Una volta tanto, i politici sono stati seduti tra il pubblico, ad ascoltare con attenzione le esigenze degli elettori, in questo caso rappresentanti del mondo agricolo. Al tavolo dei relatori venerdì c’erano Gian Piero Ameglio, presidente Cia della provincia di Alessandria, e Luca Brondelli di Brondello, presidente provinciale di Confagricoltura. Entrambi hanno illustrato, spiegato, argomentato le esigenze degli agricoltori di casa nostra.
Seduti nelle prime file, hanno partecipato all’incontro:
– Per Forza Italia: Massimo Berutti e Ugo Cavallera.
– Per Lega Nord: Riccardo Molinari.
– Per Liberi e Uguali: Federico Fornaro e Nerina Dirindin.
– Per PD: Daniele Borioli e Marcella Graziano.
– Per M5S: Paolo Maria Mosca, Silvia Gambino, Antonella Scagnetti e Giuseppe Castagna.
– Per Potere al Popolo: Olga Bertaina.
Presenti in sala anche: il coordinatore di Fratelli d’Italia Federico Riboldi; il coordinatore di M5S Paolo Mighetti; il coordinatore di Potere al Popolo Giovanni Cirri.
Ecco nel dettaglio i temi affrontati.
AGRICOLTURA E AGRIBUSINESS
Il settore agricolo rappresenta meno del 2 per cento del PIL nazionale. E’ un fenomeno noto nelle economie avanzate che vedono il settore primario arretrare per lasciare spazio ad attività manifatturiere e ai servizi che contano sicuramente di più in termini di valore aggiunto e di occupati. Se l’agricoltura rappresenta meno del 2 per cento del PIL essa rappresenta il doppio almeno in termini di occupazione e, se sommiamo le attività a monte e a valle della produzione primaria connessi all’economia agroalimentare (quello che si definisce genericamente agribusiness) si arriva al 17 per cento del PIL italiano, pari a quasi 300 miliardi di valore aggiunto complessivo (fonte: CREA), cui va aggiunto tutto quanto connesso alle ormai sempre più diffuse filiere del “non alimentare”.
EXPORT AGROALIMENTARE
L’export agroalimentare italiano è in continua crescita ed è ormai quasi pari al 10 per cento in valore delle esportazioni complessive del nostro Paese. Le stime per il 2017 evocano la possibilità di superare quest’anno la soglia dei 40 miliardi di euro di merci commercializzate oltre il confine nazionale. Mentre sembra alla portata il traguardo dei 50 miliardi di esportazioni agroalimentari entro il 2020.
In realtà questo successo nasconde alcuni aspetti che vanno interpretati correttamente. La gran parte dei prodotti agroalimentari esportati è composta da prodotti trasformati (nel 2016 siamo ormai arrivati ad oltre l’80 per cento del totale), mentre l’export dei prodotti agricoli cresce molto più lentamente.
L’AGRICOLTURA E L’EUROPA
L’investimento dei padri dell’Europa che hanno voluto una politica agricola comune (PAC) forte e coesa, ha dato i suoi frutti che non vanno dispersi.
Oggi per l’UE-28, il reddito agricolo per unità di lavoro familiare è ancora pari a meno del 40 per cento dei salari medi di tutta l’economia. Per l’UE-15 siamo intorno al 55 per cento.
È quindi essenziale continuare a garantire tramite la politica agricola comune un importante presidio al rischio di deterioramento del reddito agricolo degli 11 milioni di agricoltori nella UE.
Nel corso degli ultimi anni, nonostante l’Europa si sia allargata a Paesi con importanti settori agricoli, le risorse destinate alla PAC sono state “stabilizzate” e quindi non sono cresciute e non sono destinate a crescere. Non solo; gli effetti del negoziato sulla Brexit e le esigenze di altre nuove
politiche come quelle per la immigrazione e la sicurezza interna potrebbero determinare un contenimento delle risorse disponibili.
ORGANIZZAZIONE DI FILIERA
All’interno delle filiere agricole, soprattutto quelle agroalimentari, spesso si registrano posizioni di conflittualità tra gli operatori. Di conseguenza è necessario incentivare in ogni modo l’aggregazione dell’offerta tramite la costituzione di Organizzazioni di Produttori (OP) che devono essere e rimanere essenzialmente soggetti che operano sul mercato commercializzando direttamente parte o tutto il prodotto dei loro soci. Risulta, inoltre, essenziale promuovere la costituzione di Organismi Interprofessionali (OI) dove decidere le regole di funzionamento delle varie filiere.
