La ‘ndrangheta, Novi Ligure e la relazione della Dia. “Non c’è ancora una piena coscienza di queste presenze” [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

Sono quasi settecento pagine, un rapporto dettagliato che racconta e analizza la diffusione della malavita organizzata in tutta Italia. E che vede il Piemonte occupare, non certo da poco, una posizione poco invidiosa in quanto a radicamento e diffusione. Il rapporto gennaio – giugno 2019 sull’attività svolta e i risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia (Dia), presentato recentemente in parlamento (il documento completo si può consultare sul sito http://direzioneinvestigativaantimafia.interno.gov.it/page/relazioni_semestrali.html), conferma la presenza anche in provincia di Alessandria. Non che sia una novità, certo. La diffusione in provincia ha trovato purtroppo conferme anche con le più recenti operazioni della Dia, ma quello che non sembra essere cambiato è l’atteggiamento nei confronti del fenomeno, rispetto al quale pare che ancora troppi preferiscano girare la testa dall’altra parte. Come avviene nelle terre di origine.

«In Piemonte – si legge sulla relazione (nella foto, lo schema della presenza delle ‘locali’) – il radicamento della criminalità organizzata, specie di matrice ‘ndranghetista, trova le origini nel complesso fenomeno migratorio degli anni Cinquanta dal sud verso il nord del Paese. Infatti, alla costituzione di comunità laboriose e socialmente ben integrate, si è parallelamente accompagnata la replica, nel corso del tempo, della struttura criminale ed operativa dei territori di origine, connotata da rigorosi criteri di ripartizione delle zone e dei settori di influenza, finendo per costituire dei veri e propri ‘locali’ di ’ndrangheta».

Negli ultimi anni, rilevano alla Dia, le operazioni “Crimine” (2010), “Minotauro (2011), “Maglio” (2011), “Colpo di Coda” (2012), “Esilio” e “Val Gallone” (2013), “San Michele” (2014) e “Barbarossa” (2018) hanno reso chiaramente «l’esatta riproduzione, nell’intera area regionale, delle strutture criminali mafiose calabresi. Organizzazioni sempre in stretto contatto con la casa madre reggina, a ennesima riprova della connotazione unitaria della ‘ndrangheta».

E Alessandria? In provincia, insieme a Cuneo, si è costituito il ‘locale’ del basso Piemonte, che opera «prevalentemente su Alba, Sommariva del Bosco e Novi Ligure, ma con influenza anche sulla provincia di Asti e con ramificazioni fino al confine regionale con la Liguria».

Nonostante il radicamento mafioso in Piemonte «sia consolidato negli anni e sia definito da pronunce giudiziarie, attraverso le più recenti inchieste», molte aree interessate dal fenomeno mafioso pare non abbiano ancora «una piena coscienza degli effetti nefasti di questo insediamento». Al termine di ogni operazione, le reazioni delle istituzioni e dei cittadini (non tutti, ovviamente), sono state spesso caratterizzate da un velato stupore e dalla incapacità di cogliere fino in fondo la gravità della situazione. Come dire, sì il problema c’è, ma era circoscritto alle persone e alle situazioni finite al centro delle indagini e una volta concluse tutto torna come prima.

«Accanto alle infiltrazioni nell’economia, anche per il Piemonte – prosegue il rapporto Dia – il traffico di sostanze stupefacenti si conferma tra le attività di primario interesse delle consorterie. Non mancano, poi, forme di controllo del territorio che danno luogo a condotte estorsive ed usurarie, spesso finalizzate all’acquisizione di attività imprenditoriali».

Per la Direzione investigativa antimafia, in Piemonte rispetto alle consorterie siciliane, campane e pugliesi, «non si sono registrati episodi meritevoli di particolare attenzione, nei confronti delle quali resta comunque alta l’attenzione investigativa in ragione del potenziale economico-criminale che sono in grado di esprimere». Le organizzazioni crminali straniere vedono invece in azione gruppi di matrice albanese, romena e africana, in particolare nigeriana.

In provincia di Alessandria, recenti inchieste giudiziarie hanno rivelato la presenza di sodalizi riferibili alla ‘ndrangheta. «Tra queste – precisa il rapporto – si ricordano le operazioni “Alba Chiara”, che nel 2011 aveva evidenziato l’esistenza del locale del basso Piemonte, e l’operazione “Terra di Siena-Alchemia”, che nel 2016 aveva fatto luce sulla presenza di soggetti contigui alla ‘ndrina Raso-Gullace-Albanese». Per quanto riguarda la criminalità straniera, sono presenti gruppi albanesi, romeni e africani «che delinquono prevalentemente nel settore della prostituzione, degli stupefacenti e dei reati predatori». Le condanne, disposte dalla Corte d’Appello di Torino, nei confronti di cittadini nigeriani coinvolti nell’ambito dell’operazione “Athenaeum” hanno confermato «le significative proiezioni anche in provincia di Alessandria di gruppi criminali di questa etnia».