di Ettore Grassano
“In questo momento è importante tenere alta la speranza, e guardare avanti trasmettendo il buono, il meglio di ognuno di noi, e delle nostre attività. E il distretto orafo valenzano di qualità da trasmettere, e su cui puntare, ne ha davvero tanta”. Alessia Crivelli ha un eloquio preciso e competente, sa di cosa parla e come parlarne insomma. Ma soprattutto trasmette entusiasmo, e questo ne fa, oggi in particolare, un’interlocutrice doppiamente apprezzabile.
Quasi quarant’anni, quattro figli, Alessia Crivelli è figlia d’arte, e marketing manager della Crivelli srl, azienda orafa fondata cinquant’anni fa dal papà Bruno, “un vero creativo, nato come incassatore: mi ha trasmesso la passione per questo mestiere, per la bellezza delle pietre che lavoriamo, trasformandole in gioielli”. Soprattutto, dal 26 giugno 2018 Alessia Crivelli è Presidente della Fondazione Mani Intelligenti, che ha contribuito a creare, insieme ad altri 20 soci fondatori del mondo orafo valenzano, “più il comune di Valenza, che ha il merito di aver compreso, in fase di avvio, il valore innovativo del progetto, sostenendolo in rappresentanza della nostra comunità”. Ma cosa fa, precisamente, la Fondazione Mani Intelligenti? E come l’emergenza coronavirus sta impattando sull’attività di tutto il comparto orafo?
Dottoressa Crivelli, perché è nata la Fondazione Mani Intelligenti?
L’obiettivo della Fondazione è precisato nel nostro statuto: nasce con il preciso intento di ricercare e formare nuove generazioni di maestri orafi a Valenza. Abbiamo iniziato a rifletterci all’inizio del 2017, mossi da una necessità: nel giro di 5, massimo 10 anni il distretto orafo locale avrà la
necessità di sostituire il 50% dei suoi addetti, per limiti di età. E dovrà farlo scommettendo davvero sull’innovazione, per essere competitivo nel mondo. Ma un’innovazione che deve avere radici,
solide e profonde, in 200 anni di storia del gioiello, di esperienza e di cultura professionale.
Un luogo comune vuole i valenzani artigiani orafi di eccellenza, ma anche fortemente
individualisti: come state riuscendo a fare squadra?
(sorride, ndr) L’individualismo dei valenzani non è solo un luogo comune, la storia del nostro settore è lì a dimostrarlo. Ma oggi siamo davvero di fronte ad un nuovo mondo, e anche ad una nuova generazione che sta prendendo in mano le redini delle aziende di famiglia con una
consapevolezza in più rispetto al passato: ci rendiamo conto che fare squadra, ma farla davvero, è l’unico modo per uscire dalla logica della singola ‘bottega’, e per conquistare per il nostro distretto
lo spazio che merita su mercati mondiali. Il che non significa, naturalmente, che ognuno non debba continuare a fare bene il proprio business individuale: ma il terreno della formazione professionale, come quello del marketing di territorio, sono leve comuni, su cui tutti dobbiamo investire in maniera unitaria.
Sarete il lievito di una nuova era, lo strumento della svolta dopo decenni un po’ zoppicanti?
L’ambizione è stimolare la trasmissione del sapere orafo, con strumenti innovativi. Nella prima fase di vita della Fondazione abbiamo studiato, analizzato dati e ricerche, e svolto molte interviste sul
campo, soprattutto con la generazione di orafi più anziani. E sa cosa abbiamo scoperto? Che ci sono artigiani bravissimi, in alcuni casi possiamo dire tranquillamente artisti, che faticano a spiegarti in cosa consiste il loro lavoro: però ti fanno vedere, e rimani stupita dalla loro bravura.
Questo ci ha convinti, sempre più, della necessità di percorsi di formazione codificati, strutturati, e di una sinergia reale e profonda tra il mondo orafo e quello della scuola.
Che a Valenza significa fondamentalmente, nel vostro settore, For.Al e Cellini?
Esattamente. Il For.Al è una scuola di formazione professionale che non ha bisogno di presentazioni, e che nella nostra città ha da sempre una forte vocazione orafa, e ha sviluppato nel tempo un’offerta di eccellenza. Il Cellini, che fu un tempo Istituto Statale di Arte oggi è un liceo
artistico a cui abbiamo proposto di sviluppare una ancor più forte ‘identità’ orafa, mettendo a punto un’offerta formativa specifica, ma soprattutto un rapporto molto più profondo con le aziende orafe
del territorio.
Ossia?
