Ero pronto da giorni a ricevere la tremenda notizia. Eppure quando Fabio della Comunità di San Benedetto al Porto, uno dei miei amici più cari, mi ha scritto che il Gallo se n’era andato, non riuscivo a crederci. Sono rimasto senza parole, confuso, incapace di avere una qualsiasi reazione. Poi piano piano sono affiorati i ricordi, tantissimi, degli incontri con il don, dei suoi insegnamenti, della sua straordinaria umanità; e con i ricordi, un’infinita tristezza per questa perdita devastante.
Don Andrea Gallo, il nostro angelo anarchico, ha sempre lottato dalla parte giusta, che è quella degli sconfitti, dei respinti, dei disperati, di chi è stato relegato ai margini dalle spietate liberaldemocrazie nelle quali ci tocca (soprav)vivere. Le sue parole, le sue storie, i suoi racconti di vita vissuta sapevano tratteggiare con un’immediatezza senza pari un mondo di miserie e di splendori, di solitudine e di amore. Coinvolgevano tutti. Non escludevano mai nessuno. E sapevano dare forza e speranza.
«Bisogna sempre osare la speranza», ripeteva spesso, e non smettere mai di sperare l’impossibile. Inseguire l’utopia. Citando Edoardo Galeano, il Gallo diceva: «L’utopia sta all’orizzonte, mi avvicino di due passi, lei si allontana dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungo mai. Quindi, a che serve l’utopia? Serve a questo: a camminare».
Tantissime persone sono ancora in cammino, non si rassegnano e attraversano il nostro tempo adoperandosi, nonostante tutto, per costruire un altro mondo possibile. Un mondo più libero e più solidale, senza Servi né Signori, senza violenza né coercizione. Un’utopia? Forse. Ma contro un sistema che sacrifica migliaia di persone ogni giorno e prospera grazie a umilianti disuguaglianze è assolutamente necessario fare qualcosa. «So di non essere onnipotente», scriveva don Gallo, e tutti noi sappiamo di non esserlo; però egli subito aggiungeva: «Ma non voglio concedermi la scusa dell’impotenza». Non ci si deve rassegnare al pensiero che non si possa cambiare nulla; occorre invece moltiplicare gli sforzi per dare sempre più spazio a un’idea di solidarietà liberatrice in grado di coniugare le libertà, i bisogni e i diritti di tutti, e vincere ipocrisia ed egoismi. In che modo possiamo riuscirci? In realtà, non ci sono scorciatoie o modelli precostituiti. Si trova la via soltanto ricercandola con gli altri. Ed è proprio ciò che ha sempre fatto don Gallo, con la sua infaticabile disponibilità a incontrare tutti e la sua capacità di coinvolgere le persone nel suo percorso di condivisione, di emancipazione e di lotta all’indifferenza, che per Andrea era «la summa massima di tutti i peccati».
Lo avevamo chiamato spesso in Alessandria anche per ricordare insieme Fabrizio De André, la sua buona novella libertaria, radicale, umanissima. Determinati a viaggiare nel mondo sempre in direzione ostinata e contraria. E ora abbiamo bisogno che Andrea, con Faber, continui a guidare il nostro cammino. Abbiamo bisogno di stringerci intorno alla sua Comunità, ai suoi ragazzi, per piangere con loro, ma anche per costruire un futuro, per proseguire il cammino. Insieme. Senza mai dimenticare quello che ci ripeteva il don: «Chi sceglie un’ideologia può anche sbagliare; chi sceglie i poveracci, i senza voce, i fragili, non sbaglia mai».