Alessandria, Novi Ligure e l’acqua bene comune. O forse non troppo comune? [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

Acqua, bene comune. Ma anche fonte, è il caso di dirlo, di business (il mercato nazionale dell’acqua minerale in bottiglia vale circa dieci miliardi di euro all’anno) e terreno di interesse e scontro della politica. Le future riorganizzazioni del servizio idrico a livello provinciale potranno apparire tecnicamente poco chiare agli occhi dei cittadini, però sono sicuramente destinate a determinare ricadute su amministrazioni locali e tasche degli utenti, rispetto agli effetti sulle tariffe. Ma cosa sta per accadere?

Nei giorni scorsi un articolato comunicato diffuso dal gruppo Amag di Alessandria ha riassunto lo stato dell’arte e tratteggiato gli scenari futuri. «Entro il 2021 – ha spiegato a un certo punto Mauro Bressan, amministratore delegato di Amag – diventerà operativa la società consortile costituita da Amag reti idriche (una sessantina di Comuni gestiti per circa 150.000 abitanti) e Gestione acqua (sede legale a Cassano Spinola e direzione generale a Novi Ligure, gestisce il servizio idrico integrato in 67 Comuni all’interno dell’Autorità d’Ambito 6). Significherà arrivare, all’interno dell’ente di governo d’Ambito territoriale ottimale Egato 6 (presieduto dal presidente della Provincia di Alessandria, Lorenzo Baldi), a un unico gestore che avrà il compito di erogare il servizio, gestire la tariffa e coordinare tutti gli investimenti. Stiamo parlando di circa 210 milioni di euro da qui al 2034, per arrivare ad un unico ‘sistema di rete’, moderno ed efficiente, capace di ‘modulare’ sia la distribuzione che il ‘recupero’ dell’acqua, e anche di interagire con l’esterno, regolando gli interscambi con altri soggetti operativi in Piemonte».

L’obiettivo è dare una nuova organizzazione e gestione agli acquedotti, ridurre sprechi, favorire economie di scala, superare i localismi e le gestioni municipali che arrancano a causa della mancanza di risorse. «Oggi – sono ancora parole di Bressan – esiste un sistema di condutture estremamente disomogeneo, non per colpa di qualcuno, ma perché il sistema di gestione territoriale tramite ‘municipalizzate’ ha fatto sì che ognuno abbia sempre guardato soltanto al proprio piccolo particolare interesse del momento, senza una visione unitaria, e di prospettiva. Siamo, sul fronte della distribuzione dell’acqua, al punto in cui era il sistema viario italiano negli anni Cinquanta: con tante strade locali, spesso disomogenee, spesso mal o per nulla collegate fra loro. Si tratta di progettare e realizzare un vero e proprio sistema autostradale: le autostrade dell’acqua».

Come farlo? Entro il 2021 dovrebbe nascere una nuova società consortile che opererebbe in maniera unificata nell’Ambito, occupandosi degli investimenti, dei servizi e fissando le tariffe. Verrà quindi costituito un gestore unico, superando gli attuali? È qui che si entra invece in un terreno non propriamente solido. Benché il quadro non sia ancora definito, c’è chi dice che Amag reti idriche e Gestione acqua potrebbero non essere dismesse e che la nuova società sarebbe una sorta di entità superiore. Con quale ruolo, competenze, risorse? Questo non è dato sapere, così come non sono chiari i tempi. Se sono trascorsi molti anni da quando è stato delineato per la prima volta questo scenario, pare che ora (complici le elezioni amministrative di Tortona e Novi Ligure?) sia maturato un irrefrenabile desiderio di bruciare i tempi, in particolare sul fronte novese. Motivi tecnici legati a scadenze normative? Conteggi relativi ai parametri dei consumi che dovrebbero essere uno degli elementi per stabilire chi pesa di più nella società? Non si sa. Certo che se è Novi a premere di più sull’acceleratore, allora vuole dire che c’è un maggiore interesse. A discapito di chi? Ad Alessandria, che potrebbe, secondo qualcuno, finire in minoranza nella nuova società?

C’è poi sempre un dare e avere, in contabilità come in politica. Se un’operazione di questa portata dovesse andare in porto con queste modalità, chi guadagnerebbe di più sarebbe Novi Ligure. E quale premio di consolazione, allora, per Alessandria? Una presidenza non si nega a nessuno ed ecco che nella futura società a guida novese potrebbe trovare posto un alessandrino che magari finora ha ricoperto un ruolo importante nel gruppo alessandrino. Piccolo particolare della vicenda ‘acqua’: tutto starebbe avvenendo in casa Pd. Sfida interna vera o solo di facciata? Chissà. Magari nelle prossime settimane ci saranno novità.

M5S: "Chiamparino e PD non hanno nessuna intenzione di tutelare le falde acquifere" CorriereAl

Dal locale al nazionale. Perché l’acqua è al centro di un’altra operazione, questa volta parlamentare. Esiste una proposta di legge, numero 52, denominata ‘proposta di legge Daga’ dal nome dell’onorevole Federica Daga (M5S), prima firmataria, e intitolata “Disposizioni in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque” che propone di ridisegnare il ciclo integrale delle acque partendo dalla risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu del 28 luglio 2010 che raccomanda a tutti gli Stati di attuare iniziative per garantire a tutti un’acqua potabile di qualità, accessibile, a prezzi economici. Il testo è attualmente all’esame della Commissione Ambiente di Montecitorio e lo scontro politico è fortissimo. Nel 1994 la legge Galli ha introdotto il concetto di servizio idrico integrato (contribuendo a disegnare l’attuale sistema di gestione a livello nazionale), mentre l’obiettivo della proposta di legge, parole di Daga, è che «l’acqua deve uscire dal mercato, è un monopolio naturale, è un diritto universale, noi vogliamo gestirla fuori dalle logiche di mercato senza far profitto ma reinvestendo ogni centesimo delle bollette pagate dagli utenti negli investimenti necessari sulle reti». Giudizio invece contrario da parte degli operatori del settore («Viene ignorata l’effettiva realtà del settore e dei problemi concreti») che parlano di misure che «avrebbero impatti negativi sull’ambiente, aumenterebbero le disparità tra i territori e finirebbero anche per aumentare i costi per i cittadini. Non solo si ridurrebbero le economie di scala e si avrebbe una minore efficienza delle gestioni, ma si rischierebbe di continuare a pagare le sanzioni per l’inadempienza verso l’Unione europea nella depurazione».

Tutto questo con quali risorse? Pronta la risposta della parlamentare: «Noi in legge di bilancio abbiamo destinato un miliardo in dieci anni, quindi sono 100 milioni l’anno, per il piano invasi e acquedotti. A questo piano accedono anche quei gestori che magari hanno necessità di fare dei lavori che costano un po’ più del solito o dovevano essere fatti negli anni passati. Quindi se non vuoi aumentare troppo la tariffa, se ci sono dei lavori, vai ad accedere a quel fondo». A parte il fatto che i numeri forniti dai membri della maggioranza governativa sono spesso troppo ‘ballerini’, non bisogna dimenticare il bilancio che viene tracciato dalla Federazione nazionale delle imprese di acqua, energia, ambiente (Utilitalia) che stima in almeno cinque miliardi all’anno gli investimenti necessari per «una rigenerazione, riparazione e manutenzione della rete e per opere ormai necessarie».