Ad Alessandria il ‘Poli’ si prepara per i medici dell’università, intanto investe milioni in biotecnologie, rigenerazione dei tessuti, nanosistemi selettivi. E c’è anche Mozart per le ossa [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

 

Nel futuro prossimo della sede alessandrina del Politecnico di Torino c’è anche un brevetto da sviluppare (al momento ancora top secret) proprio nel capoluogo, mentre prosegue l’ampliamento di una serie di attività di ricerca e quelle in collaborazione con l’azienda ospedaliera nell’ambito della bioingegneria. Il ‘Poli’ è estremamente vivo, anche se la maggioranza degli alessandrini è convinta che dietro alle mura della sede di viale Michel vi siano locali vuoti e abbandonati dopo la decisione, una decina di anni fa, di chiudere la didattica.

Invece non solo non è così, anzi da un lato stanno aumentando i progetti di ricerca e dall’altro è pronto il piano della riorganizzazione degli spazi. I laboratori infatti oggi occupano le aree una volta destinate alla didattica e intanto, in parallelo, è stato messo a punto il progetto di rimodulazione, al primo e al secondo piano, per ospitare le aule per gli studenti di medicina dell’Università del Piemonte Orientale (Upo).

Al quartiere Orti di Alessandria sta per andare in scena una ennesima piccola rivoluzione nell’ambito del polo scientifico che vedrà protagonisti il Politecnico di Torino, pronto a investire risorse proprie per circa un milione di euro per la ristrutturazione della sede, e l’Upo con il Disit (Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica), medicina e anche infermieristica. Secondo i vertici dell’ateneo del Piemonte orientale dovrebbe avvenire abbastanza in fretta (al punto che circolano documenti che sembrano indicare che tutto sia fatto e finito), mentre il Politecnico, che in è sempre il padrone di casa, puntualizza che per preparare il progetto definitivo è necessario attendere ancora il via libera da parte dei vigili del fuoco rispetto al documento preliminare. Che tutto sia pronto per l’anno accademico 2019-2020, oppure per il successivo, poco importa. Quello che conta è che dietro a queste mura si stanno sviluppando progetti dal valore milionario che vedono Alessandria al primo posto delle progettualità di ricerca su cui il ‘Poli’ torinese intende investire.

All’interno della sede di viale Michel si incontrano dottorandi, assegnisti, ricercatori che lavorano a progetti altamente innovativi in ogni ambito industriale, con una particolare attenzione al mondo della sanità, a partire dalla rigenerazione dei tessuti e dal rilascio dei farmaci. Il settore è interdisciplinare e coinvolge chimici, biologi, ingegneri, fisici. Uno dei valori aggiunti è rappresentato proprio dalle collaborazioni con l’Università del Piemonte Orientale e il Disit. Qui vengono sviluppate le applicazione di materiali polimerici in biomedicina e nanomedicina e di materiali biomimetici, in grado di mimare i sistemi biologici da un punto di vista chimico-fisico, inducendo così specifiche risposte cellulari.

Sta crescendo in parallelo la collaborazione con aziende specializzate, come nel caso dello sviluppo di valvole cardiache, di uno stent coronarico e nel campo della rigenerazione del miocardio grazie a progetti internazionali finanziati dallo European research council (Erc). La ricostruzione fisica dei tessuti danneggiati, in questo caso quelli del cuore nel caso di un infarto, avviene utilizzando delle “spugne” che replicano le funzioni organiche e meccaniche dell’organo. Solo due di questi progetti che coinvolgono anche Alessandria valgono complessivamente quattro milioni. Sempre utilizzando nuovi materiali sono stati messi a punto nanosistemi con elevata selettività verso diverse cellule tumorali. L’obiettivo è legare chimicamente un anticorpo capace di riconoscere alcuni tipi di queste cellule e i primi risultati sono stati efficaci sui test preliminari in vitro. I brevetti si susseguono, come quello per i copolimeri a blocchi termosensibili in grado di incapsulare farmaci e cellule per applicazioni in ingegneria dei tessuti. Il campo è quello che si può chiamare della “cura personalizzata” in quanto viene calibrato sul paziente anche il tempo di rilascio del farmaco e non solo la composizione.

E non è tutto. C’è il progetto Mozart grazie al quale è possibile ricreare un osso o una cartilagine “su misura” con il rilascio di ioni terapeutici e farmaci. Il trattamento di fratture ossee e di ferite cutanee croniche non guarite, caratterizzate da infiammazione e spesso infezione, è a una svolta con Mozart (Mesoporous matrices for localized ph-triggered release of therapeutic ions and drugs) che vede protagonista la sede alessandrina del Politecnico di Torino. L’impatto sociale è ben riassunto dai responsabili del gruppo di lavoro. «Solo in Europa – spiegano i responsabili – sono 350.000 i pazienti che ogni anno presentano fratture ossee non saldate e 2.2 milioni di persone soffrono di ferite croniche. L’obiettivo di Mozart è dare il via a nuovi trattamenti che riducano in modo significativo i tempi di guarigione delle fratture ossee (circa quattro mesi, contro il minimo dei dodici odierni) e possano permettere ad almeno il cinquanta per cento di persone affette da ferite croniche di guarire completamente».