Banche e imprese sulle “montagne russe”. Il loro rapporto sembra generare, da qualche tempo, più incomprensioni e tensioni che percorsi virtuosi, e ispira spesso polemiche “alla moda”. Ma c’è della sostanza, al di là degli stereotipi: perché l’accesso al credito sempre più difficoltoso, e i grandi cambiamenti in corso sul fronte dei pagamenti e degli incassi, rischiano di rendere prossimamente ancora più pesante e difficile il cammino degli imprenditori, anche e soprattutto di casa nostra, nel contesto di crisi che tutti stiamo sperimentando.
AITI è l’Associazione Italiana dei tesorieri d’impresa,e ha tra i propri soci più di 500 manager, consulenti e imprenditori particolarmente attenti alla diffusione della cultura finanziaria all’interno delle imprese. Il che significa, appunto, lavorare in maniera costante e dinamica sul rapporto tra le imprese stesse e il mondo del credito, per fare in modo che le reciproche aspettative ed esigenze trovino un terreno di confronto a livello di tematiche concrete, e nella risoluzione dei problemi.
“Siamo nati ormai 21 anni fa – spiega Carlo Salomone, che di AITI è consigliere e referente per il nord ovest – e fu quasi una scommessa, che certamente a distanza di tempo ci pare di aver vinto. Nel senso che negli ultimi anni, in parallelo con l’esplosione della crisi internazionale, e quindi anche italiana, la figura di chi, all’interno delle imprese, si occupa di finanza, ed è delegato a gestire i rapporti e le relazioni aziendali con il mondo bancario, è diventata sempre più centrale”. Fino a qualche anno fa, insomma, il tesoriere era colui che doveva far “tornare i conti”, semplicemente applicando le regole. Una sorta di super ragioniere. Oggi invece, sempre più, è colui a cui si chiede di individuare soluzioni rapide a problemi complessi: ad esempio trovare le risorse, all’interno delle pieghe del bilancio, per far quadrare i conti, oppure percorrere le strade più efficaci per ridurre al minimo i rischi.
“Il tesoriere d’impresa – sottolinea Salomone – è ormai davvero una figura strategica all’interno di ogni impresa, grande o medio piccola che sia. Ed è un profilo professionale che deve avere una visione complessiva dell’azienda e della sua mission, così come delle dinamiche attraverso cui rapportarsi al mondo del credito. E questo non solo sul fronte della richiesta di finanziamenti, ma anche della gestione e dei meccanismi di funzionamento di pagamenti e incassi. Relativamente pochi imprenditori stanno già affrontando in pratica una vera e propria rivoluzione alle porte, sul fronte Sepa, ossia l’area unica dei pagamenti in euro, in cui, tra il resto, sono di particolare importanza i Rid (rapporto interbancario diretto). Sono temi solo all’apparenza per tecnici, perché in realtà riguardano tutti coloro che fanno impresa e hanno rapporti con il mondo bancario, a prescindere dalle dimensioni dell’azienda”.
Per far crescere la “sensibilità” e l’attenzione su queste tematiche, AITI persegue da anni la strada, nei diversi territori, degli incontri di informazione e dibattito, organizzati spesso in collaborazione con le associazioni imprenditoriali di categoria. “In provincia di Alessandria – spiega Salomone – abbiamo organizzato negli ultimi anni, in sinergia con Confindustria Alessandria, e su proposta del nostro socio alessandrino Augusto Gemma, 4 incontri di grande impatto e rilievo, su temi come le nuove regole nel meccanismo dei pagamenti, il trade finance e la fatturazione elettronica, che hanno riscontrato vasta partecipazione, interesse, richieste di approfondimento. Altri ne abbiamo in cantiere, su SEPA e sui fondi pensione, per cercare di fare chiarezza non solo su difficoltà e regole, ma anche su opportunità che spesso l’imprenditore, per mancanza di informazioni chiare, tende a trascurare”.
Proprio Augusto Gemma, imprenditore alessandrino, titolare di un’impresa di successo e fortemente “vocata” all’export come la Ida, specializzata nella disidratazione di vegetali utilizzati come ingredienti dall’industria alimentare, sottolinea una delle maggiori “criticità” nel rapporto tra banche e imprese, che è quello della trasparenza nella gestione dei “conti”: “Un mio caro amico, che ha lavorato a lungo ai vertici di grandi istituzioni finanziarie internazionali, mi ha detto che un imprenditore può ricavare più profitto dal controllo quotidiano del suo estratto conto, che non da tante altre attività. E non ha tutti i torti: certo, ci vogliono competenze che non sempre l’imprenditore possiede, ma se si “spulciano” con attenzione le operazioni quotidiane, si scoprono frequenti errori, non so naturalmente se dovuti a disattenzioni degli operatori, o a interpretazioni delle normative, e conseguenti impostazioni dei software delle banche. Sta di fatto che occorre attentamente controllare le possibili anomalie, che non infrequentemente sono a svantaggio dell’imprenditore”.
L’altro aspetto di grande rilievo, soprattutto di questi tempi, è quello dell’accesso al credito. E anche qui Gemma dice la sua, con idee chiare: “onestamente la mia azienda è sufficientemente capitalizzata, e al momento opera con i mezzi propri, per cui non faccio testo. Però, se è vero che l’accesso al credito si è fatto davvero difficile, va anche detto che alcuni imprenditori talvolta non sono al riguardo sufficientemente preparati, e quindi occorre che le loro associazioni di categoria li aiutino più di quanto già ora fanno. Intendo dire che le banche, che non sono enti di beneficenza, hanno comunque un loro business da perseguire: per cui per farsi prestare dei soldi, ovviamente, bisogna presentare progetti credibili, e dare adeguate garanzie. E’ vero che, in questi anni di crisi, le regole si sono fatte più rigorose, per cui gli istituti di credito, prima di aprire i cordoni della borsa, effettuano così tanti controlli e verifiche che spesso rischiano di ritardare la partenza di buoni progetti con un business plan adeguato”.
Ettore Grassano