Ci siamo già espresse sulla scelta del presidente del Consiglio Comunale e dei capigruppo si spostare la discussione sulla mozione Locci-Trifoglio in Commissione Politiche Sociali. Abbiamo scelto di non prendere parte all’incontro perché temevamo che si sarebbe rapidamente trasformato in una farsa e che avesse come solo obiettivo quello di sostituire la partecipazione popolare – grazie a cui centinaia e centinaia di cittadine/i si sono mobilitate nelle scorse settimane per opporsi alla mozione – con la “burocrazia in ascolto”, che prende nota delle diverse opinioni per poi continuare la sua strada indisturbata.
Che possiamo dire, siamo state troppo ottimiste…la commissione non si è limitata ad essere lo spazio per un confronto falso e strumentale, ma è stata teatro di veri e propri deliri collettivi.
Prima di tutto le associazioni che hanno partecipato: ad esclusione di alcune realtà attive e radicate che si sono dichiarate fermamente contrarie alla mozione, la maggior parte dei presenti ha apertamente sostenuto la proposta di Locci e Trifoglio.
Queste realtà, per lo più composte da 4 gatti e rappresentate, durante la discussione, rigorosamente da uomini, hanno espresso con passione la propria aperta contrarietà alla L.194, definendo gli aborti omicidi di stato e accusando la legge di aver causato milioni di morti dal 1978 ad oggi. Il merito si queste associazioni è stato se non altro quello di calare il velo con cui fino a questo momento Locci e Trifoglio hanno cercato di nascondere il significato della loro mozione. Ci sarà un motivo insomma se chi la sostiene sono le associazioni pro life da sempre schierate contro il diritto all’aborto e la libera scelta delle donne? E forse quel motivo ha proprio a che fare con il fatto che la mozione non solo difende le loro posizioni, ma finanzierebbe le loro casse ampliando le loro possibilità di intervento, ad esempio, negli ospedali pubblici e nei consultori?
Mentre bigotti incattiviti si alternavano sul podio dei difensori della vita, la discussione partitica prendeva – come forse era prevedibile – una piega preoccupante, rischiando di slittare dal piano politico a quello amministrativo: hanno iniziato ad aleggiare domande come “dove prenderete i soldi?”, “come verranno distribuiti?” e “chi se ne occuperà?”. Domande che spostano il nodo del problema, rendendo il dibattito più a misura degli addetti ai lavori che delle/i cittadine/i che difendono un diritto.
Il problema resta nel merito di quanto scritto in quella mozione, che costituisce in tutto e per tutto un tentativo di depotenziare e minare le fondamenta stesse della legge 194, mettendo in discussione gli spazi di autodeterminazione e libera scelta delle donne.
Migliaia di donne in questa città scelgono di avere figli e si trovano poi ad affrontare difficoltà di natura economica per crescerli e mantenerli, un comune che difende la vita dovrebbe partire da questi bambini, non da quelli che neanche esistono. Fingere di non voler attaccare il diritto all’aborto ma di voler garantire a tutte le stesse possibilità sostenendo nella stessa frase (così i giornali virgolettano le parole di Locci) che la vita inizia dal momento del concepimento e che il dibattito deve essere affrontato in modo laico (!!) ha qualcosa di decisamente poco credibile o addirittura schizofrenico.
Per farla breve, la nostra posizione rimane sempre la stessa. La mozione va ritirata, punto e basta. La partecipazione alla fiaccolata e ai consigli comunali del 14 e del 19 Novembre ha dimostrato cosa sia davvero la democrazia dal basso, un desiderio di esprimersi, partecipare e cambiare le cose che non si può rinchiudere in una commissione consiliare e oggi più di ieri le donne di questa città hanno preso consapevolezza della propria forza e della propria capacità di attivarsi e incidere sulla realtà.
Ci si vede al prossimo consiglio comunale in cui questa delirante nostalgia medievale verrà riproposta…e non per gioco o per celodurismo, ma perché vediamo i nostri diritti messi ogni giorno in discussione e non lasceremo che anche su questo si facciano altri passi indietro.
Non Una di Meno Alessandria