Manca ancora qualche mese alla data fatidica del 10 dicembre, ma al Gabbiano c’è già fermento, e si pensa a festeggiamenti “di sostanza”: non ‘lustrini e paillettes’ insomma, ma una giornata di vero divertimento, e anche di riflessione. La casa di riposo di Frugarolo, le comunità per minori, i servizi educativi territoriali per minori e famiglie in difficoltà sono i pilastri della cooperativa sociale fondata trent’anni fa da don Angelo Campora, e guidata da oltre un decennio da Corrado Parise (nella foto), che ricorda: “sono arrivato qui nel 1992, come giovane educatore, e non me ne sono più andato. Però davvero vorrei fosse chiaro che il nostro vero asset, il primo valore di riferimento sono le persone, intese sia come erogatori, sia come beneficiari dei servizi di assistenza: insomma, cerchiamo di mettere davanti a tutto le esigenze dell’uomo. E questo non per nostro vezzo, ma perché le cooperative sociali, per legge, hanno per scopo la promozione umana. Anche se, inutile negarlo, dai tempi di don Angelo ad oggi molto dello spirito originario del settore si è perso, e c’è stata una deriva economicistica: i servizi e le persone sono spesso intese come rettifici (rette e privilegi), come strumento quando invece sono il fine. troppo spesso nel privato sociale c’è una depauperamento del linguaggio, all’insegna della retorica e/o del lessico economicistico-finanziaristico, che è specchio di un impoverimento e a volte di perversione culturale. Anche la controparte pubblica credo debba fare molte riflessioni su questo aspetto. Ci sono servizi che sono emblematici da questo punto di vista, come quelli psichiatrici: Basaglia è stato completamente tradito nello spirito, e questo è lo specchio di dove siano finite tante lotte degli anni Settanta e quanto sia necessario ricominciare. Ripartendo dall’uomo: come paziente, come lavoratore e professionista, come cittadino, come portatore di sofferenza ma anche di grandi energie. Risposta i bisogni reali delle persone e cambiamento e giustizia sociale sono la stessa cosa. Non possiamo accettare che proprio i servizi che dovrebbero essere d’aiuto siano causa di ulteriore diseguaglianza sociale e freno al benessere psicofisico dei cittadini”.
Parole pesanti, che Parise soppesa con attenzione, osservando la quiete mattutina del bel cortile interno dello stabile di via Galilei, nel quartiere Pista di Alessandria, dove ha sede il “quartier generale” del Gabbiano. “Negli ultimi vent’anni nel nostro settore – sottolinea Parise – sono migliorati alcuni aspetti esteriori, sembriamo più moderni: ma la sostanza è peggiorata, perché c’è stato un depauperamento culturale e umanistico. Mi verrebbe da citare papa Francesco, che nel nulla della nostra politica e vita pubblica mi sembra davvero colmare un vuoto: il Pontefice dice ‘nelle organizzazioni sociali c’è bisogno di pastori, non di burocrati e carrieristi’. Speriamo che qualcuno lo ascolti. Noi, al Gabbiano, ci proviamo da trent’anni, e cerchiamo di autovalutare il nostro lavoro con il criterio della sofferenza: ossia, ciò che sto facendo genera agli altri, ma anche a me stesso, sofferenza o benessere? Non bisogna mai smettere di chiederselo: il che non significa scordarsi che una cooperativa sociale è un’azienda, con un conto economico e tutto il resto. Ma è un’azienda che deve andare oltre un approccio esclusivamente finanziario, o di business, e deve conservare un’idea evolutiva e migliorativa dell’uomo: che può sempre farcela, ma non da solo. Insieme agli altri”.
Però, appunto, c’è anche il conto economico, e una realtà con interlocutori pubblici più o meno tutti in crisi (non solo il comune di Alessandria, che pure da un anno ha tutti i riflettori accesi sul proprio dissesto e le proprie inadempienze), e un sistema bancario che “centellina” l’erogazione del credito, e secondo molti ha praticamente smesso di svolgere la funzione di “motore” finanziario a sostegno delle imprese. Il Gabbiano, in questo contesto, come si sta muovendo? “Con grande fatica, inutile negarlo – sottolinea il suo presidente –, ma anche continuando a guardare al futuro, e senza smettere di progettare nuovi percorsi. Oggi abbiamo circa 70 dipendenti, e una serie di attività che, sul territorio provinciale, sono essenzialmente rappresentate dalla casa di riposo di Frugarolo (che gestiamo per conto del Cissaca), dalle due comunità per minori di Alessandria e di Quattordio, e dai servizi territoriali. Che in realtà svolgiamo anche su altri territori: da Genova ad altre province del Piemonte”. Due le problematiche con cui, nel settore, tutti si trovano a fare i conti: da un lato gli appalti al “massimo ribasso”, dall’altro la lentezza nei pagamenti dei servizi, che rischia costantemente di mandare “in tilt” il sistema. “Quello del massimo ribasso – sottolinea Parise – è un approccio insensato, che pure molti enti pubblici stanno cercando di percorrere. Allora bisogna essere chiari: ovvio che si troverà sempre, in un contesto di crisi del mercato del lavoro, chi è disposto a portare a casa un appalto a tariffe iper ridotte: ma che tipo di gestione sarà poi in grado di offrire? Stiamo parlando, non dimentichiamocelo, di servizi sociali indirizzati a persone: minori, anziani, portatori di handicap. Di recente un comune importante, fuori provincia peraltro, ci ha proposto di rinnovarci un certo incarico, ma con tariffe ribassate del 20%: facendoci capire ‘voi riducete pure, proporzionalmente, il livello e la qualità delle prestazioni’: ma si può ragionare così? Vogliamo davvero tornare indietro di trent’anni? Noi però non abbiamo mollato, e stiamo trattando. Bisogna far capire a chi decide che la qualità paga, e che l’etica conviene: nel senso che quel che tu spendi in più nei servizi sociali lo risparmi, decuplicato, su altri fronti della società”.
