Tutto si può dire, tranne che gli alessandrini non siano contribuenti ligi al dovere. Ho parlato con persone che venerdì, ricevuto in ritardo il bollettino Tares (e non sapendo che era stata magnanimamente concessa una proroga di 15 giorni per il pagamento della prima rata) si sono precipitati agli uffici postali, e qualcuno pure anche in Comune a chiedere informazioni.
Insomma, in questo i mandrogni sono un po’ sabaudi, c’è poco da fare: e scommetto che da noi persino le auto in circolazione senza regolare assicurazione (addirittura il 25% su scala nazionale, dicono i dati) sono assolutamente inferiori alla media.
Ma rimaniamo sui balzelli legati alla casa: è ovvio che ormai siamo al delirio, all’estorsione applicata su un bene che ormai quasi tutti gli italiani hanno, e di cui anche volendo non possono liberarsi, perché il mercato in questo momento non esiste. E’ altrettanto chiaro che la Tarsu (la cui vera entità scopriremo soltando vivendo: il “conguaglio”, ossia l’aumento secco, arriverà a dicembre, come per l’Imu seconda casa, ma anche per la prima, vedrete) non corrisponde al valore di servizi forniti, ma è l’ennesimo salasso finalizzato a mantenere in piedi un pezzettino di macchina pubblica.
Il problema rimane che anche l’attuale esecutivo, come già i precedenti, per ora si limita alla sublime propaganda, ma non ha probabilmente idea di come rifondare l’apparato dello Stato, e neanche ne ha l’intenzione. L’impressione, tra decreti del dire, fare e baciare e strombazzati tagli di qualche euro alla bolletta dell’elettricità, è che Letta junior e soci aspettino “il miracolo” dalla Germania (e dalle sue elezioni di settembre), esattamente come Palazzo Rosso lo aspetta dall’esecutivo romano. Una filiera dell’italica inettitudine di fronte alla quale appare difficile dare torto a chi, appartenendo alla parte dinamica (e minoritaria: sia detto per onestà intellettuale) di questo Paese, sta facendo le valigie, o già le ha fatte, per cercare altrove una dimensione non solo professionale, ma di vita consona a capacità e aspettative. Continuiamo, in maniera diretta e indiretta, ad imbatterci in storie e progetti di questi nuovi “migranti”, tutti altamente specializzati e tutti altamente disgustati dall’italico andazzo, e ci riesce difficile dar loro torto. Nel senso che le loro motivazioni, messe in fila una dopo l’altra, sono difficilmente confutabili.
Ma toccano a noi, che tenacemente siamo decisi a resistere a casa nostra, il compito e la sfida più difficili. Ossia cercare la strada del cambiamento in loco, che pare però difficile possa passare attraverso l’iper tassazione diretta e indiretta degli (ingenti, va detto) risparmi privati, se la stessa tassazione rimane finalizzata,a tutti i livelli, al mantenimento del “carrozzone”, senza uno straccio di reale progettualità “di sistema”. L’Italia dell’imu, dell’iva e della tares insomma non potrà che “attorcigliarsi” su se stessa, in una fine ingloriosa. Non ci sono proprio alternative a questa agonia?