di Enrico Sozzetti
Cina, Giappone, Stati Uniti, formazione, etica, fisco, eventi fieristici, i diamanti sintetici. Sono solo alcuni dei fronti su cui si sviluppa la sfida quotidiana ai mercati degli imprenditori del distretto orafo di Valenza. Un polo economico, culla del made in Italy, unico nel paese, in cui credono colossi come Bulgari, Damiani (peraltro gioca in casa), Cartier che hanno investito, e investiranno, dimostrando di credere in questo distretto più di alcune realtà locali.
Nel giorno del convegno ‘L’Alta Gamma Made in Piemonte: un gioiello di sostenibilità nell’era digitale’, iniziativa organizzata da Ceipiemonte (Centro Estero per l’Internazionalizzazione), su incarico della Regione Piemonte, nell’ambito del Progetto integrato di filiera ‘Abbigliamento, Alta Gamma, Design’, il teatro sociale di Valenza ha ospitato l’assemblea annuale del Gruppo Aziende Orafe Valenzane di Confindustria Alessandria. Un momento di riflessione e confronto, anche vivace, insieme a Stefano de Pascale, direttore di Federorafi, durante il quale Francesco Barberis, presidente del Gruppo Aov, poi de Pasquale, hanno prima tratteggiato il quadro associativo e di settore, poi si sono addentrati nelle tematiche più complesse e delicate.
Il peso di Aov all’interno del distretto orafo si attesta intorno al 40 per cento. I settanta associati (su un totale di circa ottocento imprese iscritte alla Camera di Commercio) occupano infatti oltre duemila addetti su un totale di circa 4.600. «L’obiettivo è di superare il 50 per cento entro il 2020» ha affermato Barberis, ricordando che il gruppo orafo rappresenta il 15 per cento di tutti gli associati a Confindustria Alessandria. Il ruolo dell’associazione è giudicato importante, non solo per i numeri dei contatti fra aziende e struttura di rappresentanza («Da gennaio a oggi sono stati 1.850»), bensì per i temi al centro della richiesta di servizi: sindacali, doganali, formazione, partecipazioni fieristiche, contributi e finanziamenti, sicurezza e adempimenti. «Avere a disposizione esperti e assistenza professionale significa essere nelle condizioni di poter concentrare meglio l’attività sulle sfide che abbiamo di fronte» ha aggiunto Barberis.
Stefano de Pascale ha toccato i temi promozione della gioielleria italiana negli Stati Uniti, e in particolare nella grande distribuzione, l’approccio al mercato giapponese e a quello cinese, i mercati internazionali e il ruolo della fiera di Vicenza. Sfiorato anche il tema dazi, che deve fare riflettere. «Grazie agli accordi di libero scambio e alla riduzione dei dazi – ha precisato il direttore di Federorafi, associazione che fa parte di Confindustria e rappresenta oltre cinquecento aziende industriali del settore orafo – le esportazioni in Canada sono cresciute del 63 per cento. In Cina i dazi sono scesi dal 30 per cento all’8/10 e questa nuova condizione favorirà lo spostamento degli investimenti da Hong Kong alla Cina». La regione speciale, amministrata fino al 1997 dalla Gran Bretagna, assorbe circa settecento milioni di dollari di investimenti, contro i 35 della Cina. Con il calo drastico dei dazi si apre un mercato sconfinato. Ma anche particolarmente difficile.
La formazione è «essenziale ed è quasi una emergenza» perché il valore della manualità, combinato alla creatività, farà sempre la differenza per Valenza, sia per i grandi marchi, sia per le realtà di dimensioni più piccole. Ma la città dell’oro deve anche essere capace a diventare la capitale di un territorio più attrattivo, capace di accogliere. Un tema di grande attualità, però ancora poco discusso e approfondito, benché l’Aov, con Barberis, lo rilanci spesso e in modo particolare alle pubbliche amministrazioni e ai soggetti chiamati a gestire le politiche della promozione e dell’accoglienza.
L’etica d’impresa, la trasparenza della filiera, la certificazione, la sostenibilità sono le altre facce del sistema orafo. Temi «di grande valore, ma anche difficili e complessi con i quali ci si deve misurare con equilibrio» ha commentato Barberis.
Sfiorata anche la questione dei diamanti sintetici che potrebbero «avere un impatto enorme e spaventoso» sui mercati. Dove già oggi sono presenti anche se in misura ancora abbastanza marginale.