Già lo scrissi, durante gli spettrali anni di piombo si trascorrevano tante serate all’insegna del mistero. Sedute spiritiche, qualche bilocazione, collegamenti telepatici, roba da mandare in soffitta il mago Casanova.
La realtà era che circolavano dei soggetti ipersensibili che bastava guardarli in faccia e dir loro “A me gli occhi!” che cadevano non soltanto in deliquio, ma cadevano proprio lunghi e distesi. Okay, la faccio semplice giusto per capirci, ma un amico indimenticabile che si chiamava Bruno (in tanti capirete di chi parlo) era in assoluto il più dotato a livello “sensitivo” e le serate ipnotiche con lui erano un vero spasso. Quando gli si faceva compiere la regressione di età – al soggetto ipnotizzato viene detto “Adesso hai 4 anni e comportati di conseguenza”, le sue esibizioni diventavano irresistibili. Parlava con voce da infante con la lingua penzoloni, scalciava, sbraitava e frignava all’urlo di “Voglio la mamma!”. Più d’una volta chiunque fu sfiorato dal sospetto che Bruno in realtà fosse in realtà un grande attore. Ma alla verifica i dubbi venivano drasticamente fugati. Perché in ipnosi esiste una controprova infallibile che si chiama “suggestione post-ipnotica” che consiste in breve nel riportare di colpo il soggetto appena svegliato in condizione di trance e fargli vivere da sveglio una situazione paradossale e inconfutabile sul piano fenomenico.
Una sera a Bruno sotto ipnosi fu detto che da lì a poco sarebbe stato svegliato e che, udita una determinata parola, avrebbe visto apparire sulla sedia accanto niente meno che Laura Antonelli in baby doll. Beh, la povera Laura, splendida creatura non proprio baciata dalla fortuna nell’ultima parte della sua vita, era l’incubo erotico dei maschietti dell’epoca. E insomma, noi bastardi dentro, ci aspettavamo un Bruno così turbato da suggerirgli di invitare a ballare la procace interprete di Malizia con sottofondo l’inesistente suono di Je t’aime moi non plus. La ciliegina sulla torta del sadico conduttore fu: “Alla fine della canzone sarai preda di un’erezione smisurata che si placherà soltanto quando udrai la parola ‘zampogna‘”.
Tutto procedette da previsto copione. Il fatto era che su quella sedia non si trovava Laura Antonelli, bensì un nostro amico di 100 kg, incidentalmente gay e gestore di un ristorante alla moda. Quando qualcuno chiese a Bruno: “Vuoi un bicchiere d’acqua?” – la parola scatenante era per l’appunto “bicchiere”. – il nostro sgranò due occhi pieni di torbida libidine, a dir poco, e si diresse senza indugi verso “Laura”, ghermendole la mano e trascinandola con virile sicurezza al centro della stanza. Quindi le si abbarbicò addosso, aderendo al suo torrido corpo come un’edera si avviluppa lungo il muro di una casa di campagna. Questo però era soltanto il punto di vista di Bruno perché quel che vedevano noi era un magro e scattante nanerottolo zazzeruto intento ad abbracciare come poteva un omone sudato e ansimante, grosso il doppio di lui, che lo sovrastava come stazza e come pancia. Ma Bruno non restava solo avvinghiato. Tentando di applicare una tecnica collaudata nelle balere di provincia, il piccolo uomo mordicchiava in punta di piedi il lobo di un orecchio del debordante amico che si era prestato al gioco. Peraltro l’amico in questione sembrava in qualche modo apprezzare.
Quando un’altra parola pronunciata da un astante sancì la fine della suggestione post-ipnotica, l’espressione di disgustata meraviglia che si disegnò sul volto di Bruno provocò il contorcimento generale dei presenti che iniziarono a ululare e a sganasciarsi come matti. E meno male che non ci si dimenticò di urlare la parola “zampogna”, altrimenti il nostro amico avrebbe esibito per chissà quanto tempo ancora una tenda canadese all’altezza del pelvi.
Si sente spesso dire in giro da gente di una certa età: “Eh, una volta ci si divertiva con poco”. Insomma, chiamatelo “poco”…