Un gol di Hakan Sukur [Lettera 32]

di Beppe Giuliano

 

 

Anni fa scrissi un racconto, che non riesco più a trovare nel pc (tranquilli, non mi avrebbero dato comunque il Nobel per la letteratura, e non hanno sospeso il premio per permettermi di proseguire le ricerche nell’hard disk). Si chiamava ‘Un gol di Hakan Sukur’.

Il protagonista era un rappresentante di Mortara, con troppo gel nei capelli mossi. Sbruffone durante la giornata, tornava a casa inatteso e la trovava vuota. Sua moglie s’era messa anche le scarpe col tacco alto, quelle rosse, quelle delle serate che s’aspetta finiscano in un certo modo. Era uscita perché pensava lui vedesse la partita insieme agli amici del Milan Club “Pantere” di Vigevano. Rincasando di sicuro gli dirà di essere uscita con le sue amiche, le “Lise” come si chiamano quando sono tutte in branco. Così lui, il protagonista, nell’attesa di far finta di credere al racconto di lei, dopo essersi cotto una frittata che s’è rotta girandola, aveva acceso la tivù, s’era messo al collo la sciarpa rossonera e guardato il derby da solo. Dopo pochi minuti aveva già segnato Hakan Sukur.

In un articolo uscito pochi giorni fa sul New York Times (addirittura!) si racconta quel che fa Hakan Sukur oggi. In California a Palo Alto, una cinquantina di chilometri da San Francisco, il turco è ancora meno noto che tra i tifosi dell’Inter che pure hanno rimosso, credo, quell’unica poco memorabile stagione con il numero 54 sulla schiena, in un anno iniziato con in panchina il signor Lippi e poi Marco Tardelli a succedergli senza grande successo. L’anno in cui, proprio come nel mio racconto, scritto prima che succedesse davvero, Sukur segnò uno dei suoi rari gol nerazzurri in un derby.

L’articolo si intitola: Il famoso calciatore che si nasconde in pubblico in una “bakery” in California.

Il gol contro il Milan, su assist di Seedorf, un po’ assomiglia a un altro gol famoso del centravanti che in carriera è stato grande soprattutto col Galatasaray. Gol segnato per la nazionale della Turchia dopo soli 11 secondi nella finale per il terzo posto (ovviamente migliore risultato internazionale di sempre) dei Mondiali 2002, quelli giocati tra Giappone e Corea, forse l’edizione più insulsa e criticata della manifestazione.

Il Galatasaray è la squadra del quartiere di Galata nel Corno d’Oro che divide la città di Istanbul in due: l’antica Bisanzio-Costantinopoli a Sud, la colonia Genovese di Pera-Galata a Nord. Unica squadra turca a vincere in Europa, una Coppa Uefa con Sukur in campo (col club giallorosso ha segnato quasi 220 reti) e in panchina Fatih Terim, per poco anche sulla panchina dei rossoneri di Milano, dove sfiorò solo il suo centravanti, che aveva appena lasciato l’Inter.

Il Galatasaray ha due rivali feroci, in quelli che sono tra i derby più caldi del calcio: uno è il Beşiktaş, situato nella parte europea di Istanbul. Invece in uno dei quartieri più popolari dentro le mura, un tempo centro dell’etnia greca, gioca il Fenerbahçe, la squadra che ha un tifoso illustrissimo, l’attuale padrone del paese, Recep Tayyip Erdogan. Anche il fondatore della Repubblica turca, Mustafa Kemal Atatürk, era un sostenitore del Fenerbahçe, si narra.

I derby tra Fenerbahçe e Galatasaray sono definiti “intercontinentali”, visto che una delle due sta in Europa, l’altra in Asia. I gialloblù nascono come la squadra più popolare, ma la violenza che caratterizza le tre tifoserie è decisamente trasversale, e tuttora presente: meno di un mese fa la semifinale di coppa tra Fenerbahçe e Beşiktaş è stata sospesa quando un seggiolino lanciato da tifosi è arrivato in testa all’allenatore dei bianconeri.

Ora, nella sfida che domina non solo la città di Istanbul ma tutta la Turchia (54 dei 61 campionati vinti, tra loro) s’è inserita una quarta “incomoda”, dal distretto di Başakşehir nella parte europea della città. Una squadra che fino al 2013 aveva un altro nome, Istanbul BB, era di proprietà comunale e giocava nell’enorme Ataturk Stadium da 80 mila posti (quello di Milan-Liverpool), in cui la media-spettatori degli arancio-blu era stabilmente sotto i 5mila. Poi, stadio nuovo, moderno, lussuoso, da 15 mila posti. Intitolato a Fatih Terim, anche se avrebbe dovuto chiamarsi… Hakan Sukur Stadyumu.

“Ma l’ex bomber del Galatasaray, l’attaccante più prolifico della Turchia, il Gigi Riva locale, è incorso nelle ire del presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, che l’ha accusato di legami con Fethullah Gulen, l’imam considerato a suo dispetto la mente del fallito golpe dello scorso 15 luglio”, scrive Marco Ansaldo su Repubblica. “Erdogan, che di calcio si intende in quanto ex giocatore, tifa da sempre per il Fenerbahce. Ma ha dato la sua benedizione al nuovo club, e lo guarda con interesse e simpatia.” Infatti a gennaio, a rafforzare il progetto del Başakşehir, ha richiamato Arda Turan, che faceva panchina al Barcellona e che del padrone attuale della Turchia è il figlioccio.

E a scovare per primo Sukur nel suo esilio californiano era stato un giornale turco molto vicino al regime. Cosa che non dovremmo manco scrivere, perché in Turchia i giornalisti non vicini al regime stanno scontando la loro libertà in carcere.

La maggior parte dei clienti non riconosce l’uomo elegante, ben vestito, che si aggira sparecchiando i tavoli del Tuts Bakery and Cafe. Perché dovrebbero? E cosa dovrebbe farci uno famoso qui?

Così inizia l’articolo del New York Times che racconta l’esilio del centravanti, esilio la cui alternativa era finire nella lista delle circa 60.000 persone arrestate dopo il tentato golpe del luglio 2016, tra loro molti giornalisti, accademici, o comunque quelli che sono stati sufficientemente coraggiosi da esprimere opinioni di dissenso. Un anno di carcere s’è fatto anche il padre di Sukur, che ora vede il figlio e i nipoti sono grazie alla tecnologia di “FaceTime”.

Gioca partitelle tutti i mercoledì il centravanti, su un campo vicino al quartier generale di Google, e di solito in una sera segna più reti che in quell’anno passato nell’Inter (in Italia anche una breve apparizione, altrettanto priva di successo, con la maglia granata del Torino, 5 partite 1 gol, e col Parma).

Dopo il ritiro aveva iniziato la carriera politica proprio con il partito del “rais”, ora Erdogan ha invece proibito che il nome di Hakan Sukur venga anche solo nominato.

Gli aveva fatto un’ultima offerta: la possibilità di tornare in patria con tutti gli onori, se avesse pubblicamente dichiarato il suo supporto al regime, ma il centravanti diventato barista dice che preferisce attendere il giorno in cui scenderà all’aeroporto di Istanbul da uomo libero.