi ne esiste sono uno, a Candiolo, contro una ventina di IRCCS in Lombardia, ndr) veda la luce?
Proprio Candiolo ha atteso, dalla prima delibera all’effettivo riconoscimento, almeno 6 o 7 anni. Per il momento però di sicuro c’è la delibera del marzo 2019, e una squadra coesa che va dai vertici di Aso e Asl all’Upo (con un impegno particolare del Disit, con il pro Rettore Barbato e il Direttore di Dipartimento Leonardo Marchese), ai sindaci di Alessandria e Casale Monferrato, ai vertici della Regione Piemonte, nonché tutti gli eletti sul territorio che sempre hanno sostenuto il progetto. Ma è importante ribadire che nessun progetto di IRCCS sarebbe ipotizzabile senza il pool di medici delle aziende che da anni con le loro rispettive squadre stanno dando il meglio di sé su questo fronte: cito solo la dottoressa Grosso e la dottoressa De Giovanni in quanto proprio oggi è la giornata delle vittime dell’amianto. Gli altri sono tanti e non posso dimenticare nessuno.

Progetto, competenze, determinazione: cosa potrebbe ancora fermare il percorso verso l’IRCCS, dottor Maconi?
Spero davvero nulla, neanche l’emergenza Covid-19: anzi, paradossalmente se da un lato la pandemia ha messo a dura prova e sotto stress le nostre strutture sanitarie, dall’altro è stata la dimostrazione ‘sul campo’ di quanto sanità, e ricerca in ambito medico sanitario (questa è poi l’essenza di un IRCCS: un ‘super ospedale’, con competenze e risorse che gli consentono di essere un’eccellenza e un punto di riferimento sul fronte della ricerca, oltre che della cura, ndr) siano e saranno sempre più strategici per la sicurezza e il benessere di una comunità.

Prossimi passi?
Stiamo lavorando alacremente per la compilazione del dossier e fornire alla Regione, che su questo fronte si è mostrata sinora assolutamente determinata, gli strumenti per presentare richiesta ufficiale di riconoscimento IRCCS per le strutture di Alessandria e Casale Monferrato al Ministero della Salute. Il Ministero (con cui naturalmente ci stiamo già confrontando da anni sul tema) effettuerà una serie di rigorose valutazioni, ispezioni, verifiche di qualità, al termine delle quali deciderà se autorizzare la nascita del secondo IRCCS piemontese. Del quale credo davvero tutta la nostra regione (profondamente toccata e ferita dal dramma mesotelioma) abbia un grande bisogno: anche se la caratteristica e la forza di una struttura di eccellenza di questo tipo, ricordiamolo, è di far parte di una rete di strutture e di esperti nazionale e internazionale, con cui già da tempo ci stiamo confrontando.

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Lei cita giustamente sia Alessandria che Casale Monferrato, che sul fronte medico sanitario della lotta al mesotelioma da anni fanno fronte unico e gioco di squadra. Sul territorio interessato però esistono due strutture sanitarie pubbliche: Azienda Ospedaliera e Asl. L’IRCCS sarebbe un’emanazione dell’una, dell’altra o un progetto che le comprende entrambe?
Assolutamente l’IRCCS dall’inizio del percorso è stato pensato come un progetto che comprende non solo le due città, Alessandria e Casale Monferrato, ma le due aziende sanitarie pubbliche del nostro territorio. Sul come non so pronunciarmi ora, ed esistono casistiche varie: ci sono realtà in cui un ospedale è stato trasformato in IRCCS, altre in cui l’IRCCS è stato sviluppato in alcuni dipartimenti. Ciò che però mi sento di ribadire è che il progetto IRCCS a cui si sta lavorando per l’Alessandrino comprende una totale compenetrazione/collaborazione fra tre soggetti: Aso, Asl, e Università del Piemonte Orientale.

Rimane lo scoglio risorse, dottor Maconi. Ossia, un IRCCS significa anche investimenti ingenti, in persone e in strumenti. Chi pagherà?
Un IRCCS può ricevere importanti finanziamenti dal Ministero della Salute sulla base dei risultati prodotti , ma deve anche dimostrare di essere in grado di attrarre risorse, dal proprio territorio ma non solo, per la qualità della propria ricerca. Per questo diventa importante anche il ruolo di un ‘veicolo’ non profit, come la Fondazione Solidal, che con trasparenza e metodo diventi lo strumento capace di coagulare e stimolare la raccolta di risorse, da finalizzare al sostegno della ricerca medico scientifica. E per questo credo che la fondazione Solidal potrà aiutarci con un percorso dedicato esclusivamente alla ricerca.