di Danilo Arona
Ma voi, miei consimili, dov’eravate la sera del 7 agosto? Se non stavate al Blubar Summer Festival di Villafranca Mare, peccato per voi. Perché il Prog Italia Collection Party, oltre tre ore di straordinaria musica italiana degli anni ’70, il cosiddetto “rock progressive”, ha impazzato sul palco per la gioia e la goduria di quelli come me che sono e si sentono, appunto, “superstiti”.
Facciamo un po’ di appello e di statistica per inquadrare il grandissimo evento. Sulla scena innanzitutto una grande orchestra di quasi sessanta elementi (in maggioranza femmine) diretti dal maestro Leonardo Quadrini, celebre direttore con un curriculum clamoroso. Ed è questo il valore aggiunto di un concerto che vedeva l’avvicendarsi sul palco di tanti sopravvissuti (dato il titolo di questa rubrica, trattasi di notazione più che positiva), privi per forza di cose dei loro storici organici di riferimento. Se per Vittorio De Scalzi l’assenza dei New Trolls è un dato di fatto ormai da tempo (data anche la più che complessa kermesse giuridica sull’utilizzo del marchio), per Aldo Tagliapietra, voce storica delle Orme, la mancanza del gruppo ha di sicuro qualche altra motivazione a me ignota essendo il trio ancora in attività senza il suo ex leader. Impossibile quindi avventurarsi nelle diatribe a monte dei “mancanti” all’appello.
Dedichiamoci invece alla sommaria rievocazione dell’evento. Intanto, particolare non di poco conto, me ne sto in terza fila. Dopo una travolgente intro strumentale in cui fa spicco il chitarrista degli Osanna Pasquale Capobianco armato di Gibson “diavoletto” il direttore artistico Maurizio Malabruzzi, con l’ausilio di Guido Bellachioma, direttore del giornale Prog Italia, introduce e inquadra l’argomento in modo serio ma leggero. Perché siamo ad un concerto e un po’ di spiegone serve, ma più che altro ci vuole la musica. Perciò arriva Vittorio De Scalzi ed è subito Una miniera in commovente versione quasi sinfonica per piano e orchestra.
Poi, gente, per chi come me è nato nel ’50, inizia un delirio. Di ricordi e di note che percuotono il cuore. Vittorio non si muove dal palco e arriva Tagliapietra che attacca Giochi di Bimba e altri successi de Le Orme. Che non sono presenti, ma c’è l’orchestra e Vittorio al flauto.
A questo punto il mio ricordo della scaletta già si confonde e non sono certo dell’ordine dei convenuti sul palco. Pazienza, ma approdano Lino Vairetti e gli Osanna e, siccome Capobianco è ancora lì, capisco che è il chitarrista attuale e ufficiale del gruppo. Giovane e grintoso, caratterizzerà con il suo tocco e l’inconfondibile timbrica della Gibson SG quasi tutto lo spettacolo. Lino ovviamente attacca con alcuni brani dal film Milano Calibro 9, ma soprattutto con There Will Be Time, “canzona” del 1972 che mi spappola dentro. Se l’ascoltate, capite perché. In quegli anni là, la suonavo con i Privilege e me l’ero pure imparata a memoria.
https://www.youtube.com/watch?v=E49l5pCJxqQ
Ma bando alle nostalgie. Torna Vittorio al piano ed è Concerto Grosso, giusto per restare in tema di colonne sonore e contaminazioni barocche: To Die To Sleep May Be To Dream, ovvero l’Adagio. Tra un artista e l’altro, il direttore artistico e il giornalista fanno per così dire il punto della situazione, sottolineando la straordinaria tenuta di una rivista cartacea, bimestrale, come Prog Italia che in un momento di attacco frontale (e spudorato) del digitale, non molla per nulla la posizione.
Quindi è la volta di Bernardo Lanzetti, ex cantante della PFM (con loro dal 1975 al ’78). Ed è festa, appunto. Lanzetti è un funambolo, una voce di ragazzo più che settantenne ancora al fulmicotone, che ripropone i grandi successi di una stagione irripetibile, da Impressioni di settembre al Pescatore di De André. Travolgente, un assoluto showman.
C’è il tempo, e ci deve stare tutto, per la presentazione da parte del pianista Paolo Sentinelli dell’album postumo di Francesco Di Giacomo, a cinque anni dalla morte, intitolato La parte mancante. Un lavoro intenso, fuori dagli schemi di mercato, uscito in vinile all’interno della rivista Prog Italia, e la cui genesi, storia toccante sotto il profilo umano e artistico, potete leggere qui.
È proprio la “parte mancante” per approfondire la conoscenza di un personaggio unico qual è stato il front-man de Il Banco del Mutuo Soccorso.
Il tempo trascorre, è inesorabile, e la stessa Notte Prog ne è un’allegoria a suo modo quasi spietata. Arriva Patrizio Fariselli, pianista con gli Area di Demetrio Stratos, che propone una versione per solo piano di Luglio Agosto Settembre Nero. Un pezzo di storia. Innegabile.
Subito dopo ecco Filippo Destrieri, arrangiatore e tastierista con Franco Battiato sino alla fine degli anni Novanta, che dapprima offre un saggio totalmente sperimentale dei suoni del tempo e poi, accompagnato dall’orchestra, propone tre brani di Battiato degli anni, Aria di rivoluzione, Propiedad Prohibita e Meccanica.
Ma non è mica finita. È il turno de Il Rovescio della Medaglia nella nuova formazione condotta da Enzo Vita che, al pari di Vittorio De Scalzi, omaggiano pure loro la visione classica e barocca di Luis Bacalov con alcuni assaggi di Contaminazione, la lunga suite di 40 minuti e 13 movimenti incisa, pensate un po’, nel 1973. Vittorio con il suo ineguagliabile flauto si infila pure qui con gioioso spirito collaborativo.
Quando Malabruzzi annuncia con voce triste e stentorea che lo spettacolo è terminato, non ci si crede: sono trascorse oltre tre ore. Ma bisogna finire proprio in gloria. Jam session finale con tutti i partecipanti sul palco e ogni spettatore in piedi a cantare Centro di gravità permanente di Battiato, che come messaggio da consegnare ai posteri, se ce ne saranno, funziona ancora alla grande.
Quando lemme lemme esco, mi sento più vecchio. Non c’è storia. There Will Be Time… Ci sarà tempo, ci sarà tempo.
Fanculo, non è vero.