di Enrico Sozzetti
Doppia chiave di lettura per la vicenda Pernigotti dopo l’incontro tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il vicepresidente e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio e la proprietà turca del gruppo Toksoz. Infatti in una nota diffusa da Palazzo Chigi, ieri sera, si leggeva che “l’azienda ha accolto le richieste del governo italiano di sospendere la procedura, seppure temporaneamente, fino al 31 dicembre 2018, per poter lavorare sulla reindustrializzazione del sito produttivo di Novi Ligure, attraverso la nomina di un soggetto terzo che verifichi, analizzi e valuti le opportunità produttive. L’azienda farà richiesta di cassa integrazione con causale di reindustrializzazione al fine di garantire l’ammortizzatore sociale ai propri dipendenti e permettere la reindustrializzazione del sito produttivo e delle attività dell’azienda”.
A distanza di alcune ore arriva un comunicato della società dai contenuti un po’ diversi. “Pernigotti ha ribadito che né il marchio, è la società sono, allo stato attuale, in vendita. L’azienda ha confermato la decisione di cessare la conduzione in proprio delle attività produttive presso il sito di Novi Ligure e l’intenzione di terziarizzare in Italia la produzione, preferibilmente individuando partner industriali interessati all’acquisizione o alla gestione degli asset produttivi a Novi Ligure, nel tentativo di ricollocare il maggior numero possibile di lavoratori”.
È per favorire “l’individuazione e l’approfondimento del dialogo con tali partner” che la Pernigotti “ha accolto la richiesta del governo di posticipare il termine relativo alla richiesta di cassa integrazione guadagni straordinari fino al 31 dicembre 2018. Nel corso dell’incontro l’azienda ha inoltre richiesto il supporto del governo affinché favorisca la cessazione del blocco dello stabilimento di Novi Ligure al solo fine di consentire ai soggetti potenzialmente interessati di prendere visione degli asset e formulare proposte concrete di acquisizione del polo industriale o di utilizzo in toto o in parte delle sue linee produttive, nell’esclusivo interesse dei lavoratori stessi e per permettere al personale incaricato dall’azienda di accedere allo stabilimento allo scopo di prelevare scorte di prodotto per la loro commercializzazione”. Parole che, lette con attenzione, farebbero pensare alla volontà di vendere lo stabilimento novese, ma non cedere altro.