Lo stesso Presidente della Repubblica, e gli stessi partiti che sostennero Monti, più forse la Lega Nord. C’è poco da fare: l’Italia non sa andare avanti, è un Paese vecchio e stanco, e peraltro è anche giusto che siano i responsabili del disastro (coloro che, tutti insieme e “consociativi” da almeno vent’anni, ci hanno portati a questo punto) a farsi carico di trovare vie d’uscita. Che saranno, vedrete, estremamente dolorose.
Certo, un mio amico che osserva queste vicende dall’estero mi fa notare che in nessun Paese civile, sia sul fronte della gestione della cosa pubblica che di aziende private, chi ha ottenuto pessimi risultati di gestione in passato (ma ottimi profitti per se stesso) viene riconfermato.
Qui però così funziona, e il volere del popolo, in fondo, basta interpretarlo con leggi elettorale adeguate, e poi “plasmarlo” per cinque lunghi anni. E allora forza: avanti con Amato, la gens trasversale dei Letta (sintesi sublime, a livello famigliare, di come ha sempre funzionato il giochino), Monti e Alfano, magari Fini o Casini, mentre D’Alema mi suona strano che possa esporsi in prima persona tornando agli Esteri: certo che, con personaggi di questo livello nell’esecutivo, chi si risvegliasse dal coma dopo 15 anni, crederebbe di esserci rimasto pochi giorni. Straordinario.
Del resto un governo di cariatidi come quello che si profila all’orizzonte conviene ad entrambi i vincitori di questa fase politica: a Berlusconi, perché otterrà il controllo del ministero della Giustizia e di quello delle Telecomunicazioni. Il resto, per lui, è mancia. E persino a Grillo perché i 5 Stelle, in un simile contesto, da un lato avranno modo di “smaliziarsi” un po’ di più, dall’altro di accrescere ulteriormente, è inevitabile, il proprio consenso popolare.
Nel centro sinistra, il Pd cercherà di riorganizzarsi dopo la “deflagrazione” dei giorni scorsi, anche se, al posto di Renzi (e pure di Civati: forse il più serio e preparato che c’è lì dentro, ma per ora figura più “di nicchia”, meno mattatore del sindaco di Firenze) non sarei così certo che il fattore età sia di per sé sinonimo di vantaggio competitivo. Vedo girare dei cloni di D’Alema e Marini che sulla carta hanno quarant’anni, in realtà parlano come le brutte copie dei mentori, quindi….
Vedremo infine se, dietro l’agitarsi di Vendola e Ferrero, e gli slogan sull’ennesima rifondazione della sinistra italiana, potrà spuntare qualcosa di nuovo. Ad oggi non si vede.
Poi ci sarebbe l’Italia vera, quella delle imprese che chiudono, dei milioni di persone senza lavoro o con un precariato senza futuro. Ma perché mischiare il serio e il ridicolo? Ne parliamo al prossimo giro.