Incominciai ad appassionarmi alla figura di Don Chisciotte molti anni fa. In un telefilm americano apparivano scene di una commedia musicale dedicata al famoso hidalgo e accompagnate da una melodia incantevole ed incantata: The impossible dream.
Nei primi anni duemila poi al Teatro Lope de Vega di Madrid applaudii commosso l’edizione integrale di The man of la Mancha nella versione spagnola.
Nel 2009 affrontai integralmente l’opera di Cervantes per comprendere meglio cosa mi affascinava delle disavventure di un uomo e di quel suo goffo scudiero. E per quale motivo dato che erano così lontani nel tempo e lontani da me.
La risposta era sotto il mio naso: Don Chisciotte è la rappresentazione del mondo che cambia e degli esseri umani che non cambiano mai.
Gli uomini si dividono in due grandi categorie: quelli che agiscono in funzione di loro stessi e quelli che lo fanno in funzione degli altri.
Don Chisciotte appartiene ai secondi: vive agognando un’umanità perfetta nella quale il bene ha la meglio sul male, idealizza un oste, una donna, combatte i mulini a vento, e tutto ciò gli permette di vivere appieno la vita fino agli ultimi estremi istanti.
In questi giorni Pietro Citati ha scritto e pubblicato un saggio su Don Chisciotte; al riguardo dice che “egli è un vincente poiché chi sogna non perde mai”.
Le vicende politiche italiane di questi ultimi giorni mi hanno fatto ripensare al tema del sogno, non come fuga dalla realtà bensì come interpretazione della stessa.
E questo mi piace.
Perché inseguire un sogno impossibile significa plasmare la realtà a propria immagine e somiglianza.
Il mio Don Chisciotte, mio e di uno splendido gruppo di ragazzi che va sotto il nome di Compagnia Teatrale Miagoli, tornerà in scena sabato 4 maggio al Teatro Govi di Genova Bolzaneto.
Il sogno continua “per veder una stella brillar!”.