Che fine ha fatto il partito di Di Pietro, dopo il “tracollo” elettorale a sostegno di Ingroia? Ha ancora un futuro, a livello nazionale e locale? Ne parliamo con il segretario provinciale Idv Enzo Demarte, che sulle gestioni di Palazzo Rosso e Palazzo Ghilini non nasconde critiche e perplessità
La “botta” è stata da ko: 1,4% complessivo ad Alessandria e provincia per il “caravanserraglio” di Rivoluzione Civile, candidato premier Ingroia. Una percentuale che l’Idv di Antonio Di Pietro (e del segretario provinciale Enzo Demarte) deve però “spartire” con una serie di altri marchi (Rifondazione comunista, Partito dei Comunisti Italiani, Verdi, sinistra “diffusa” dei movimenti e dei comitati). Insomma, li han votati soltanto più amici e parenti, e forse non tutti. Demarte lo sa, e non si nasconde dietro un dito. E, nel “fuggi fuggi” generale in atto nel partito, difende la posizione e la trincea, pur pronto a riconoscere gli errori commessi dall’Idv. E’ lui, anzi, a sollecitarci un confronto, per capire cosa non ha funzionato, e soprattutto cosa c’è dietro l’angolo dell’Italia dei Valori. Incontro di prima mattina, conversando al tavolino di un bar e “puntando al sodo”, senza troppi fronzoli.
Segretario Demarte, l’Idv è al capolinea? Sia sincero però…
(sorride, ndr) Lo sono sempre, e ne ho pagato spesso il prezzo. La risposta è che non lo so, naturalmente non dipende da me. Ma credo che, al di là dei tanti errori che abbiamo commesso, ci sia un patrimonio di valori e di persone che non può andare sprecato. Però la parola spetta al congresso nazionale straordinario in programma a fine giugno, in cui Di Pietro dovrebbe fare un passo indietro, e diventare presidente dell’Idv, lasciando ai delegati il compito di nominare il nuovo segretario politico.
Chi tocca Napolitano muore? Lega Nord e Idv, sorti quasi comuni…
Diciamo che il troppo amore di verità può far male, e forse occorreva fare valutazioni di opportunità e tempistica. Ci sono istituzioni che, in quanto tali, non vanno messe in discussione. Ma mi fermo qui, e aggiungo comunque che noi non siamo vittime, ci abbiamo messo del nostro: alcuni personaggi del partito hanno commesso gravi errori, in qualche caso vere illegalità. Inaccettabili soprattutto per chi, come l’Idv, faceva e intende ancor fare di trasparenza e correttezza e propri cardini di riferimento.
Parliamo del territorio, a partire dalla dissestata Alessandria: il vostro rappresentante a Palazzo Rosso, Giancarlo Cattaneo, è ancora targato Idv?
Cattaneo è persona di grande competenza: colto, preparato, capace di sintesi. Io ho creduto molto in lui, ci ho puntato. E’ sempre stato correttissimo, e non ha negato di avvertire, ad un certo punto, un certo disagio. L’accordo tra noi era che avremmo atteso fino alle elezioni politiche, per non creare inutili polemiche. Ora deciderà lui il da farsi: io sarei felice che rimanesse, è una figura importante e di prestigio.
Ma Alessandria come la si rilancia, Demarte?
Non con i licenziamenti dei dipendenti delle partecipate, o del comune. Oltre naturalmente ad esplorare tutte le strade per avere “aperture” governative, bisogna assolutamente lavorare per attrarre investimenti privati. E questo fino ad oggi non è stato fatto: so per certo che ci sono diversi Pec fermi, in attesa di valutazione e autorizzazione. Perché queste lungaggini? Qui ci stiamo abbonando alle occasioni mancate, come nel caso dell’ex zuccherificio. Dove non è un mistero che, mentre i tempi di verifica e “via libera” sui progetti procedono da anni a “passo di lumaca”, lo scenario di mercato, e la disponibilità dei potenziali investitori, è mutata e sta mutando. Insomma, rischiamo di arrivare a concedere le autorizzazioni fuori tempo massimo. E questo vale anche per Alessandria 2000, e per la lentezza nel realizzare opere pubbliche. E’ un “mea culpa” che gli amministratori locali devono recitare: naturalmente tutte le procedure vanno sempre rispettate, e progetti scorretti o sbagliati vanno bocciati. Ma tutto deve avvenire in tempi non “biblici”: altrimenti l’economia del territorio fa la fine che purtroppo ha fatto.
E dal dissesto come si esce?
Tutelando i lavoratori, prima di tutto. Per questo nella giunta Rossa mi sento senz’altro vicino all’ottimo assessore Barberis, e mi auguro davvero che siano smentite le voci che lo davano in uscita. Dopo di che, io credo che nel dissesto proprio non bisognava entrarci, e che il sindaco avrebbe dovuto puntare maggiormente i piedi, rifiutando di accollarsi, e di accollare ad Alessandria, un peso così grande. Che, naturalmente, non è colpa dell’attuale amministrazione, ma il frutto di un peccato originale, maturato in vent’anni e amplificato dalla gestione irresponsabile del centro destra di Fabbio. Adesso, naturalmente, la strada per salvarci è strettissima, e non possiamo che sperare che le iniziative e gli appelli rivolti a Roma portino frutti positivi.
E a Palazzo Ghilini, dove lei è consigliere? Ormai il suo appoggio alla maggioranza di centro sinistra è sempre più critico…
Sono rimasto in maggioranza, ma valuterò il da farsi volta per volta. Su Energia e Territorio mi sono astenuto, perché temevo che qualcuno sollevasse per me il conflitto di interessi. E’ noto che ho un figlio di 25 anni che lavora lì: peraltro part time, a 500 euro al mese. Diciamolo, altrimenti qui si favoleggia chissà che. Io credo però che quell’azienda, come le partecipate comunali, non meriti di essere abbandonata o rottamata. Prima di tutto perché ci sono lavoratori, e famiglie, che da essa traggono il sostentamento. Ma poi anche perché ci sono progetti, dal Marengo Museum alla banda larga (ancora in alto mare in buona parte della provincia) che consentirebbero ad Energia e Territorio di avere un futuro.
Il punto sarà verificare però se un futuro lo avranno le stesse Province…
Votai per la loro abolizione, per disciplina di partito. Oggi non lo rifarei, e mi rendo conto che le Province, soprattutto su territori con un numero vastissimo di comuni, come da noi, rappresentano un punto di riferimento importante: assai più delle regioni, ad esempio. A prescindere dalle decisioni nazionali, Alessandria però ha problemi suoi specifici: un presidente che ha optato “di fatto” per un impegno part time, e un partito di maggioranza, il Pd, che manca di peso e coordinamento: Filippi ne è uscito, Borioli e Fornaro sono ormai senatori, e impegnati altrove. Lungi da me l’idea di comandare a casa degli altri, ma credo sia evidente a tutti che il partito democratico alessandrino deve riorganizzarsi, e rapidamente.
E. G.