“Valenza è la silicon valley della gioielleria”. Ma deve stare sempre più attenta ai mercati globali e a quelli emergenti [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

 

«Valenza è la silicon valley della gioielleria». Massimo Barbadoro, assessore comunale alle Attività economiche e presidente del centro InValenza (associazione nata nel 2017 per volontà del Comune di Valenza, dell’Università del Piemonte Orientale e di alcune aziende per erogare servizi di supporto alle imprese per progetti d’innovazione e di sviluppo e per migliorare la competitività) ha aperto così l’evento dei CeiPiemonte (Centro estero per l’internazionalizzazione) ospitato nel teatro sociale di Valenza.

Una giornata dedicata alla “sostenibilità e alla multicanalità” che rappresentano «le sfide chiave per il futuro di tutto il mondo del lusso perché è importante integrare questi aspetti nella cultura di processo e di prodotto». Una integrazione necessaria per un distretto in veloce cambiamento, che sta facendo i conti con la presenza di grandi marchi (Bulgari, Damiani, Cartier) e di un tessuto imprenditoriale in costante evoluzione, ha sottolineato Alessandra Lanza, Senior Partner di Prometeia (nata nel 1874 a Bologna, è un’azienda di consulenza, sviluppo software e ricerca economica). Una città in cui oggi operano realtà come la Fondazione Mani Intelligenti (oltre 40 associati; presidente è Alessia Crivelli) che ha come obiettivo la formazione e le competenze, il centro InValenza e il consorzio DiValenza, guidato da Barbara Rizzi, nato nel 2007 per promuovere sui mercati nazionale e internazionali i prodotti di gioielleria. Il consorzio oggi, grazie alla collaborazione con la Bologna Business School, ha concretizzato il progetto di un negozio virtuale: «L’orafo continuerà il suo lavoro – dice Rizzi – senza la necessità di un rappresentante che vada in giro con la valigetta».

In un quadro globale che sta facendo i conti con un progressivo rallentamento dell’economia determinato «da crescenti incertezze causate da riposizionamento globali degli equilibri geopolitici e dalle guerre per la leadership tecnologica e strategica globale, non manca la contrazione acuita dalle barriere nel commercio internazionale. Una situazione che potrebbe incidere in modo pesante sull’Italia? Gli effetti ci saranno, però – le parole sono di Alessandra Lanza – il paese ha una industria dalle spalle larghe, le aziende in media sono ben capitalizzate, finanziariamente risanate e chi è rimasto è sano». Fin qui le considerazioni generale della Senior Partner di Prometeia. Ma per l’alta gamma si può dire la stessa cosa?

Dal palco del teatro di Valenza, Alessandra Lanza è stata chiara: «Questo è un settore resiliente con fatturati in crescita negli ultimi anni. Il sistema moda è aumentato del 7,4 per cento e l’oreficeria del 35 per cento. Quella dell’export è una quota tra le più alte del mondo, ma i mercati sono troppo concentrati». Ed ecco il dato che deve fare riflettere sulle evoluzioni future, perché è facile, come anche giusto, entusiasmarsi per l’andamento delle esportazioni, però non è sufficiente. «I primi dieci mercati – ha puntualizzato Alessandra Lanza – assorbono il 70 per cento dell’export, ma rappresentano solo il 50 per cento dei mercati emergenti». I nuovi mercati attrattivi sono ventisei, dall’Iran al Sudafrica, dall’Ucraina al sud America. Certo, non è tutto né semplice, né facile. In diversi paesi in cui il prodotto interno lordo (pil) sta crescendo in modo considerevole (sempre secondo Prometeia), il quadro interno non è dei più tranquilli: è il caso della Colombia a +24 per cento di aumento del pil, o Nairobi addirittura del 41 per cento.

Mentre a Valenza, durante l’incontro di CeiPiemonte, per la prima volta è sbarcata la piattaforma Alibaba (presentata da Luca Curtarelli, responsabile Business Development Italia) per presentare le opportunità per vendere in Cina e nel mondo i prodotti di alta gamma dell’oreficeria, è risuonato anche il forte richiamo di Prometeia a «fare gioco di squadra perché le alleanze tra le eccellenze del made in Italy sono essenziali per un paese piccolo rispetto al mercato globale». Quindi Alessandra Lanza ha concluso ribadendo «l’importanza del “marchio” che rende riconoscibile il prodotto e il territorio da cui proviene. La differenza è sempre la qualità e il “marchio” la rappresenta e la sintetizza».