“Sovranisti”? ma che vuol dire sovranità? Diritto a portare le “pezze al culo”? E’ impressionante la volontà che viene manifestata dalle grandi masse di aderenti ai social della comunicazione digitale, più ancora che dalle organizzazioni politiche sedenti al Parlamento italiano, di rivendicare il diritto alla sovranità nazionale, che, se con capisco male, dovrebbe essere il diritto alla libera e diretta responsabilità delle nostre decisioni in maniera autonoma, senza l’influenza (o forse anche il ricatto) da parte delle entità sovranazionali che governano l’economia, vere o presunti tali (le lobbies finanziarie massoniche europee, che secondo molti sono al servizio di volta in volta della Germania, dell’America, del Vaticano o semplicemente di quella mente perversa che risponde al nome del magnate ungherese Soros che agirebbe in combutta con l’eterna diabolica cricca ebraica, solo scalfita da quel buonuomo con i baffetti che a suo tempo ce l’ha messa tutta per liberarci da essa senza però poter portare a termine la sua santa missione.
Quanta gente apparentemente “perbene” sento dal pulpito dei social-media inneggiare al sovranismo, manifestando nel contempo un rancoroso spirito di vendetta contro chi invece cerca di richiamarli alla ragione, facendo presente che per poter andare a Bruxelles a picchiare i pugni sul tavolo bisogna prima sapere quali argomenti portare a difesa dei nostri diritti nazionali, quali impegni siamo disposti a sottoscrivere per risalire la china della nostra disastrosa situazione, della quale solo noi siamo stati la causa e l’origine nel tempo.
Sì, perché sarebbe stato meglio chiederci allora se il cosiddetto “popolo sovrano” era consapevole delle conseguenze delle scelte legislative adottate per sprecare tanto denaro pubblico in una specie di lotteria da paese dei balocchi. Cosa che adesso è evidente davanti agli occhi di tutti senza provare un minimo di vergogna nel leggere che, tanto per fare un esempio, la sola Regione autonoma siciliana dichiara ben 52 miliardi di euro di tasse non riscosse nel tempo dai suoi cittadini mentre il miserello ministro italiano dell’economia Giancarlo Padoan era costretto ad andare in Europa a pietire indulgenza per un modesto sconfinamento di 3 o 4 miliardi dal budget concordato in bilancio.
Dovremmo renderci conto che non è minacciando di mettere in campo i nostri un tempo famosi otto milioni baionette, che qualcuno sogna ancora di avere in magazzeno, possiamo convincere i nostri partner-rivali europei a darci una mano ovvero ad avere pazienza nei riguardi del nostro sontuoso debito pubblico limitandosi a riscuotere modesti interessi senza chiederci il rientro immediato di tutto il malloppone.
Ieri è suonata per noi una campana stonata che molti non hanno ascoltato o voluto ascoltare: quella che ha riferito della risalita del tasso a breve sui prestiti del nostro debito pubblico nazionale, che per la prima volta nella storia pare abbia superato quello applicato al debito pubblico della Grecia. In parole povere rischiamo di dover pagare di più dei greci, che pensavamo fossero quelli in Europa veramente con le “pezze al culo” !
Noi stiamo ancora illudendoci di paroloni come “pace fiscale”, come se non sapessimo che coloro che hanno imparato anche con l’aiuto di fiscalisti volponi ad evadere le tasse non possono rassegnarsi bonariamente a mettersi in regola con la famosa flat- tax. Vogliamo far finta di credere che i pochi insolventi per casi di vera necessità (mancata riscossione dei crediti o altro) possano essere accomunati ai veri evasori che invece continueranno a farsene un baffo delle leggi, ben sapendo da quale pulpito viene la predica.
In ogni caso pensare che con gli euro risparmiati dalle tasse molti fra i ricchi o presunti tali si lancino ad investire nell’economia del nostro paese pensando al bene comune, o ad assumere nuovi dipendenti in regola, mi pare quanto meno improbabile.
Secondo me penseranno a comperare una macchina più grossa e costosa (magari tedesca, così Anghela la culona riderà ancora di più di noi italiani) ed il malloppo più grosso andrà ad ingrossare il conto cifrato alle isole Cayman o a Cipro o in Lussemburgo, alla faccia degli italiani che hanno il conto alla Posta e che intanto tireranno la carretta in attesa della pensione dopo la rottamazione della legge Fornero.
Possiamo soltanto, secondo me, sperare in due santi ai quali indirizzare i nostri voti: uno è san Tito Boeri, il presidente in carica dell’INPS, che dopo i decenni di gestione congiunta sindacati-Mastrapasqua, ha finalmente strappato i veli del tempio e detto la verità delle cose, mentre l’ altro è san Mario Draghi che ci ha tenuto una mano sulla testa con il denaro della Banca Europea, pompando euro a piene mani a sostegno del nostro, come dell’altrui, fabbisogno statale in sede Unione Monetaria. Ma l’autorizzazione a pompare euro scade alla fine dell’anno e se si seccano i circuiti saranno dolori per noi.
Quando venisse meno l’aiuto di Draghi non ci resterebbe che la soluzione argentina.
Avete letto dai giornali cosa sta succedendo a Buenos Aires? L’economia di un paese potenzialmente ricco e che produce materie prime in quantità molto più grande dell’Italia è vicina nuovamente al collasso. L’inflazione dichiarata dal governo è al 17% ma quella reale punta diritto al 30% annuo, mentre i tassi delle banche si stanno avvicinando a livelli insostenibili per le imprese ed i privati che hanno necessità di fare investimenti.
In un quadro del genere il governo argentino non ha trovato di meglio che rivolgersi ancora una volta agli odiati strozzini del Fondo Monetario Mondiale, che avrebbero reso disponibile in un sol colpo un prestito straordinario di ben 50 miliardi di dollari, a tasso di certo superiore a quello che paga l’Italia in euro. Faccio fatica a capire i fratelli sovranisti argentini che di solito si scagliano contro la finanza occidentale, gli yankee americani, la City londinese, eccetera. Non potevano rivolgersi a Putin, o ai cinesi che hanno surplus giganteschi in Africa, agli arabi che hanno i fondi sovrani alla borsa di Londra, di Zurigo o di Singapore?
Oppure non potevano chiedere consiglio a Salvini e di Maio che stanno sicuramente studiando la maniera di non pagare i vecchi debiti e magari farci dare ancora qualche miliardo di euro di buona e sonante moneta per le nostre spesucce, a tassi del 2% o poco più? Sempre che non ci venga la tentazione di tirar fuori le baionette davanti alla Merkel.
Al tempo delle baionette c’era un uomo solo al comando e le brutte notizie le dava solo dal balcone, mentre adesso sono in tanti a parlare a nome del “popolo sovrano” e quei pochi che si azzardano a metterci in guardia dalle fanfaronate sono derisi e zittiti sulla galassia dei social-media, in mano ormai ad una canea di imbecilli che autocelebrano le loro pulsioni da tifoseria da stadio.
Ho paura che siamo noi che pensiamo di imparare qualcosa dagli argentini e non viceversa e quando ho visto in televisione tirare fuori le banconote alternative all’euro da far circolare in Italia come mini-BOT, non ho potuto fare a meno di pensare al confronto già visto in Argentina nel 2002-2004 con il fantasma dei “patacones” colorati. Quella era valuta fasulla elargita ad un popolo affamato, per poter continuare a campare, ma ha avuto un esito fallimentare. Vogliamo copiare queste scemenze?
Luigi Timo – Castelceriolo