di Danilo Arona
Ritorno su una mail che non ho mai cestinato e che considero tuttora di un’attualità sconcertante. Me la mandò un amico di nome Antonello un bel po’ di anni fa.
Ciao Danilo, sono un appassionato del genere horror ma stranamente, non avevo letto mai nulla di King, fino a quest’estate. Lo conoscevo di fama, nulla di più. Poi comprai Pet Sematary durante un periodo di permanenza quasi obbligata, per motivi familiari, con mio figlio al mare. Non ho la patente e d’estate dipendo da mio padre per gli spostamenti. Ti annoio con questi particolari per spiegare lo stato di forte frustrazione, unita al senso di colpa per non essere un buon padre che mi pervadeva quando iniziai la lettura del romanzo. Dapprima fui scettico, di fronte a quello che mi parve sulle prime l’irrompere troppo meccanico del soprannaturale nella pagina, poi proseguii la lettura e il maestro cominciò a somministrare i suoi colpi, che s’impadronivano infine della mia immaginativa. Un malessere metafisico mi invase dalla testa ai piedi mentre immagini e frasi germinavano oltre la lettura senza alcun apporto della mia volontà. In quei giorni mi capitò di avere un crollo fisico e, cosa veramente straordinaria per me che tra l’altro sono un non credente, fui visitato da parenti defunti in sogno, che mi diedero parole di autentico amore e conforto spingendomi a prendere delle decisioni rivelatesi estremamente appropriate. Nulla come questo episodio della mia vita di lettore, che probabilmente farebbe ridere qualsiasi adolescente, ha rafforzato la mia convinzione, maturata da tempo, che il fantastico e l’horror lungi dal costituire registri o generi sminuenti l’oggetto letterario, si impongano piuttosto per la loro essenziale eccedenza, rispetto al semplice oggetto letterario, come luoghi dove è possibile intrattenere un rapporto non distruttivo con il perturbante. Franco Dal Moro, l’editore di Ellin Selae, scrive della quasi soprannaturale capacità dei libri, persino al di là dei valori e del giudizio estetico, di dare responsi e vaticini. Per me King fu l’occasione di riflettere più intensamente sulla solitudine del maschio bianco occidentale di fronte alle correnti e ai turbini del mondo sotterraneo, del femminile, della generazione; fu l’occasione di verificare, con le parole dello scrittore, quanto duro fosse il terreno del cuore e quanto profondi fossero i segreti che custodivo. Avrei voluto riprendere in mano il libro, modesto nella sua veste grafica a ricordare che si trattava di un best seller, per buttare giù due righe, ma non l’ho fatto. L’ho nascosto in seconda fila e credo che non l’aprirò mai più. Grazie e buon lavoro.
Come commentai ai tempi, la testimonianza era importante per varie ragioni. Intanto perché occorreva un certo coraggio a scriverla, firmandosi. Quindi Antonello si metteva a nudo, modalità dalla quale molti preferiscono affrancarsi. Infine si intuivano scenari inediti sull’incisiva “potenza” della letteratura nei confronti della realtà che ci circonda. Ho scritto diverse volte a proposito dell’influenza mai innocente della parola scritta sulla materia e sul mondo reale. L’ho fatto qui, https://www.carmillaonline.com/2008/12/24/i-libri-che-bucano-il-reale/, ci sono tornato qui, https://www.carmillaonline.com/2012/05/16/onde-di-ritorno-delleffetto-scrittura/, e in genere ho inserito la tematica in qualche mio titolo, a torto o a ragione ritenuto importante dall’autore, quale L’estate di Montebuio o Land’s End, in qualche modo ben convinto che non si possa “intensamente” scrivere del pianeta infestato dai demoni sul quale camminiamo ogni giorno senza provocare degli effetti a catena. Anche il cinema ne ha trattato a suo modo con pseudo-biblia quali The Shape of Rage del dottor Raglan (The Brood di Cronenberg) o In the Mouth of Madness dello scrittore Sutter Cane (Il seme della follia di Carpenter) o il tomo di Animali notturni di Tom Ford. Peraltro qualcosa dovrebbe dire, e di sicuro l’ha fatto, ai “lovecraftiani” il fatto che il Necronomicon abbia preso a esistere sul serio in certi ambienti occultistici. E su questo terreno consiglio di leggere i bellissimi libri, esistenti, di Angelo Cerchi.
So bene, e l’ho sottolineato più volte io per primo, che certi discorsi sospesi tra il metafisico e il tangibile, quando la sospensione di per sé corre il rischio di essere un processo fumoso, sembrano soltanto suggestivi e lì si fermano. Ma, se Stephen King ha più d’una volta paventato il suo drammatico incidente stradale in parecchi titoli “scritti prima” (da La zona morta a Christine forse non c’è che l’imbarazzo della scelta), autori come Scarlet Thomas (Che fine ha fatto Mr. Y?) o Patrick Senécal (Una mente pericolosa) ci hanno raccontato di libri “maledetti” che bucano e influenzano la realtà in modo convincente a dir poco.
Molti anni fa, mentre lavoravo a Satana ti vuole, l’amico e co-autore Gian Maria Panizza, mi confessò che, dal momento in cui si era preso in carico il 50% del tomo, la sua vita era in qualche modo mutata. E, più si addentrava nella descrizione e nella narrazione dell’oggetto-archetipo del libro, un male filosofico ed esistenziale tentava di farsi strada nella sua esistenza con modalità e conseguenze che non mi è dato di raccontare. Ma, più scriveva del male, più sentiva il male crescere attorno a lui. Oggi Gian Maria non sta benissimo e, al di là dell’ovvio augurio che si rimetta in fretta e al meglio perché il mondo ha bisogno di lui e della sua penna, il sospetto che quel libro, sul serio maudit e oggi presente in poche copie nei siti della Rete, sia “entrato” in lui senza trovare argini e filtri difensivi. Come direbbero a ragione i miei amici di Kipple, anche questa è una via di continui relativi accadimenti in grado di modellare la realtà su picchi quantici all’apparenza assurdi. Sutter Cane non è affatto lontano…