di Emanuela Carniglia
La scorsa settimana, la Città di Tortona ha celebrato il suo patrono San Marziano e in quell’occasione, come ogni anno, il Vescovo, Vittorio Francesco Viola, ha letto il suo messaggio alla Città che, come prevedibile, ha richiamato l’attenzione sull’appuntamento elettorale del prossimo maggio.
“San Marziano, fondatore della Chiesa tortonese, ci offre ancora una volta l’occasione di riflettere sulla nostra Città, quest’anno in un momento significativo della sua vita: come in molte comunità della Diocesi [ndr. Novi Ligure, come centro zona, oltre a numerosi piccoli comuni del tortonese, novese e vogherese], saremo chiamati nel prossimo mese di maggio ad eleggere i nostri amministratori. Certo non intendo in alcun modo esprimere con questi miei pensieri né un mio personale orientamento né – tanto meno – quello della comunità ecclesiale: ogni cristiano valuterà persone e programmi alla luce del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa. Sento, invece, il dovere, come cittadino e come vescovo, di offrire il mio piccolo contributo ad una riflessione che ritengo dovrebbe precedere, per il bene della nostra Città, ogni legittima distinzione in schieramenti – ha detto il Vescovo”.
“Di che cosa ha bisogno Tortona? – si è chiesto Vittorio Viola – Se riuscissimo tutti insieme a farci questa semplice domanda, senza altra preoccupazione se non quella del bene comune, avremmo certamente raggiunto un obiettivo alto del nostro vivere in comunità. Per fare questo dovremmo anzitutto disintossicarci (nei pensieri, nei sentimenti e nelle parole) dal veleno del conflitto, che sembra essere diventato la più diffusa modalità di relazione. Dobbiamo ricordarci che visuali diverse sulla stessa realtà permettono di descriverla in un quadro più completo; che la capacità di ascolto e il rispetto dell’altro è garanzia di oggettività; che la ricerca di ideali condivisi non mortifica ma valorizza le differenze. Contrariamente da come il mondo vorrebbe farci credere, questi atteggiamenti sono segnali di forza e non di debolezza. Non abbiamo bisogno di una campagna elettorale che sia la riproduzione locale di una politica nazionale che pare aver fatto dello scontro urlato la sua attività preferita. La forza delle idee si misura nell’intelligenza del confronto e non nella violenza dello scontro. Comporre l’elenco dei bisogni della nostra Città sarebbe relativamente facile: basterebbe chiedere a tutti i tortonesi di indicare in una sola parola ciò che ritengono prioritario. Non presumo di poter conoscere l’ordine delle preferenze ma non occorre essere profeti per sapere che non mancherebbero nell’elenco questioni riguardanti l’economia e il lavoro, la salute e la dignità della persona, la famiglia e la scuola, le povertà e le risorse, l’urbanistica e la casa, la sicurezza e l’ambiente, la cultura e lo sport. Vale a dire: ogni aspetto della nostra vita e della nostra convivenza. E non può che essere così: sono tutte questioni che ogni giorno dobbiamo affrontare e che segnano, a volte in modo drammatico, la qualità dell’esistenza e delle relazioni. Un programma politico non può essere solo un elenco di bisogni, trasformato in intenzioni e spacciato come promesse. Un programma politico è anzitutto una visione della vita e del mondo”.
Il Vescovo ha ancora proseguito “Non saremo capaci di rispondere ai bisogni locali senza assumere un punto di vista più ampio che ci permetta di comprendere come intervenire. Dobbiamo trovare un nuovo paradigma d’azione che non può essere surrogato da protocolli, burocrazie e algoritmi ai quali delegare la soluzione dei nostri problemi. Di questo anche la nostra Città ha bisogno. Non ho ricette e non mi competono risposte tecniche. Provo solo a suggerire dei presupposti che rendano possibile scelte eticamente orientate. L’esperienza umana che può offrire un nuovo paradigma d’azione è quella del dono. Se noi vivessimo il dono come rapporto sociale prevalente, molte dimensioni del nostro vivere in comunità verrebbero profondamente ripensate. A cominciare dalla dimensione economica. Prima delle leggi dello Stato e prima dei rapporti economici regolati dal mercato, la gratuità del dono crea relazioni sociali, mette in circolazione i beni, libera dai mali divisivi dell’invidia e dell’avarizia, apre alla creatività della speranza. Non si tratta di elevare l’assistenzialismo a sistema. Uno Stato assistenziale tradisce il suo compito venendo meno al principio di sussidiarietà secondo il quale deve sostenere i corpi intermedi coordinando le azioni con quella delle altre componenti sociali, in vista del bene comune”.
In conclusione, ha voluto ricordare “a me e a voi – io stesso ho molto da imparare, anche se in altro ambito, da queste parole – il decalogo del buon politico che Don Sturzo scrisse su Popolo e Libertà il 4 novembre 1948: 1) È prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che hai promesso; 2) Se ami troppo il denaro, non fare attività politica; 3) Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico; 4) Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà; 5) Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori; 6) È più facile dal No arrivare al Sì che dal Sì retrocedere al No. Spesso il No è più utile del Sì; 7) La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai; 8) Dei tuoi collaboratori al governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti; 9) Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti, che possono sfuggire agli uomini; 10) Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico”.
“Auguro alla nostra Città un tempo di sincero confronto – ha detto, infine, il Vescovo -. Insieme: Amministrazione, Istituzioni, Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona, Partiti, Associazioni, Imprese, singoli cittadini e comunità cristiana”.