di Dario B. Caruso
Siamo tutti figli di qualcuno e di qualcosa.
Siamo stati generati da eventi concatenati, figli di altri eventi.
Se siamo in grado di leggere la storia possiamo trarne giovamento e magari non evitare ma semplicemente ritardarne la fine.
Figli della Guerra
C’è stato un tempo in cui la paura e la fame avevano il sopravvento.
Paura di essere scoperti, nascosti dentro cunicoli improvvisati oppure in boschi inospitali o ancora in cantine ben celate.
Paura che un tozzo di pane raffermo e una crosta di formaggio non sarebbero stati sufficienti a passare due tre forse quattro giorni.
Paura che usciti dal nascondiglio dopo due tre forse quattro giorni avremmo trovato le sorelle, i figli, i genitori ammazzati senza pietà da divise avverse o da traditori dello stesso colore.
Figli del Boom
Poi è stato il tempo del benessere, della ricchezza e dell’abbondanza, delle lambrette e delle auto spaziose, dei picnic fuori porta la domenica, dei mangiadischi sui prati e dei plaid in tartan.
Era il tempo di Tutto il calcio minuto per minuto alla radio, dei giovedì sera con Mike Bongiorno e dei sabato di Canzonissima.
Era il tempo dei chewing gum rifasciati in pseudo dollari, delle figurine Panini e delle biglie con la foto di Felice Gimondi e Eddie Merckx.
Figli delle Stelle
Ad un certo punto la voglia di ballare si è fatta strada.
Si emulava Tony Manero il sabato sera e la domenica pomeriggio scatenandosi nella disco-music dei Bee Gees, di Barry White e Gloria Gaynor, degli Earth Wind and Fire.
A mezzanotte giungeva il momento del lento, si scioglieva la compagnia e si faceva strada la ricerca dell’anima gemella per una sera.
Poi una sigaretta per fare il punto della situazione e via con Donna Summer.
Figli del Karaoke
Si arriva a quel fenomeno strano per cui tutti devono essere protagonisti.
Si sceglie un grande classico della canzone (Ti amo di Umberto Tozzi, tanto per fare un esempio) e si distrugge a suon di stonature e note gridate, convinti – tra gli applausi dei presenti – di aver offerto una performance ricca di suggestione e certamente impossibile da replicare se non sotto l’effetto di alcoolici.
Stiamo vivendo la coda di questo periodo.
I bambini di oggi sono i nipoti del Karaoke, sempre più convinti che la musica sia quella cosa lì, informe, senza tecnica né anima, senza gusto né significato.
Sta a noi, con calma e fermezza, spiegare loro che ci vuole studio per ogni cosa, anche per il canto, che non basta aprire la bocca e dare fiato, che non basta pronunciare frasi senza capirne il significato.
Proviamoci, perché siamo tutti figli di.
Qualcuno più di altri 🙂