L’intervento è perfettamente riuscito, ma il paziente è morto. E’ questa l’impressione complessiva che si ricava da un anno di chiacchiere, valutazioni, incontri, tutti “proficui e positivi” ma anche assolutamente inconcludenti, attorno al corpaccione malato del comune di Alessandria, e delle sue varie appendici.
un anno fa era dissesto sì, dissesto no. Poi, dopo il più che mai controverso riconoscimento del default, è stato, fino ad oggi, un gioco al “rimpiattino”, un palleggiarsi le responsabilità e un “non decidere” che, se ci pensate bene, è specchio fedelissimo della situazione del Paese, dal riformismo senza riforme di Monti al neonato governo Letta (se saprà andare oltre il tric e trac di appelli generici lo vedremo, naturalmente).
“Non c’è più tempo, quindi aspettiamo” sembra essere la sintesi più efficace per descrivere lo stato di cose di Palazzo Rosso. Settimana dopo settimana, mese dopo mese, siamo qui a raccontarci l’emergenza, e ad attendere che qualcuno prenda decisioni chiare. Già, ma chi? E in quale direzione?
Quel che è certo è che la costante identificazione tra un ente locale in dissesto e l’intero territorio è nefasta, oltre che culturalmente perversa. E lo sa bene qualsiasi alessandrino che, essendo di Palazzo Rosso semplice acquirente “forzato” di servizi modesti a costi esorbitanti, si sente spesso etichettare come “dissestato” nel proprio contesto professionale, e si ritrova a dover giustificare, spiegare, arrampicarsi sui vetri, svicolare.
Un giorno forse qualcuno calcolerà anche i danni che la mala gestio, e oggi l’immobilismo, di Palazzo Rosso hanno causato al territorio nel suo complesso. Per ora ci limitiamo ad averne sensazione “a pelle”, e ad auspicare che un processo di vera riorganizzazione abbia inizio. Sarà questa la settimana decisiva? Mah….