Elezioni alessandrine nella prima Repubblica: quando anche i ‘santini’ erano una cosa seria!

Legge elettorale: capire per votare, sperando di capire [@SpazioEconomia] CorriereAl 1di Felice Patria

 

Dietro all’evocativo (almeno per gli addetti ai lavori della politica alessandrina) pseudonimo si cela un attento osservatore di decenni di campagne elettorali locali e non, nonchè ‘perverso’ collezionista di ‘santini’.
Ospitiamo volentieri queste speciali pagelle da campagna elettorale, augurando al contempo alla nostra inossidabile GZL, ferma ai box per un piccolo ‘tagliando’, una rapidissima guarigione. Tutti (o quasi!) la aspettiamo a braccia aperte. E. G.

Nelle sue sempre pungenti pagelle un paio di lunedì fa GZL non le aveva mandate a dire, come al solito peraltro: “Il bavaglio della par condicio. Una Legge oggi troppo vecchia, anacronistica, difficile sia da controllare che da rispettare. Peraltro che senso ha misurare ‘con il bilancino’ i contenuti dei piccoli organi di informazione locale (cartacei o on line che siano) mentre sui diffusissimi social può liberamente circolare di tutto…”, assegnando uno dei suoi temutissimi 2.

Come darle torto? Comunque ci ha fatto venire nostalgia del tempo in cui l’assenza della “par condicio” (e risorse economiche che oggi forse sono più limitate) permettevano di riempire le edizioni dei giornali locali con i cosiddetti “santini”.

A rivederli oggi tornano memorie, rimpianti e nostalgie: era un mondo adulto, per dirla con le parole di Paolo Conte.

La nostra rivisitazione si è concentrata sugli anni Ottanta, quelli in cui la politica anche locale scopriva l’immagine, mentre la lotta per le preferenze si combatteva prima di tutto con i compagni di partito (spesso amici/nemici o, per citare un vecchio film, “parenti serpenti”). Fino alle svolte dei primi anni Novanta, come vedremo.

Ci siamo concentrati su elezioni comunali (anche se quest’anno il capoluogo non vota), provinciali, e regionali per cui andremo alle urne a fine maggio, mentre bisogna dire che le europee per cui pure siamo chiamati a votare non riscuotevano all’epoca altrettanta attenzione. Per dire: nel 1984 il tema che conquistò la prima pagina del Piccolo fu unicamente la candidatura di Enzo Tortora, come noto coinvolto nella sua vicenda giudiziaria e in lista con i Radicali, con i cittadini intervistati che esprimevano il loro parere, contrario o favorevole.

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La parte del leone la facevano i socialisti anche sui giornali locali, d’altronde negli anni Ottanta il potere era loro e ancora nel 1990 conquistarono una affermazione elettorale notevole: unico comune capoluogo di provincia italiano in cui il PSI ebbe la maggioranza relativa.

Nel 1980 troviamo candidati alle provinciali (già, allora eleggevamo anche quei consiglieri, poi abbiamo fatto questa bella legge di riforma che un “2-alla-GZL” lo meriterebbe tutto) i due futuri presidenti, sia Franco Provera di cui appena un paio d’anni dopo leggeremo diffusamente le cronache dell’incidente stradale che lo portò alla morte, sia Angelo Rossa.

Saltando avanti di un decennio il popolare Angiolino lo ritroveremo in una tenera foto elettorale insieme alla giovane figlia Rita, che nel suo santino è proposta con “facciamo sbocciare un garofano rosa”.

“Il Presidente dietro i vetri un po’ appannati fuma la pipa” cantava Antonello Venditti (riferendosi a Pertini). Ecco, non sappiamo se fumi la pipa un altro socialista come Pierangelo Taverna, che Presidente lo è da molti anni, di certo colpisce nel “santino” del 1985 la somiglianza con il cantante romano, barba e Ray-ban compresi.

A proposito di look, in casa PSI nel 1980 ha ancora la famosa barba giovanile (era rossa, anche se la foto in bianco e nero non lo svela) Felice Borgoglio, mentre nel 1985 è rasato e pettinatissimo nel “santino” in cui fa coppia con un Giuseppe Mirabelli dal sorriso sornione.

Nella foto del 1980 è molto giovane anche Giovanni Priano, “papà d’arte” da cui Fabrizio ha ereditato la passione per la politica ma, se ci permette di sottolinearlo, non la folta chioma.

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Sempre in tema di accoppiamenti, nel 1985 la DC schiera suocero e genero, il dottor Cotroneo per moltissimi anni presenza, silente e attentissima, dei banchi comunali con il giovanissimo Piercarlo Fabbio, in abbigliamento parecchio sportivo per gli usi dell’epoca.

Stesso anno, stesso partito, idee chiarissime per Luciano Vandone, candidato alle regionali: “Ferma l’assalto alle casse della Regione. A Torino i conti non tornano. Un economista ed un tecnico per farli quadrare.” Gli elettori non gli permisero di fare quadrare i conti regionali mentre di quelli comunali, come tutti ricordiamo più che bene il Professore (un economista ed un tecnico, tutto in una sola persona) se ne occuperà (eccome!) da assessore proprio con sindaco Fabbio.

A proposito! Nel 1990 il giovanissimo (“ho ventisei anni”) Antonello Zaccone, numero 49 della lista (allora si eleggevano 50 consiglieri, e a chiamarsi con la Z si finisce in fondo) in un santino scritto come una letterina, “pur cosciente dei miei limiti”, promette molto alla città, di cui in effetti si sta occupando e da non pochi anni, in non pochi ruoli.

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Che le cose stessero cambiando, in quel 1990, lo raccontano due “santini” piccoli (i fondi erano evidentemente ancora pochi, non paragonabili a quelli che poteva spendere il PSI): uno generale della Lega Nord Piemont, “le tasse pagate in Piemonte devono restare qui” e uno della punta di diamante alle regionali e alle comunali Oreste (Tino) Rossi che ribadiva “le risorse del Piemonte al Piemonte”.

Come andó lo sintetizza il titolo del Piccolo: Pioggia di voti su “Verdi” e Lega Nord, successo del PSI, Caporetto del PCI.

Candidato alle provinciali, il Presidente uscente Francesco Franzò accompagna una foto alla scrivania, molto istituzionale, con lo slogan: Per altri cinque anni di buon governo.

Ora sappiamo che una vicenda iniziata meno di due anni dopo con il “mariuolo” della Baggina cambierà le cose, anche qui, anche personalmente per lui, e i promessi cinque anni di buon governo finiranno in tutt’altro modo.

Infatti per il comune si rivoterà soli tre anni dopo, nell’autunno del 1993, e i “santini” saranno molti meno, addirittura nessuno sul Piccolo per “la Signora della Lega” come venne subito definita la Calvo.

Che al ballottaggio batté il rivale Andrea Ferrari nonostante (o forse anche grazie a) l’endorsement di Achille Occhetto, che si apprestava a guidare verso la sconfitta la “gioiosa macchina da guerra” alle elezioni di venticinque anni fa, che di nuovo cambiarono radicalmente la politica (e la comunicazione politica) del nostro Paese.