Cara Daria Bignardi,
in questi giorni su un noto settimanale femminile che io leggo regolarmente, ho avuto modo di constatare quanto la televisione, tanto vituperata, sia diventata – agli occhi di chi la guarda in maniera critica – uno specchio dell’anima.
La conferma mi è giunta leggendo la Sua rubrica riguardo alcune considerazioni sugli impegni di fine anno dei figli (“…saggio delle discipline sportive e musicali….”) che sono vissuti da una parte delle famiglie come un peso (“…incombono più o meno negli stessi giorni…”). E allora l’immagine televisiva che Lei vuole dare della donna colta sopra la media e della porta accanto mi si è sfumata in ciò che intravedevo: quella di una signora perbenista con un interesse unico legato al proprio tempo e al proprio lavoro.
Vede, cara Daria Bignardi,
le famiglie che tengono davvero all’educazione dei figli permettono agli stessi di frequentare corsi pomeridiani di musica e sport per arricchirli socialmente e culturalmente andando a vicariare ciò che dovrebbe essere un diritto garantito dalla scuola pubblica: l’istruzione, che è fatta anche di arte (mens sana in corpore sano non è un motto importato oltreoceano da Cristoforo Colombo).
Allora i genitori che hanno la possibilità di farlo lo fanno con gioia e convinzione, senza recriminazioni, scegliendo dei corsi seri e con insegnanti qualificati, ritenendo tale impegno magari un lusso ma non un peso incombente.
Del resto, cara Daria Bignardi,
ogni medaglia ha due facce e un taglio sottile: quando seguo (con piacere aggiungo) “Le Invasioni Barbariche” e ascolto le evoluzioni dei Suoi illustri ospiti, ogni 12 minuti di domande e risposte devo anche (comme d’habitude) sorbettarmi 7 minuti di spot pubblicitari. E lo faccio dedicandomi allo zapping più sfrenato perché ormai (diciamolo) ho imparato anche i tempi dei messaggi promozionali (ora si chiamano anche così).
Quindi, cara Daria Bignardi,
La invito ad affrontare i saggi dei Suoi familiari con il sorriso, provando a pensare che dietro quell’ora di spettacolino magari non riuscito c’è il lavoro di gente che ha studiato per dare il meglio di sé, di piccoli che hanno sudato e faticato cercando di migliorarsi, di pochissimi talenti che faranno di quell’arte il loro futuro e di tanti futuri avvocati, panettieri, medici, lavapiatti che avranno vissuto momenti felici e spensierati, comunque utili.
Concludo, cara Daria Bignardi,
dicendoLe che continuerò a leggerLa e a vederLa. E così come Piero Chiambretti definisce Fabio Fazio “il pretino di RaiTre”, mi permetta di definirLa “la Baronessa di La7”. Immaginandola seduta sulla poltrona in vimini con lo sguardo perduto sul suo bovindo La saluto cordialmente!
A cuore socchiuso,
Dario