Mi addentro nei massimi sistemi.
L’acqua che fa bene, l’acqua che fa male.
Esistono irrigazioni benefiche e piogge feconde così come esistono alluvioni improvvise e assassine.
Da sempre.
Acqua, elemento di nascita e morte, di vittoria e sconfitta, di bianco e nero.
Ho seguito con interesse e un po’ di palpitazione la finale mondiale del volley femminile, Serbia vs Italia.
Da una parte una squadra arcigna, solida, fatta di sguardi che somigliavano più a sguardi di militari che di sportivi, la platea ad applaudire ogni punto. La giocatrice di punta scaltra e fastidiosa come un Bonaparte moderno.
Dall’altra parte una squadra giovane, entusiasta, fatta di sguardi concentrati ma sereni, la platea silenziosamente avversa ad ogni punto. La giocatrice di punta solare e gentile come un angelo nero.
Sono certo che il bene non fosse tutto da una parte ma in questo caso – nell’immaginario che mi sono disegnato – ha prevalso il male, per un soffio ma ha avuto la meglio.
Se questo vuol dire essere tifoso, chiamatemi pure con quest’epiteto.
Personalmente preferisco definirmi idealista.
Del resto – come diceva Nelson Mandela – “un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”.