ETICHETTATURA DI ORIGINE
In alcuni casi il Governo ha promosso (ed approvato nel caso dei prodotti lattiero caseari e, più recentemente, per pasta, riso e pomodoro da industria) dei provvedimenti che introducono la obbligatorietà di indicazione della materia prima agricola su alcuni prodotti.
Approcciare ai problemi della filiera unicamente prevedendo l’indicazione di origine della materia prima su alcuni prodotti trasformati non risolve certo alcune criticità strutturali della filiera.
Sicuramente non è auspicabile orientarsi su provvedimenti nazionali che hanno efficacia solo sulle imprese e sui prodotti italiani non destinati al mercato estero. Sarebbe auspicabile privilegiare da subito a provvedimenti dell’UE, validi per l’intero mercato unico.
UN’AGRICOLTURA DI SISTEMA
Profonde sono le trasformazioni sociali economiche che hanno interessato l’agricoltura, i cui processi di ammodernamento e di sviluppo, attraverso l’utilizzazione della tecnologia, hanno condizionato fortemente l’organizzazione dei fattori produttivi, ed in particolare, quello dell’impiego della manodopera.
È sufficiente considerare che il settore imprenditoriale agricolo vede coesistere al proprio interno, oltre alla figura dell’imprenditore agricolo senza ulteriori qualificazioni: a) il coltivatore diretto quale piccolo imprenditore agricolo; b) l’imprenditore agricolo professionale, che deve distinguersi a seconda che questi sia o meno iscritto alla relativa gestione previdenziale ed assistenziale; c) il giovane agricoltore, al quale sono riservate alcune disposizioni di favore.
Una situazione insomma complessa e foriera di difficoltà applicative ed interpretative non coerente. Di qui la necessità di riordinare la materia attraverso un intervento che ponga fine a questa confusione normativa, riconducendo ad unità e cioè sotto “l’insegna” dello iap, tutte le ulteriori figure professionali per semplificare il sistema.
Questo processo di riordino delle figure professionali impegnate nell’agricoltura, deve essere affiancato da interventi e misure volte a favorire la diffusione degli strumenti idonei a procurare la disponibilità del “bene terra”, per uso produttivo. Nell’organizzazione aziendale il “bene terra” esercita un ruolo economico fondamentale e di primaria rilevanza.
Nel nostro Paese l’affitto in agricoltura è in continua crescita. Dal Rapporto 2013 dell’Istat risulta infatti che la Superficie Agricola Utilizzata in affitto a livello nazionale ammonta a oltre 5,2 milioni di
ettari, pari al 42,1 per cento della Sau totale. Nel 2010 l’affitto, con circa 4,9 milioni di ettari, rappresentava il 38,2 per cento della Sau totale. Prendendo in esame anche i dati del Censimento generale del 2000 si vede che la Sau in affitto in 13 anni è passata dal 23,2 per cento al 42,1 per cento e la superficie media aziendale da 5,5 ettari a 8,4 ettari.
In termini di Sau totale, nel periodo 2000-2013, si è registrata una significativa diminuzione: da circa 13,2 milioni di ettari si è scesi a 12,4 milioni (-6%). La Sau in affitto, invece, nello stesso periodo ha registrato un notevole aumento passando da 3 milioni di ettari a 5,2 milioni, con un aumento quindi di oltre il 70 per cento.
L’Istituto dell’affitto si conferma quindi lo strumento più duttile per rendere disponibile la terra alle aziende agricole. Si può quindi senz’altro affermare che l’affittanza agraria è l’elemento essenziale per la competitività delle imprese, la valorizzazione del patrimonio fondiario e lo sviluppo dell’agricoltura italiana.
Si rende, pertanto, opportuno prevedere la possibilità di ridurre il moltiplicatore IMU a 110 per i terreni concessi in affitto o in comodato a coltivatori diretti e IAP, da parte di proprietari non in possesso delle predette qualifiche. Ciò per evitare che il maggiore onere fiscale, derivante dal moltiplicatore pari a 135, sia traslato in capo all’affittuario conduttore, che subirebbe maggiori costi per il conseguente incremento del canone di affitto.
