È giunto il nuovo equinozio di primavera.
L’equinozio, il magico momento sempiternamente celebrato dall’essere umano che si palesa allorquando la luce equivale al buio, il bene coincide col male, il giorno somiglia alla notte.
In questi giorni nello Stivale sono incominciate le grandi manovre tra le forze politiche; archiviata la pratica elettorale su chi ha certamente vinto, chi si sente vincitore e chi è stato brutalmente sconfitto, ha avuto inizio la danza propiziatoria per il buon raccolto.
La stagione fa presagire ad una ottima quantità di messi, le mietitrebbia sono affilate al punto giusto e ci si prepara alla pratica più faticosa: l’imballaggio.
Il confezionamento delle balle richiede particolare abilità. Non tanto per il contenuto quanto per la forma che deve essere precisa ancorché credibile.
In questa ultima fase di lavorazione troviamo esperti uomini di partito scaltri e meticolosi perfino nelle rifiniture, chiedono scusa e sorridono al minimo disturbo arrecato; altri alle prime armi goffamente e con minor efficacia aggiustano, spostano, calpestano piedi arretrando e spintonano avanzando, talvolta sgarbati ed ineleganti.
Se c’è però una cosa che dà soddisfazione è vedere che, al termine di tutto, ognuno è ripagato dallo sforzo profuso e può contare sulla propria partita di balle, lì a portata di mano, bell’e confezionata, da servire al popolo italiano per la nuova legislatura.
È così che quel migliaio di vecchi e nuovi mietitori ci consegneranno – tutti, nessuno escluso, ciascuno secondo indole – emendamenti, decreti, leggi, interpellanze, idiosincrasie e mugugni per farci parlare in TV, sui social e, per i più fortunati, al bar sotto casa.
Del resto l’equinozio è il padre degli equi vizi.
E noi qui, all’ombra dello zenit, in attesa che l’ora cambi davvero.