In questi giorni il mondo della letteratura piange il decesso dello scrittore scozzese Philip Kerr spentosi all’età di 62 anni. Come spesso succede (ne è un esempio anche la recente scomparsa del presentatore televisivo Fabrizio Frizzi) la morte porta a galla nella coscienza dei vivi legami profondi con il defunto di cui non sempre si è consapevoli. E succede tra persone che non si sono mai incontrate, mai sfiorate o strette una mano. Eppure la vicinanza diventa quasi simbiosi.
Non sta a me fare analisi né di tipo psicologico né tantomeno sociologico o idealistico su un fenomeno di questo tipo. Mi interessa solo sottolineare la straordinaria capacità intellettuale e comunicativa che rende tali presenze così vicine, trasformandole in parte di altrui emozioni.
Philip Kerr (forse meno conosciuto al grande pubblico rispetto a un intrattenitore televisivo) per me è stato un modello, grazie alla sua grande forza artistica, al talento espressivo e alla personalità stilistica. Ho respirato le sue atmosfere storiche mai distorte ed esplorate nel profondo, visualizzate nei loro aspetti più romantici collegati all’ascesa di Hitler. Fino al dopoguerra. Scontrandosi con l’omertà di potere, con la Kripo e la Gestapo, con la censura di pensiero e comportamenti.
La crudezza delle ambientazioni nel periodo del regime nazista si equilibra con la trasparenza della narrazione. Senza ambiguità. E forse di lui mi ha sempre affascinato l’idea che, pur in un momento di follia dell’umanità, e di omicidi di massa, cercare con assiduità un colpevole per dare giustizia anche a una sola vittima porta in sé il grande valore di non appartenenza al crimine collettivo e al comune pensare.
Senza per questo avere la patina retorica dell’eroe o dell’intransigenza morale.
Un gesto audace sul piano letterario.
Nel complesso, di Kerr sono stati pubblicati una trentina di libri, e la sua fama si accompagna al nome del personaggio di Bernie Gunther, ispettore della polizia criminale tedesca, protagonista di una serie di dodici romanzi di cui solo alcuni pubblicati in Italia dall’editore Passigli e uno da Piemme
I suoi primi tre romanzi (Violette di marzo, Il criminale pallido, e Un requiem tedesco) sono anche conosciuti come la Trilogia di Berlino.
Kerr ha fatto i conti con i fantasmi del nazismo. E in quanto fantasmi forse ne ha colto fino in fondo l’essenza immortale. Li ha fatti vagare per le menti dei suoi lettori anche come monito per la nostra contemporaneità.
L’uscita della sua ultima fatica, Prussian Blue, è prevista nel prossimo mese di maggio in Inghilterra.
Questo a dimostrazione di quanto un autore del calibro di Philip Kerr sia stato un po’ snobbato dal mercato editoriale nostrano, al punto che oggi non è così facile reperire i suoi romanzi.
Violette di marzo (1989) – Passigli, 1997.
Il criminale pallido (1990) – Passigli, 1998.
Un requiem tedesco (1991) – Passigli, 1999.
L’uno dall’altro (2006) – Passigli, 2007.
A fuoco lento (2008) – Passigli, 2008.
Se i morti non risorgono 2009 – Passigli, 2010.
Field Grey (2010)
La notte di Praga (2011) – Piemme, 2013.
A Man Without Breath (2013)
The Lady from Zagreb (2015)
The Other Side of Silence (2016)
Prussian Blue (2017)