Analogamente, risulta opportuno ridurre il moltiplicatore IMU a 110 per i terreni concessi in affitto o in comodato ai giovani agricoltori. Ciò per evitare che i giovani imprenditori subiscano un rilevante onere (derivante dall’applicazione del moltiplicatore 135 in campi ai proprietari concedenti) che potrebbe essere traslato nel canone di affitto.
Sarebbe altresì auspicabile esentare dall’Imu gli agricoltori pensionati non più iscritti all’Inps che continuano a coltivare parte dei loro terreni o li concedono in affitto o comodato a componenti del nucleo aziendale.
SEMPLIFICAZIONE PER LE IMPRESE AGRICOLE
Le imprese agricole individuano nell’ipertrofia legislativa, nella regolazione eccessiva, nella frammentazione di attribuzioni e di competenze e nelle tempistiche incerte e lunghe dei procedimenti amministrativi, le cause dei principali vincoli amministrativi esterni che limitano pesantemente l’iniziativa economica. A ciò aggiungasi la scarsa sensibilità delle Amministrazioni per gli investimenti delle imprese. Ciò contrasta con ciò che accade all’estero. I tempi incerti e lunghi costituiscono il più grave ostacolo agli investimenti da parte delle imprese.
RIFORMA AGEA
Gli imprenditori agricoli sono fortemente penalizzati dall’incertezza e dalla lunghezza dei tempi dei procedimenti che registrano nella percezione dei contributi comunitari dalla Agea.
Di qui la necessità che tutta la organizzazione dell’AGEA sia strutturata ed articolata in modo tale da assicurare alle scadenze fissate a livello comunitario la regolarità dei pagamenti.
L’AGEA, oggetto di intervento legislativo nel recente Collegato agricolo, va profondamente riformata.
La riforma dell’AGEA proposta dall’attuale Governo non garantisce un reale efficientamento dell’intero sistema di gestione dei fondi europei nel nostro Paese.
Occorre, con maggiore determinazione, muovere verso un Sistema Informativo Agricolo Nazionale Unico (SIAN Unico) che assicuri l’integrazione e l’interoperabilità con tutte le banche dati della PA.
Attualmente il SIAN, contenitore dell’anagrafe delle aziende agricole, non è integrato con i dati dell’ANAGRAFE della popolazione.
Il dibattito sulla legge 17/10/2017 n. 161, modificativa del D.DLGS. 159/2011 (cosiddetto “codice antimafia”) è uno degli elementi che impone, proprio nell’ottica dello snellimento delle procedure, l’acquisizione diretta delle informazioni che oggi, viceversa, devono essere puntualmente dichiarate nella BDNA (BANCA DATI NAZIONALE ANTIMAFIA).
FISCO E AGRICOLTURA
UN FISCO PER LO SVILUPPO
Per una riforma liberale è necessaria una forte azione di “rottura” per un Fisco più equo e liberale su tre direttrici fondamentali: 1) semplificazione della macchina fiscale, 2) incentivi strutturali per la
crescita economica; 3) rimozione di alcuni ostacoli.
SEMPLIFICAZIONE DELLA MACCHINA FISCALE
Occorre rivedere il calendario dei termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali e dei connessi versamenti. Andrebbero, altresì, uniformate le scadenze della presentazione in via telematica delle dichiarazioni fiscali. Nel comparto agricolo andrebbe eliminato l’obbligo dell’invio dello spesometro in capo ai piccoli agricoltori (volume d’affari al di sotto di 7 mila euro) che non sono soggetti alla tenuta della contabilità. Sono da eliminare tutti gli adempimenti superflui e poco utili allo stesso Fisco ai fini dell’attività di accertamento, nonché introdurre meccanismi automatici di proroga dei termini degli adempimenti tributari, in presenza di ritardi nella messa appunto di regole tecniche necessarie all’effettuazione degli stessi.
INCENTIVI STRUTTURALI PER LA CRESCITA ECONOMICA
Si dovrebbero, pertanto, prevedere un mix di sconti fiscali per gli investimenti che permetterebbero un recupero del gettito attraverso l’incremento di redditi tassabili.
Andrebbero anche incentivate le spese per gli investimenti in colture arboree pluriennali.
