Che abbia un particolare feeling con il sindaco è innegabile: nel corso dell’intervista riceve due chiamate da Rita Rossa, su questioni legate ad emergenze, è proprio il caso di dirlo, “di giornata”. Nel senso che ogni giorno, di questi tempi, gli amministratori di Palazzo Rosso si trovano ad affrontare nuovi e vecchi problemi irrisolti, sempre più stringenti. Marica Barrera però, neo assessore a Sviluppo Economico e Qualità urbana (quindi dal commercio ai lavori pubblici, e altro), non è per nulla spaventata dal nuovo ruolo, anche se riconosce “come capogruppo in consiglio comunale già lavoravo tanto, ma qualche spazio per i miei figli riuscivo a ritagliarlo. Ora comincio la mattina presto, e finisco che è buio: ma come si fa a tirarsi indietro, con tutto quel che c’è da fare?”. Proviamo allora a farci raccontare quali sono le priorità sul suo tavolo di amministratore pubblico, e come immagina Alessandria fra quattro anni, alla fine del mandato della giunta Rossa.
Assessore, alla fine il posto in giunta è arrivato, ma non alla Cultura….
Detta così, sembra che io ci tenessi particolarmente, per ambizione. Le assicuro, non è così: l’esperienza di capogruppo in consiglio è molto gratificante, e anche un po’ meno impegnativa. D’altra parte, però, quando un anno fa ho deciso di metterci la faccia, e di schierarmi con convinzione al fianco di Rita Rossa in campagna elettorale, ho messo in conto che si sarebbe potuti arrivare ad un coinvolgimento full time. Ed eccoci qua. Non ho neanche ancora un ufficio, ma poco male. Il primo mese l’ho passato quasi tutto in giro, a fare incontri e riunioni con associazioni di categoria, sindacati e rappresentanti delle tante realtà cittadine che si interfacciano con le mie deleghe.
Impressione dopo il primo giro d’orizzonte? Alessandria è rassegnata, o ci crede ad un rilancio?
(sorride, e ci pensa un attimo, ndr) Non le nego che, fin da quando ero ragazza, ho sempre percepito ad Alessandria, che pure è la città che amo e sento mia, più scetticismo che entusiasmo. Il gusto di criticare, più che di fare. Paradossalmente, però, la situazione oggettivamente difficilissima in cui ci troviamo mi pare stia risvegliando l’entusiasmo e la voglia di reagire di una parte importante della città. A partire dai dipendenti del comune, tra cui ci sono professionalità eccellenti.
Attenzione però a non essere troppo autoreferenziali. L’equazione Alessandria uguale dipendenti parastatali è un po’ limitativa….
Lo so bene, tant’è che parlo di reazione dell’intera città. Soprattutto sul fronte delle deleghe al lavoro, sto incontrando realtà vivacissime, come Lab 121 o la Casa di Quartiere, che credo rappresentino una grande potenzialità per i giovani che hanno voglia di fare, ma anche per tante persone più avanti negli anni, che hanno voglia o necessità di ripartire. Ma penso anche al commercio cittadino: che senz’altro attraversa una fase molto critica, ma dove non mancano certo i progetti, e la voglia di superare le difficoltà dettate dalla crisi generale.
Ma il comune che può fare davvero sul fronte lavoro e occupazione? Assumere no di certo…
Beh, quello direi proprio di no. Ma possiamo e dobbiamo, come istituzione, creare le condizioni perché un nuovo sviluppo, reale, ci possa davvero essere. Ragionando certamente anche in un’ottica di territorio più vasto dei confini del solo comune, e facendo in modo che Alessandria possa essere attrattiva, sia per chi vuole aprire un’attività, sia per i consumatori che sono alla ricerca di beni e servizi. E questo, naturalmente, confina con un’altra delle mie deleghe, che è quella della qualità urbana. Le faccio un esempio: il palazzo fatiscente di corso Roma, citato anche da Manuela Ulandi di Confesercenti nell’intervista che avete pubblicato ieri. In questi giorni mi sono attivata: so che quell’immobile è di proprietà dell’Inps, ed è mia intenzione capire cosa intendono farne. Valutando anche la possibilità che lo diano in comodato al comune, ad esempio: perché non pensare di creare lì, in pieno centro, una sorta di centro servizi, con l’opportunità di avere una sede per nuove imprese e attività che si insediano in città? La sfida è riuscire ad accelerare i tempi della burocrazia.
