di Dario B. Caruso
La storia ci insegna che sono esistiti grandi personaggi i quali facendo leva sulle proprie ricchezze hanno dimostrato capacità, lungimiranza e generosità.
Uno su tutti Lorenzo de’ Medici.
Era un uomo eminente in un’età che abbondava di uomini grandi e si riconosce che fu una delle forze ispiratrici del XV secolo.
Così lo descrive G. F. Young nel saggio “I Medici” (Salani, 1987).
Fu uomo di potere, politico, poeta, filosofo ma soprattutto mecenate.
Riuscì infatti oculatamente a gestire la ricchezza accentrando altre intelligenze e in tal modo creando arte e bellezza, quindi altra ricchezza.
Negli ultimi decenni il mecenatismo è rappresentato da figure di spicco che hanno generato fondazioni per sostenere progetti culturali, umanitari, di sostenibilità sociale ed ambientale.
Purtroppo il possesso di denaro non include automaticamente le doti suddette. Saper far bene e fare del bene non è un benefit che si acquisisce col primo milione di euro (din! Complimenti signore! Ha guadagnato il passaggio di livello!).
Ce l’hai per forma mentis e formazione oppure sei un miliardario coglione.
In questi giorni sono frequenti le dichiarazioni supponenti di benestanti nostrani che chiedono pedantemente l’immediata riapertura delle attività produttive.
Questi signori pensano che la fase 3 sia una semplice operazione matematica (fase 1 + fase 2 = fase 3).
Logica ferrea ancorché ottusa.
Se ignorare è lecito, mandare le proprie maestranze a torso nudo incontro ad una palla di cannone è demenziale.
Concludendo l’ignoranza del denaro non sta nel denaro ma in chi lo possiede.