Non dovrebbe mancare, inoltre, l’eliminazione o la riduzione degli oneri fiscali sulla proprietà immobiliare “produttiva”, come nel caso dei terreni agricoli concessi in affitto ad agricoltori professionali (IAP e CD), i quali scontano l’IMU, a differenza di quelli condotti direttamente da agricoltori professionali (IAP e CD), possessori dei terreni, con evidenti effetti distorsivi, se si considera che il proprietario scarica sui canoni d’affitto l’onere dell’imposta aumentando i costi di gestione per gli affittuari.
GASOLIO AGRICOLO
L’agevolazione sul gasolio in agricoltura è uno degli strumenti di sostegno più importanti, che permette di ridurre i costi di produzione. Negli ultimi mesi però alcune interpretazioni a livello nazionale (Agenzia delle dogane per i contratti di comodato) e regionale (esclusione delle attività connesse dalla concessione del gasolio agricolo) ne hanno notevolmente complicato la concessione.
GLI ESONERATI IVA
L’articolo 21 del decreto – legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, così come sostituito dall’articolo 4 del decreto-legge n. 193 del 2016, convertito dalla legge n. 225 del 2016, prevede la disciplina della comunicazione dei dati delle fatture emesse in riferimento alle operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). Detto articolo 21 prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’esonero dalla comunicazione per i piccoli produttori agricoli situati nelle zone montane. Si tratta di un aggravio burocratico che confligge con il regime speciale IVA per i produttori agricoli che esonera i piccoli produttori da tutti gli obblighi documentali e contabili. In effetti un produttore agricolo che nell’anno non supera i 7 mila euro di volume d’affari rappresenta più una figura sociale che imprenditoriale. Si tratta, in sostanza, di una attività per l’autoconsumo o di modesta integrazione di reddito.
IL LAVORO IN AGRICOLTURA
IL LAVORO OCCASIONALE DI TIPO ACCESSORIO (VOUCHER)
La fretta di risolvere il problema del referendum abrogativo promosso nel 2016 da CGIL ha portato all’eliminazione dei buoni – lavoro per lo svolgimento del lavoro occasionale di tipo accessorio, ed alla successiva introduzione, in modo del tutto insoddisfacente, del contratto di prestazione occasionale (art. 54bis della legge n. 96/2017).
Nel settore agricolo – ove l’esigenza di svolgere prestazioni meramente occasionali ed accessorie è tutt’altro che infrequente – la questione è particolarmente sentita.
L’attuale disciplina del contratto di prestazione occasionale si distingue da quest’ultimo per una serie di limitazioni che restringono fortemente il campo di applicazione della relativa disciplina.
Rimane forte l’esigenza di ripristinare i voucher per fornire ai datori di lavoro uno strumento contrattuale adeguato di facile e pronto utilizzo.
RIDUZIONE DEL COSTO DEL LAVORO: LA CONTRIBUZIONE ANTINFORTUNISTICA
L’elevata pressione fiscale e contributiva che grava sul lavoro dipendente rappresenta una delle principali criticità del sistema produttivo del nostro Paese.
Per le aziende agricole che operano in zone ordinarie del centro-nord le aliquote contributive sono addirittura più elevate di quelle in vigore negli altri settori produttivi come il commercio e l’industria.
La maggiore pressione contributiva rispetto agli altri settori deriva principalmente dall’elevata incidenza della contribuzione antinfortunistica (13,24%), finalizzata a contenere il forte disavanzo della gestione agricola INAIL.
Peraltro, in agricoltura non esiste attualmente alcuna forma di incentivazione economica per le aziende agricole che, rispettando le norme in materia di sicurezza sul lavoro, riducano il rischio di infortuni. Occorre dunque ridurre significativamente la contribuzione antinfortunistica per le imprese agricole.
SERVIZI ALLE PERSONE – PATRONATI – CAAF
Spesso i patronati sono stati citati direttamente nelle disposizioni legislative come soggetti intermediari che dovevano essere di sostegno ai cittadini, nello svolgimento di nuove e complesse procedure, per attivare richieste di trattamenti previdenziali e assistenziali o per altre incombenze.
Allo stesso tempo si è però consolidata una riduzione delle risorse economiche destinate al finanziamento pubblico dell’attività di patronato, in conseguenza dei tagli all’aliquota per il finanziamento del Fondo patronati che si è ridotta, per effetto delle leggi di stabilità 2014 e 2015, dallo 0,226% allo 0,199% attuale.
