Qualcosa di insolito [Lo Straniero]

marenzana_angelodi Angelo Marenzana.

Un sabato mattina come tanti, stessa passeggiata in centro. Si potrebbe segnalare il solito caos e altrettanta prepotenza automobilistica. Ma ormai, eventi di questo tipo non fanno più notizia. Quindi sorvolo. Ci si fa il callo. Come alle ruberie dei furbetti, all’evasione fiscale e ai privilegi dei potenti. E come alle disfunzioni amministrative o nel campo della sanità e dei trasporti. Però, in quelle ore del fine settimana, qualcosa di insolito spezza le catene della sonnolente normalità nella mia grigia cittadina. Uno scintillio illumina un paio di scene sul nostro set urbano. E, in rapida successione, il luccicore si fa lampo di buonumore. Una botta di ironica curiosità.

Oggetto di tanta attenzione è una coppia. Poco più avanti fiorisce pure una famigliola. Sconosciuti tra di loro. Sei persone in tutto che attraggono il mio interesse per due elementi comuni. Primo, gli uomini camminano con una macchina fotografica a tracolla e con passo sciolto da escursionisti. Secondo, parlano una stessa lingua. Forse tedesco. Stranieri, ma non alla ricerca di un lavoro o di una svolta nella propria esistenza. Stranieri come nelle grandi città d’arte, o nelle zone dalle bellezze naturali. Sul volto un sorriso a filo di labbra da pionieri del turismo tra le nebbie di provincia alla scoperta di bellezze di cui noi indigeni forse ne ignoriamo il valore o che non vogliamo vedere per poter sfruttare l’intero territorio a nostro uso e consumo, senza rispettare le regole imposte dal valore che l’arte porta in sé.

CittadellaE quali ricchezze si conservano tra le pieghe della storia alessandrine? Un circuito di chiese erette tra il 200 e vent’anni fa, passando per i periodi bui della peste, delle sconsacrazioni, dell’invasione napoleonica e dell’occupazione tedesca. Una cattedrale con il terzo campanile più alto d’Italia. Architetture religiose ognuna con una storia propria, spesso complessa e contraddittoria ma conservate nel tempo grazie a una cura di cui oggi abbiamo perso memoria. Oppure le strutture civili come le opere del Gardella. Galleria Guerci. O andando all’indietro nel tempo, i magici affreschi delle Stanze di Artù. Il Museo del Cappello. Il mosaico futurista di Severini sulla facciata dell’edificio delle Poste. La Cittadella (per fortuna rivalutata e compresa tra le opere da restaurare grazie all’impegno del FAI) imponente fortilizio militare, immobile testimone di un ponte finito in polvere in nome di una spietata logica di rinnovamento. L’arco di Napoleone. E chi vuole aggiungere, aggiunga.

Se l’Italia possiede l’80% dei beni artistici e culturali, possiamo dire che pure noi, nel nostroGombrich piccolo facciamo bella figura. Basta aprire un volume di storia dell’arte a caso. Personalmente mi sono formato su quello di Ernst Gombrich, viennese naturalizzato britannico, scomparso nel 2001, dove, come paradosso, ho scoperto che un testo del genere lo si potrebbe anche scrivere nella nostra lingua, senza bisogno di tante chiacchiere e traduzioni, visto che nomi, luoghi e titoli appartengono al patrimonio italiano. Anche se spesso, i capolavori sono esposti all’estero.