di Cristina Bargero
La scorsa settimana il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, partecipando al forum di Cernobbio ha sottolineato la necessità di una revisione delle regole del Patto di Stabilità, ottenendo un plauso diffuso tra i commentatori.
Ma eccetto per che gli esperti di finanza pubblica e gli amministratori locali, che da anni devono faticosamente riuscire a far “quadrare “ i conti dei lori comuni, il termine Patto di Stabilità non è così chiaro e soprattutto non ne sono conosciute le regole e le implicazioni.
Di cosa parliamo quindi?
Il Patto di stabilità e crescita è un quadro di norme per il coordinamento delle politiche di bilancio nazionali nell’ambito dell’Unione economica e monetaria (UEM), creato nel 1997 a tutela della solidità delle finanze pubbliche. Alla base dell’introduzione dei vincoli alla crescita della spesa o del debito a livello subnazionale vi è l’interesse per la stabilità macroeconomica di un’entità nazionale o sovranazionale. A livello aggregato si deve mantenere sotto controllo l’esposizione debitoria complessiva; infatti, i rischi a cui un paese (o un’entità sovranazionale) è sottoposto a livello aggregato sono strettamente connessi ai comportamenti di spesa e di indebitamento a livello Locale.
ll Patto si articola in una parte preventiva e in una parte dissuasiva.
La parte preventiva stabilisce che gli Stati membri presentino programmi annuali di stabilità (o di convergenza) indicanti come intendono conseguire o salvaguardare posizioni di bilancio sane a medio termine. La Commissione valuta questi programmi e il Consiglio esprime un parere in proposito. La parte preventiva del patto prevede due strumenti che possono essere utilizzati per evitare la formazione di disavanzi “eccessivi”. Consiglio, su raccomandazione della Commissione, può attivare la procedura di allarme preventivo rivolgendo un formale avvertimento (early warning) allo Stato membro nel quale rischia di determinarsi un disavanzo eccessivo.
La Commissione può richiamare uno Stato membro al rispetto degli obblighi del Patto di stabilità e crescita formulando apposite raccomandazioni di politica economica (early policy advice).
La parte dissuasiva consiste nella procedura per i disavanzi eccessivi, che scatta quando il disavanzo supera la soglia del 3% del PIL prevista dal trattato. Se ritiene che vi sia un disavanzo eccessivo ai sensi del trattato, il Consiglio formula delle raccomandazioni agli Stati membri interessati affinché adottino delle misure correttive, indicando un termine entro cui riassorbire il deficit. La mancata osservanza delle raccomandazioni fa scattare le ulteriori fasi della procedura, che può comportare la comminazione di sanzioni.
Il Patto di Stabilità Interno (PSI) è stato introdotto in Italia nel 1999 per contenere il deficit aggregato degli Enti locali, facendo partecipare questi ultimi allo sforzo complessivo per il raggiungimento degli obiettivi del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) a livello europeo. L’incertezza delle regole di calcolo dei saldi, che sono spesso mutate nel corso degli anni, ha provocato uno stallo negli investimenti pubblici e difficoltà nella programmazione degli interventi su base pluriennale.
Se un’attenzione alle condizioni della finanza pubblica rimane doverosa, è auspicabile tuttavia un cambio di rotta dell’Unione Europea riguardo alle regole relative agli investimenti in infrastrutture e relativi alla transizione verso un’economia verde e agli interventi in istruzione e sanità, perché i meccanismi attuali rischiano di soffocare la già fragile economia europea e la tenuta sociale dell’Europa stessa.