Il “complesso” delle Langhe [Controvento]

Langhedi Ettore Grassano.

Ascoltiamo un ritornello ricorrente, da qualche tempo, dalle nostre parti, ed è: “eh, altro che le Langhe”. Come a dire che quel pezzo di Piemonte sì che ci sa fare, al contrario del basso Piemonte alessandrino, realtà “centrifuga” per collocazione geografica (ossia ogni pezzo di provincia va per suo conto,  senza un progetto comune) e iper autocritica per dna, fino quasi al masochismo.

Ce lo “suggeriscono” in così tanti contesti diversi, questo concetto, che certamente c’è del vero, al di là della retorica immagine “da cartolina”. State certi, insomma, che se proviamo ad andare a farci un giro nell’albese, o nel cuneese, pure là troveremo chi si lamenta dell’andazzo corrente. Ma con la differenza non da poco che nessuno, da quelle parti, indicherà mai l’alessandrino come modello, o Eldorado.

Del resto, per sminuirci noi ce mettiamo davvero tutta: ancora ieri ho letto che, a Roma, starebbe per aprirsi il famoso “tavolo interministeriale”, che analizzerà contestualmente le criticità dei comuni di Alessandria, Napoli e Reggio Calabria. Tre modelli di pubblica inefficienza, in fin dei conti: giratela come volete, e trovate tutti i capri espiatori che vi servono a sentirvi meno responsabili, ma questa è una vicenda che ci coivolge (e danneggia) tutti quanti.

A partire, naturalmente, da coloro (la gran parte della collettività alessandrina) che dal comune di Alessandria e dalle sue partecipate non hanno mai ricavato reddito, ma solo “acquistato” servizi pubblici obbligatori, a costi esorbitanti.

E’ dunque proprio insuperabile, questo nostro “complesso” delle Langhe? Non possiamo fare altro che ammirare la loro “capacità di fare squadra”, e continuare a menarci tra noi, “non solo nello spogliatoio, ma anche in campo”, secondo la bella immagine che ci ha suggerito ieri mattina un amministratore locale, e che ritroverete nei prossimi giorni nell’intervista che lo vedrà protagonista?

Come sempre, dipende da noi, e soprattutto dalle generazioni più giovani: che possono legittimamente decidere di “migrare”, da cittadini del mondo per i quali l’altrove non è necessariamente fuga o sconfitta, ma semplicemente opportunità. Ma, se decidono di restare, sarà speriamo per rimboccarsi le maniche e provare a realizzare un loro sogno, progetto, visione. Magari collaborando con il vicino, per quanto possibile, e non considerandolo un nemico da cui guardarsi, o da invidiare se combina qualcosa di buono. Come, mi dicono, è spesso successo in alcuni distretti economici del territorio, oggi al tramonto con pieno demerito anche per questa tendenza all’individualismo “spinto”, e alla critica aprioristica e autodistruttiva. Ma ne riparliamo nei prossimi giorni, dopo il Forum per la valorizzazione del Monferrato in programma ad Alessandria lunedì, organizzato da Fondazione Gianfranco Pittatore e The European House-Ambrosetti.