Intanto abbiamo ribaltato il tradizionale concetto di Open Day, inteso come giornata in cui l’istituto scolastico si apre all’esterno. Mani Intelligenti propone l’Open Day in azienda, nelle botteghe orafe
del distretto, per mostrare ai ragazzi, potenziali orafi di domani, in cosa consiste davvero il lavoro. E vogliamo che già negli studenti del terzo anno cresca una consapevolezza forte di cosa significa
questo mestiere, con stage scuola/lavoro sia durante l’anno accademico, sia d’estate. Il quarto e il quinto anno si parte con l’apprendistato, che da una parte deve essere retribuito, e dall’altra parte
deve prevedere, da parte dei ragazzi, un forte senso di responsabilità: è il loro primo vero lavoro, non un ‘parcheggio’ da stagista vecchia maniera…
Niente noia e fotocopie, insomma…
Precisamente. I ragazzi devono vivere l’esperienza pienamente, e con responsabilità. Conta che siano studenti diligenti e con buoni risultati, naturalmente. Ma più ancora cerchiamo di abituarli a sostenere veri colloqui di lavoro, e ad operare in azienda non come studenti ‘in parcheggio’, ma con
un ruolo e compiti precisi, ovviamente commisurati a competenze ed età. Alle aziende, peraltro, è richiesto di seguire davvero, passo passo, il percorso di questi ragazzi: sono loro il futuro del nostro
settore.
Avete avviato anche un percorso di collaborazione ‘fuori porta’, con l’Itis di Biella?
Ci stiamo lavorando. L’Itis di Biella ha una forte tradizione nel tessile, ma stiamo parlando sempre di mani che lavorano, e mani intelligenti, appunto. Il progetto, che speriamo realizzabile già dal prossimo autunno, è aprire a Valenza un corso post diploma, dedicato a chi desidera specializzarsi in ambito orafo. Sarà un corso della durata di diciotto mesi, che offrirà poi la possibilità di completare il percorso con la laurea triennale al Politecnico di Milano, con il quale stiamo
sviluppando un forte percorso di collaborazione. Così come forte è e sarà il legame con la Business School del Sole 24 Ore.
Poi c’è l’Artisan Aceleration Program, altro vostro fiore all’occhiello…
In queste settimane il programma sospeso per coronavirus, ovviamente: ma lo riprenderemo al più presto, e con importanti novità nel prossimo autunno. Selezioniamo chi davvero desidera imparare, chi vuole diventare orafo e incassatore di qualità, con un percorso formativo nuovo, che lavora non solo sul cosa, ma sul come. In un rapporto strettissimo e profondo con le aziende, e selezioni rigorose. Alla prima edizione, su un centinaio di candidati, ne sono stati individuati cinque, per capirci. Questo perché crediamo davvero sia importante investire su persone dotate di reali
attitudini, e di una forte voglia di apprendere, di investire in questo percorso, che deve rappresentare la loro vita professionale dei prossimi decenni.
Formazione on line: la state utilizzando, come tanti in questo periodo, per cercare di ‘limitare i danni’ del coronavirus?
Non più di tanto: la formazione proposta dalla Fondazione Mani Intelligenti e dai suoi partner è necessariamente molto pratica, va esercitata sul campo, al di là delle nozioni teoriche e storiche che
certo sono fondamentali, e propedeutiche. Ma sulla rete puntiamo moltissimo su altri fronti, a partire dai social, soprattutto in queste settimane di sosta forzata: cerchiamo di raccontare il nostro sapere orafo, e la storia del nostro distretto, mostrando anche e soprattutto le immagini delle pietre e
dei gioielli, e raccontandone la storia. Perché un gioiello, soprattutto se esclusivo, costa così tanto?
Cosa c’è dietro la sua realizzazione, e commercializzazione? La formazione può e deve anche essere divulgazione, e narrazione di duecento anni di storia del gioiello valenzano.
Tra i soci fondatori della Fondazione Mani Intelligenti ci sono anche nomi di grandi brand, che in questi anni hanno deciso di investire con forza su Valenza, come Bulgari e Damiani. La loro scelta può rappresentare un volàno per tutto il distretto, o torniamo al discorso dell’individualismo valenzano?
C’è stato e c’è un ampio dibattito sul tema, e personalmente ritengo che sia un bene che marchi così affermati a livello mondiale abbiano scelto di radicarsi sempre più a casa nostra. Ovviamente ognuno fa il proprio business, ma il fatto ad esempio che tutti i grandi player del settore abbiano
deciso di aderire alla nostra Fondazione, che oggi conta circa sessanta soci, tra fondatori e di partecipazione, rappresenta a mio modo di vedere un bel modo di ‘fare filiera’: i grandi marchi internazionali al fianco di artigiani orafi di valore: ognuno può e deve fare la propria parte, per riportare Valenza dove deve stare per storia, cultura orafa, competenze: ai vertici dell’oreficeria mondiale.
I soci della Fondazione si stanno anche interrogando sul futuro del mercato, di fronte a questi sconvolgimenti mondiali?
Certamente sì, e mi pare che la lucidità di analisi, la capacità di guardare al futuro siano nettamente prevalenti rispetto allo sconforto, pur legittimo e comprensibile. Abbiamo deciso la chiusura totale di fabbriche e laboratori, anche prima del decreto Governativo del 21 marzo, proprio perché la tutela della salute di chi lavora con noi, nelle nostre aziende e nella filiera commerciale e distributiva, viene prima di tutto il resto. Ma alla ripresa delle attività del Paese, speriamo presto, ci faremo trovare pronti, con l’entusiasmo e la volontà di chi vuole scommettere sul futuro.