Lei ha fatto cenno ai commercianti. Categoria che lancia l’allarme da tempo, ed è assai scontenta: parcheggi, ztl, grande distribuzione sempre più aggressiva: da dove cominciare, per ridare fiato al commercio cittadino?
Dall’ascolto, non ho dubbi. E dalla capacità di fornire risposte immediate. Valutando anche come si comportano realtà simili a noi, per copiare se serve modelli positivi. Personalmente sono da sempre sostenitrice del commercio tradizionale, e oltre alla grande distribuzione confesso che anche il moltiplicarsi di negozi in franchising, con marchi che nulla hanno a che fare con il territorio e le sue tradizioni, non mi entusiasma. Ma chiaramente noi come assessorato dobbiamo garantire un quadro normativo chiaro, regole certe, e nessuna discriminazione. Il resto poi sconfina in un discorso culturale, e di qualità urbana appunto: perché tante persone preferiscono trascorre una giornata festiva in un centro commerciale (attorno alla città o altrove, non importa), anziché vivere il centro storico? Per tante ragioni, di abitudine ma anche di offerta di eventi, iniziative, appuntamenti. Se vogliamo che gli alessandrini (ma anche chi arriva da fuori) vivano Alessandria, dobbiamo renderla attrattiva, a partire dal centro storico.
Un esempio concreto di cosa e come fare, considerato anche che il comune ha le casse vuote?
Una strada è certamente il Pisu, che se ben utilizzato può essere una bella leva di crescita per una parte significativa della città. Lo dice una che, anni fa, assistette in diretta, e per puro caso, all’abbattimento del ponte Cittadella: e mi parve uno scempio, per ciò che quella struttura rappresentava per la città. Oggi però qui siamo: e quelle importanti risorse (in gran parti regionali e dell’Unione Europea) possono consentirci non solo di costruire un ponte che potrà anche rappresentare un’attrattiva in sé, ma di rilanciare (in termini urbanistici, di parcheggi, di commercio ecc) tutta l’area di Borgo Rovereto. Tempo un paio d’anni, e mi auguro che i risultati si vedano davvero.
Assessore, lei ha fra le deleghe anche i lavori pubblici: parliamo di strade a buchi?
E’ un disastro, lo so bene. Dopo anni di totale abbandono, abbiamo stanziato quel che si poteva, ossia 300 mila euro. So che è pochissimo, in rapporto alle esigenze reali. Ma almeno siamo partiti: e abbiamo anche rimesso in funzione un secondo mezzo per l’asfaltatura, mentre fino a poco tempo fa ne veniva utilizzato uno solo. Stiamo lavorando sulle arterie cittadine principali: e siamo dovuti intervenire anche in strade come via Modena, che erano state rifatte completamente due anni fa. So che la situazione delle periferie è ancora peggiore, e assicuro agli alessandrini che prendiamo nota quotidianamente delle segnalazioni che arrivano al telefono, via e-mail o di persona. Via via, cercheremo di intervenire ovunque.
Assessore Barrera, come si immagina Alessandria nel 2017, alla fine del mandato dell’attuale giunta?
Credo che, se riusciamo a “scollinare” questo momento davvero terribile, e ad imboccare una strada di reale risanamento, ma senza perdere di vista la necessità di sviluppo della città, la situazione possa migliorare parecchio. Però dobbiamo volerlo tutti insieme, mettendo da parte prese di posizione preconcette. Per Alessandria è davvero il momento di fare squadra, e di scommettere sul futuro.
Ettore Grassano