Le comunità educative residenziali per minori del Gabbiano di Alessandria e Quattordio, in particolare, sono strutture in cui la qualità, l’attenzione e la partecipazione degli operatori davvero la ‘tocchi con mano’, percependo un coinvolgimento nel rapporto con i giovani ospiti che ti fa pensare ad una “famiglia allargata”, in cui i ragazzi si sentono davvero a casa. “Sono due realtà di piccole dimensioni – spiega Parise –, in ognuna delle quali vivono una decina di minori, che arrivano da diverse regioni d’Italia, in età variabile: preadolescenti e adolescenti fino a 21 anni. Anche se ovviamente dai 18 in poi sono liberi di scegliere se andarsene, o rimanere. Sono persone comuni, solo con alle spalle qualche problema famigliare che si è manifestato in maniera più eclatante: ma non vale davvero più la logica benpensante, per cui in comunità ci sono solo i ‘trovatelli’, o comunque persone con alle spalle percorsi diversi, devianti rispetto alla normalità. Anzi, oggi la comunità per minori è davvero lo specchio di una società in cui la famiglia, che se ne voglia prendere atto o no, è un’istituzione in crisi, con tantissimi casi a rischio, o che avrebbero necessità di sostegno sociale di vario tipo. Anche i recenti avvenimenti cittadini (le bande, la sparatoria della notte tra sabato e domenica) devono farci molto riflettere: sono segnali di forte disgregazione sociale, un segnale dall’allarme che occorre saper cogliere, e affrontare con gli strumenti della prevenzione. In queste settimane, poi, è successo un episodio emblematico, molto bello: una persona che è cresciuta in una delle nostre comunità, e che poi ha studiato e si è specializzata proprio come educatore professionale, ha presentato domanda per venire a lavorare al Gabbiano. Mi sembra un percorso fortemente simbolico, no? Chi è stato aiutato, che ad un certo punto sceglie lui stesso (o lei stessa) di aiutare”.
Anche la casa di riposo di Frugarolo, con i suoi 43 posti costantemente occupati, è un fiore all’occhiello di cui Il Gabbiano va fiero: “la struttura è del Cissaca, noi ci occupiamo della gestione, cercando di stimolare gli ospiti alla partecipazione, in un clima famigliare di grande attenzione. Facciamo anche l’ortoterapia, che appassiona molti dei residenti, e li coinvolge anche in un lavoro di squadra”. Sul fronte del Cissaca, naturalmente, permangono le difficoltà di tipo finanziario: “al di là degli arretrati legati al dissesto del comune di Alessandria, da qualche mese ci vengono erogate regolarmente le rate 2012 della Regione Piemonte, che naturalmente il Cissaca utilizza, in tempo reale, per saldare le fatture a noi, come alle altre cooperative. Rimane però una situazione di forte precarietà, non sappiamo quando a lungo sostenibile. Anche perché le banche ti prestano denaro solo all’interno di parametri sempre più penalizzanti. Lo Stato non solo non ci paga, ma le risorse per il sostegno al credito servono più alle banche e ai consorzi fidi che alle imprese: è insostenibile e inaccettabile, la solita Italia che aiuta i forti e bastona i deboli””.
Ma c’è un ultimo aspetto su cui Parise interviene, per fare chiarezza: “Noi crediamo assolutamente alla gestione privata di servizi pubblici, ma a condizione che l’attività sia svolta con criteri di qualità, e senza tentativi di ‘strangolamento’ sulle tariffe. E, in riferimento a quel che sta succedendo sul fronte del comune di Alessandria e dintorni, vorrei che fosse chiaro che le cooperative sociali non sono il corvaccio nero che sta alla finestra ad aspettare che tutto crolli, per prendersi i servizi. In realtà c’è grande povertà culturale sulla questione della gestione dei servizi pubblici. Quello che dovrebbe essere in causa è il modello di gestione della funzione pubblica. Secondo me possono farla il pubblico e il privato insieme, il primo come testa, il secondo come cuore e corpo. Ci sono due strade: l’esternalizzazione viziosa e l’esternalizzazione virtuosa. La prima produce servizi di bassa qualità, lavoro di bassa qualità, strozza le imprese oneste e favorisce il privato disonesto e incolto. La seconda è capace di produrre qualità dei servizi, lavoro e qualità e benessere nel lavoro, oltre che efficienza e cultura. Ovviamente sono per la seconda, che richiede però una testa pubblica onesta e capace, interessata all’umanesimo civile e non a scaricare i suoi problemi sul privato, specie quello sociale. Anche ad Alessandria, non dovrebbe interessarci la prima”.
Ettore Grassano
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