CrAl: c’era una volta la banca del territorio

Cral sede centraledi Ettore Grassano.

In attesa del sofferto via libera di Bankitalia all’incorporazione di Banca di Legnano in Bpm, ad Alessandria si parla di una trentina di filiali in procinto di essere cedute alla Cassa di Risparmio di Asti, e di “rottamazione” incentivata per i dipendenti più anziani. E’ l’addio definitivo alla “numero uno qui da noi”?

“La numero uno qui da noi”, come recitava il “vincente” refrain pubblicitario di vent’anni fa, ha smesso di esserlo da tempo. “Secondo me siamo più o meno la numero venti”, sorride caustico un dipendente, “ma per carità non citarmi”. Certamente c’è dell’esagerazione, ma insomma che la Cassa di Risparmio di Alessandria (gruppo Banca di Legnano, di prossima fusione con la Banca Popolare di Milano, Banca d’Italia acconsentendo) sia ormai un istituto di credito fra i tanti, e non più la “banca del territorio”, lo pensano in tanti. E secondo le voci che circolano, questo 2013 potrebbe essere l’anno che sancisce il tramonto definitivo della CrAl, nella veste in cui gli alessandrini e tutta la provincia l’hanno conosciuta per decenni. Se Bankitalia darà il via libera al progetto di incorporazione di Banca di Legnano (che a sua volta ha “assorbito” Cral due anni fa) in Bpm, anche il marchio Cassa di Risparmio di Alessandria con ogni probabilità scomparirà dalle filiali, che diventeranno “tout court” Banca Popolare di Milano. Fra i grandi istituti di credito italiani, peraltro, uno di quelli che, negli ultimi anni, hanno conosciuto un percorso tormentato e ricco di difficoltà di varia natura, in primis l’ingerenza della politica.

Ma c’è dell’altro: un’ipotesi fortemente accreditata sul tappeto è la cessione di una trentina di filiali della CrAl alla Cassa di Risparmio di Asti, che grazie a questa acquisizione consoliderebbe la propria presenza in diverse aree della nostra provincia (dal tortonese al basso Piemonte) dove ora non ha presidi significativi. Un bello smacco, per chi in passato ritenne che ragionamenti di “affiliazione” sul fronte astigiano fossero di basso profilo, roba da provinciali, e preferì muoversi su fronti apparentemente più ambiziosi, guardando a Milano e al mercato nazionale.

Pittatore TavernaUn percorso, quello di progressivo abbandono della vocazione “territoriale”, che ha radici profonde, e che ha conosciuto senz’altro alti e bassi, “curve” inattese e precipizi forse evitabili. Ma, naturalmente, sempre con il senno del poi. Che Cassa di Risparmio di Alessandria abbia sempre fatto con rima con Psi, in città e in provincia, lo sanno anche i sassi. Così come è noto che “il milieu politico culturale” non subì, con la fine della prima repubblica e il tracollo del partito di Craxi, significativi cambi di rotta. Il vero “deus ex machina” della Cassa (e dell’omonima Fondazione, che della CrAl ai tempi deteneva il 20% delle quote) fu Gianfranco Pittatore, “mitico” manovratore di lungo corso che è mancato in una calda giornata d’estate del 2009.

Con lui in vita le cose in questi ultimi anni avrebbero preso una piega diversa? Alcuni sono pronti a giurarlo, altri sorridono e ricordano che la situazione di oggi è il frutto amaro delle scelte di dieci anni fa. Ma la storia non si fa con i se, e “se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola”, come direbbe l’arguto sindaco di Firenze Matteo Renzi.  Dunque questo è lo scenario della ormai ex Cral nel 2013:  89 sportelli (su 208 complessivi della Banca di Legnano, che gestisce circa 6 mila milioni di euro di impieghi, contro i 2.000 precedenti della banca alessandrina), e si dice 40-50 impiegati e funzionari a rischio “rottamazione” entro fine anno, sia pur con un sistema di tutele, incentivi e “agganci” alla pensione da autentici Re Mida, rispetto alla situazione del resto dei lavoratori, privati e persino pubblici, del territorio. “Resta però il fatto che ci stanno trasformando in una banca satura di contratti a termine e lavoratori interinali”, aggiunge un altro osservatore interno, che chiede l’anonimato, “e questo nelle relazioni con la clientela avrà un impatto non trascurabile”.  Le solite preoccupazioni, esagerate, di una categoria professionale iper tutelata, e che sente scricchiolare ormai il sistema dei vecchi privilegi? O c’è del vero? Chi, privato cittadino o impresa, ha rapporti diretti con la CrAl può senz’altro farsi un’idea, positiva o negativa, di persona.

Di certo pare che il direttore commerciale, Riccardo Satragno, rimasto il principaleFrascarolo Carlo riferimento sul territorio dopo che il top management ha smesso di avere radici sul territorio, si stia prodigando il più possibile, per far fronte ad una situazione interna di forte scetticismo fra gli addetti ai lavori. Mentre Carlo Frascarolo (nella foto), commercialista valenzano di estrazione “pittatoriana”, ex presidente della Cral e attuale unico rappresentante alessandrino nel cda di Banca di Legnano (su 9 membri) forse oggi sarebbe meno ottimista di un anno fa nel ribadire l’assoluta centralità territoriale dell’istituto di credito. Secondo alcuni bene informati, peraltro, la recente nomina come senatore (Pd) di Federico Fornaro, membro del consiglio di sorveglianza di Bpm, potrebbe aprire le porte in quel ruolo proprio a Frascarolo, in un piccolo risiko bancario di casa nostra. In cui, tra l’altro, si dovrebbero inserire anche le nomine dei nuovi componenti del consiglio generale della Fondazione Cral, di cui molto si discute in questi giorni.

Fondazione CrAl Palazzo VetusFondazione che, dalla morte di Pittatore, è saldamente nelle mani di Pierangelo Taverna (pure lui della “nidiata” socialista d’antan) e della sua fedelissima collaboratrice Patrizia Serafini, già dirigente della Provincia. Forte della nuova, prestigiosa sede di Palatium Vetus, la Fondazione CrAl ha drasticamente ridotto ma non interrotto (almeno non ancora, dicono i maligni) il proprio ruolo di vòlano del territorio, e, al contrario della CrAl, neppure le assunzioni di personale, pure quelle in fondo leva per l’economia locale. Si dice però che qualche difficoltà ci sia, sul fronte finanziario: anche per la scelta di investire, in questi anni, in maniera significativa nel titolo Bpm, le cui performances sono state sì memorabili, ma in negativo.

La Fondazione CrAl detiene ad oggi il 2,4% della Bidielle: ma che succederà dopo l’incorporazione di quest’ultima in Bpm? E il marchio CrAl potrà in qualche modo essere recuperato dalla Fondazione (come si disse in passato) o è destinato a spegnersi definitivamente?