L’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM) di Alessandria, società scientifica presente nel ns territorio dal 2002, ha elaborato un progetto pilota, di durata biennale, denominato “Prendiamoci di petto” per la prevenzione e diagnosi precoce del tumore mammario nelle giovani donne tra i 30 e i 44 anni.
Il progetto, realizzato con il sostegno della Fondazione CrAl, prevede una campagna di informazione e di sensibilizzazione della popolazione femminile, in particolare di quella d’età inferiore ai 44 anni non ancora raggiunta dal programma di screening istituzionale, per sensibilizzare le donne sul rischio di sviluppare un tumore alla mammella, sulle possibilità di prevenzione e sugli accertamenti strumentali più idonei per una diagnosi precoce, mediante l’offerta gratuita della mammografia proposta alle donne di 40 anni d’età residenti nel comune di Alessandria.
La campagna informativa partirà già il 20 marzo alle ore 17 con un incontro alla popolazione, previsto nelle iniziative di “Marzo Donna” in collaborazione con Assessorato e Consulta pari opportunità del Comune di Alessandria, e si svolgerà nella sala conferenze del palazzo Melchionni.
Il progetto prevede di sensibilizzare la popolazione femminile attraverso la promozione, effettuata attraverso il sito web dedicato al progetto, i social network, l’informazione attraverso stampa e radio locali, attività di promozione alla salute delle donne, la collaborazione della LILT per eventuale visita senologica e ovviamente con gli attori principali ovvero i medici ed in particolare i medici di famiglia.
Dai dati di letteratura il tumore al seno risulta essere la neoplasia più frequente in assoluto nella popolazione femminile, che colpisce una donna su otto nell’arco della vita. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registro Tumori (AIRTUM) il carcinoma mammario è quello più frequentemente diagnosticato tra le donne, sia nella fascia d’età compresa tra 0-49 anni (41%), sia nella classe d’età tra 50-69 anni (35%), sia in quella anziana (maggiore o uguale a 70anni (22%).
Il trend d’incidenza tra il 2003 e il 2017 appare in leggero aumento (+0,9% per anno), in particolare nella fascia d’età 45-49 anni, che potrebbe essere causato dall’ampliamento dello screening mammografico in alcune Regioni italiane che hanno coinvolto quella fascia d’età (oltre a quella dai 50 ai 69 anni per la quale è storicamente attivo lo screening) Anche nella fascia d’età 30-44 anni l’incidenza aumenta dello 0,6% per anno. Dall’esperienza clinica si ritiene che il dato possa essere sottostimato per l’assenza di accertamenti diagnostici preventivi praticati in modo diffuso su tale target di popolazione.
Nel settembre 2017 il Ministero della Salute ha presentato il nuovo volume “I numeri del cancro in Italia”, da cui emerge come, in base alla stima dei tumori della mammella nella provincia di Alessandria del 2015, il tasso di prevalenza (casi ogni 100.000 abitanti) sia di 2.011 casi contro 1.912 casi registrati nella Regione Piemonte.
Per costruirsi un’abitudine alla prevenzione, occorre iniziare da giovani, quando sembra di non averne bisogno. Le società scientifiche (tra cui la Fondazione Veronesi) consigliano, in assenza di fattori di rischio specifici (come storia familiare, densità del tessuto mammario, mutazioni genetiche) di sottoporsi alla prima visita senologica ed ecografia mammaria all’età di 30 anni (per fotografare con un accertamento strumentale la situazione delle mammelle) e alla prima mammografia bilaterale all’età di 40 anni ogni uno o due anni, a seconda del consiglio del medico. Con questi esami la donna si reca dal medico di famiglia, dal ginecologo, per leggere insieme il referto e valutare se proseguire con ulteriori accertamenti senologici quale visita clinica o altro.
Ci si aspetta una sensibilizzazione ed un coinvolgimento della popolazione femminile per condividere un percorso di prevenzione, diagnosi precoce ed eventuali processi di cura meno invasivi, in appoggio ai programmi di screening in essere, con lo scopo di ridurre la mortalità, la morbilità, preservare la fertilità e ridurre i costi sociali e sanitari determinati dalle costose terapie antitumorali e in termini di invalidità civile.