L’innovazione del tappo, del territorio e dell’università per un nuovo ‘sapere diffuso’ tutto alessandrino [Centosessantacaratteri]

10 a Enrico Sozzetti, zero agli anonimi del web! [Le pagelle di GZL] CorriereAldi Enrico Sozzetti

 

 

Le parole più concrete sono arrivate, e non poteva essere altrimenti, da Marco Giovannini, presidente della Guala Closures che declina da anni quella “innovazione, eccellenza e territorio” per lo sviluppo che era al centro dell’incontro organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. “Le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale generano posti di lavoro, ma con una formazione diversa. Molti profili quasi scompariranno, altri invece stanno nascendo o si stanno modificando (penso ai commerciali tecnici o agli ingegneri meccanici) perché l’automazione e la robotizzazione sono l’unico modo, per le imprese, di mantenere la competitività”. E se le istituzioni, proprio alla luce di questi cambiamenti, devono innanzitutto “sviluppare una visione a lungo termine”, il mondo della scuola deve “passare dal nozionismo al problem solving, favorire il pensiero logico e analitico e lo sviluppo della capacità di comunicare”. Senza, infine, dimenticare il valore e l’importanza dell’alternanza scuola-lavoro. “In Germania è una pratica strutturata da anni e anni e i risultati si vedono” ha commentato Giovannini. Il tema dell’incontro conclusivo del ciclo di conferenze è stato poi illustrato dalle applicazioni della robotica e dell’innovazione di processo e di prodotto in casa della Guala Closures, sintetizzate da uno degli ultimi prodotti di punta: il tappo ‘che parla’, capace di dialogare, grazie a una specifica applicazione, con i produttori di vino come con i consumatori. La chiusura in alluminio con Nfc integrato e dedicata alle cantine vinicole consente ai proprietari del brand di acquisire di dati marketing e gestire le informazioni su logistica e tracciabilità, mentre i clienti possono contare sulla certificazione dell’autenticità della bottiglia, oltre a essere pienamente coinvolti nei confronti del brand.

Pier Angelo Taverna, presidente della Fondazione Cra, ha pensato a questo evento di chiusura dopo che nei mesi scorsi sono stati affrontati in modo dettagliato i temi dei big-data, dell’intelligenza artificiale, della robotica dell’industria 4.0, passando per ‘internet of things’ e la cyber security, il tutto grazie a esperti che hanno offerto “un contributo al crescente interesse sui temi del futuro e dell’innovazione anche in relazione ai timori evocati dalla trasformazione dei modelli di lavoro e conseguente perdita occupazionale” ha osservato Taverna. Insieme a Giovannini sono intervenuti Cesare Emanuel, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale e Fabrizio Palenzona, presidente Conftrasporto ed esponente del mondo bancario e finanziario (ha guidato per due mandati la Provincia di Alessandria, dopo essere stato sindaco di Tortona).

Se Marco Giovannini ha offerto non solo suggestioni, ma esempi concreti di innovazione e robotica passando anche per il robot che cucina (può preparare circa tremila ricette), oppure per una macchina dal valore di mezzo milione di euro capace di costruire da solo i muri perimetrali di un edificio, Emanuel e Palenzona non hanno forse approfittato del tutto dell’opportunità. Quello del Rettore è stato un intervento molto accademico che ha ripercorso le evoluzioni delle rivoluzioni industriali fino all’enunciazione dei driver dell’innovazione. Quasi nessun riferimento all’esperienza dei Dipartimenti alessandrini (Digspes e Disit), agli scenari di sviluppo e ai progetti, per ora molto sulla carta, di crescita come lo sdoppiamento del corso di Medicina. “I processi di innovazione – ha concluso Emanuel – vanno innescati dai protagonisti tutti insieme perché deve essere un gioco di squadra congiunto, anche ad Alessandria, puntando su obiettivi comuni e spogliandosi dei fattori più di parte”.

Sulla “necessità del sapere diffuso” e di “un metodo diverso per comprendere con precisione e puntualità di cosa c’è bisogno” ha invece insistito Palenzona. Che dopo avere richiamato “la politica locale, l’università e le imprese a creare le condizioni per il sapere diffuso”, ha poi portato un esempio di uso della tecnologia, senza però andare fino in fondo alle conseguenze sull’occupazione. “Un mio amico che ha una attività a basso valore aggiunto sul territorio era sul punto di trasferire tutto quanto in Romania, ma introducendo i robot ha salvaguardato l’unità produttiva che così non ha lasciato l’Italia”. Fra il richiamo alla politica affinché “sappia fissare le regole necessarie per gestire la robotica e gli effetti dell’innovazione perché non bisogna rinunciare al primato dell’uomo” e le citazioni di Stephen Hawking ed Elon Musk sui pericoli dell’intelligenza artificiale, non è mancato il richiamo a un grande classico, le leggi della robotica di Isaac Asimov, scrittore di fantascienza, che risalgono al 1942: “Un robot non può recare danno a un essere umano, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva un danno. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla prima legge. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché tale autodifesa non contrasti con la prima o con la seconda legge”. Ma alla luce dell’evoluzione della tecnologia e dell’applicazione dell’intelligenza artificiale, oggi queste leggi vanno profondamente riscritte.