Alessandria e il depuratore, le vasche senza manutenzione per anni, le nuove linee quasi pronte. Poi i dubbi dell’Arpa: cosa è stato scaricato in passato? [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

Una Commissione consiliare convocata per aggiornare sull’avanzamento dei lavori all’interno del depuratore di Alessandria che si trasforma in uno scontro sul filo della dialettica e di leggeri colpi di fioretto tra Alberto Maffiotti, dirigente del Dipartimento Arpa Piemonte Sud – Est (Alessandria e Asti), Claudio Coffano, referente della Direzione Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia di Alessandria, e Giuseppe Righetti, direttore Settore Ambiente e depurazione di Amag Reti Idriche. Quest’ultimo, affiancato da Alfonso Conte, amministratore unico di Amag Reti Idriche, e da alcuni tecnici aveva appena finito di illustrare lo stato dell’arte di fronte ai membri della Commissione Sicurezza e ambiente del Comune di Alessandria, quando sono partiti gli interventi, in particolare di Maffiotti, che hanno vivacizzato il dibattito.

La parte iniziale dell’audizione è filata liscia con l’annuncio di Amag Reti Idriche che è praticamente pronto il progetto per il collegamento fognario di Valmadonna al depuratore (investimento di mezzo milione di euro, i lavori partiranno dopo il via libera della Conferenza dei servizi, comunque ancora da fissare). Poi il problema della bassa pressione dell’acquedotto che ha causato ripetute difficoltà nell’erogazione in alcune zone del quartiere Cristo: è prossimo alla soluzione visto che a fine febbraio il gruppo Fs ha dato l’autorizzazione ad Amag per eseguire la sostituzione della tubazione di una trentina di metri che passa sotto la linea ferroviaria per Ovada.

A questo punto inizia l’aggiornamento sui lavori del depuratore. Una volta completati gli interventi di adeguamento delle due vasche più vecchie (la uno e la due) potrà contare su quattro linee in parallelo di depurazione biologica a fanghi attivi con una capacità dell’impianto che da 70.000 abitanti equivalenti toccherà i 110.000 e una portata di 26.000 metri cubi al giorno. A regime, non prima di giugno (deve essere completato l’ammodernamento delle due vasche più vecchie e l’installazione dei quadri elettrici e dei compressori, ordinati in Germania e in consegna ad aprile, ndr), le nuove vasche di trattamento delle acque (la tre e la quattro) saliranno al 40 per cento di capacità, lasciando il 60 alle vecchie linee, senza emissioni di odori. Le nuove vasche utilizzano un metodo di trattamento a cicli alternati che verrà adottato anche per le vecchie linee in modo da ottimizzare le capacità di trattamento. L’investimento complessivo è di quasi quattro milioni e mezzo di euro.

Rischio di emissione di odori? La risposta è stata sì, «ma unicamente quando verranno svuotate e ripulite le vasche. In questa fase verranno comunque utilizzate delle sostanze per neutralizzare il più possibile il cattivo odore» ha assicurato Righetti. Infine, è prevista, entro la fine dell’anno, la realizzazione di un impianto di sollevamento da un milione di euro che eviterà anche il passaggio delle acque fognarie all’aperto. «Il nuovo sollevamento – è la spiegazione di Righetti – consentirà di effettuare la grigliatura grossolana e fine dei reflui in ingresso fino a cinque volte la portata in tempo di secca e sarà costruito sotto il piano di campagna a una profondità di dodici metri. Anche il sistema di raccolta del rifiuto prodotto sarà posizionato nel sottosuolo e dotato di copertura in modo da azzerare le emissioni odorigene e l’impatto ambientale».

Quindi, il capitolo della schiuma biancastra causata dalla presenza di tensioattivi scaricati nella fognatura. «Da una settimana non è più presente. I controlli effettuati – ha annunciato Conte – stanno dando i loro frutti». Per legge la quantità massima di tensioattivi consentita è di 5 milligrammi per litro in entrata e di due in uscita. Nelle scorse settimane è stata registrata anche una punta massima di 34 milligrammi per litro, ora il dato oscilla mediamente da sei a dieci. Resta comunque ancora alto, ma almeno è stata individuata una possibile causa: autolavaggi fuori norma. piccole attività tessili abusive, lavanderie. La rete fognaria sotto esame è quella che collega la parte più esterna del quartiere Cristo (zona della Scuola di Polizia), la zona industriale D4, Casalbagliano e Villa del Foro. Da qui provenivano gli scarichi con una elevata concentrazione di tensioattivi. «Il problema è in fase di risoluzione, mentre stiamo ancora verificando la presenza di scarichi non conosciuti, ma in questi anche se individuiamo una possibile fonte, non possiamo entrare in un capannone per fare dei controlli e quindi se riscontriamo degli apporti anomali – hanno spiegato tecnico e amministratori della società – segnaliamo la cosa alle autorità competenti». Rispetto al trattamento, sono utilizzati dei batteri per ridurre la concentrazione dei tensioattivi. Fino a una concentrazione di venti milligrammi per litro, l’impianto «riesce a trattare, ma se si supera questa soglia aumentano le difficoltà e cresce l’immissione di schiume nel fiume».

È a questo punto che inizia il fuoco di fila di Maffiotti e Coffano. «Invito Amag a dialogare fin da subito rispetto allo stato di avanzamento dei lavori. Vorremmo che fossero sempre in funzione tre linee e non chiudere contemporaneamente la 1 e la 2» dice Coffano. «L’impianto avrà ancora mesi di funzionamento a rilento perché la biomassa non è ancora a regime. Il rientro nei limiti dello scarico nel Tanaro non è ancora avvenuto» prosegue Maffiotti. Sui tensioattivi, il direttore di Arpa è perentorio: «Non c’è ancora la capacità di abbatterli». Posizione dura, ma tutta rivolta alla gestione dell’impianto. Però se esiste uno scarico fuori norma e fuori legge, non dovrebbe essere un elemento di preoccupazione anche della stessa Arpa (Agenzia di protezione ambientale), pur nel rispetto delle competenze degli enti?

Ma non finisce qui. Poco dopo arriva il secondo affondo: «In due mesi i fanghi hanno collassato, è arrivato nel depuratore qualcosa di enormemente impattante negli ultimi dodici/diciotto mesi. Andrebbe scoperta la causa che ha provocato questo danno». Righetti ha risposto ricordando che le due vasche più vecchie «dal 2008 al 2019 non sono mai state mantenute, e non erano compartimentate, quindi sono arrivati gli allacciamenti prima della Fraschetta e poi della parte più esterna del Cristo. In un anno il sovraccarico è stato del 40 per cento e non sono mancate altre concause come le elevate temperature della scorsa estate che hanno contribuito al collasso». Ancora Coffano. Che prima parla della «portata inferiore dell’impianto dovuta allo stato di manutenzione tremendo», quindi aggiunge che «un differente apporto di sostanze ha fatto morire i batteri, una indagine è da fare».

Morale, Arpa e Provincia concentrate sull’operatività dell’impianto di depurazione, ma apparentemente meno preoccupate di quello che invece viene scaricato in fogna, mentre Amag Reti Idriche oggi cerca di recuperare nel minor tempo possibile una situazione di criticità che arriva da lontano. Una storia, quest’ultima, ancora tutta da scrivere.