È importante dunque offrire la possibilità ai patronati di realizzare anche entrate diverse, sia per compensare tali riduzioni sia per assicurare sempre e comunque un alto livello di qualità nella ampia gamma di prestazioni da garantire ai cittadini.
AGRICOLTURA SOSTENIBILE
Occorre promuovere un’agricoltura sostenibile che lo sia in termini ambientali e sociali ma imprescindibilmente anche economici. Solo un’agricoltura attiva e competitiva che produce reddito, a cui si offrono più opportunità che vincoli, sarà in grado di assicurare un idoneo presidio del territorio e dell’ambiente.
In tale contesto sono stati sviluppati diversi modelli produttivi: l’agricoltura biologica, di precisione, l’agricoltura sostenibile, nuove modelli per il benessere animale e di conservazione del cibo.
Non esiste un’agricoltura migliore dell’altra ma tutte, se finalizzate alla corretta gestione, conducono a garantire reddito e sostenibilità ambientale.
SEMPLIFICAZIONE
Occorre proseguire nel percorso iniziato sulla semplificazione normativa, per evitare adempimenti e costi inutili alle imprese rispetto agli obiettivi ambientali da raggiungere e soprattutto rispetto al reale impatto causato dal settore; come nel caso della questione nitrati.
PRODOTTI FITOSANITARI
I prodotti fitosanitari costituiscono ormai da molti decenni un ausilio importante per l’agricoltura, che ha consentito l’aumento delle rese ed un miglioramento della qualità dei prodotti. Secondo stime FAO la produzione agricola mondiale calerebbe del 30% senza interventi di difesa.
Dalla fine degli anni ottanta, gli agricoltori hanno saputo incrementare le produzioni unitarie e migliorarne la qualità, adottando importanti innovazioni offerte soprattutto dalla genetica, dalla meccanizzazione e dall’avvento dell’agricoltura di precisione, che hanno supportato gli agricoltori verso una sempre maggiore sostenibilità ambientale con una rilevante diminuzione dei quantitativi di prodotti chimici utilizzati.
In tale quadro occorre evitare di introdurre ulteriori limitazione nell’utilizzo, soprattutto in relazione ai singoli dossier in discussione a Bruxelles altrimenti il rischio è che l’agricoltura si troverà sempre più in difficoltà potendo disporre di un numero sempre minore di principi attivi per la protezione delle colture e ciò anche a fronte di indicazioni da parte degli organismi scientifici dell’Unione Europea, deputati alla valutazione delle sostanze, che non evidenziano pericoli per la salute umana.
LE NOTIZIE FALSE NEL CAMPO DELLA PRODUZIONE AGRICOLA
Dall’etichetta a semaforo che condanna certi cibi naturali e favorisce quelli sintetici, a quella sui “pesticidi nel piatto” quando il 99,5% dei prodotti vegetali è sicuro e non ha pesticidi pericolosi per la salute, alle battaglie “etiche” sugli allevamenti e sul benessere animale che sconfinano in mode quali quella vegana, alle accuse di essere pericolosi produttori di CO” quando invece siamo dei produttori di O2 disgregando la CO2 con le nostre piante. Sono tutte fake news che si ripercuotono sulle politiche ambientali e di sostegno alle nostre imprese, nonché sulla loro vita “burocratica”.
L’ECONOMIA CIRCOLARE: UNA OCCASIONE DA SFRUTTARE
Il pacchetto sull’economia circolare della Commissione europea riveste notevole interesse anche per l’agricoltura. L’utilizzo di residui e sottoprodotti delle attività agricole ed agroalimentari deve essere promosso in modo da avere imprese sempre più competitive e creare nuovi posti di lavoro nelle zone rurali.
LE ENERGIE RINNOVABILI
L’energia rinnovabile nelle sue diverse forme (elettricità, calore, carburanti, combustibili) prodotta a
partire da biomasse, sottoprodotti agricoli, forestali e agroindustriali, colture (non alimentari e di secondo raccolto) continua ad essere una opportunità per il settore in quanto consente di valorizzare le biomasse per produrre un bene di alto valore economico e ambientale e soprattutto di diversificare l’attività agricola ed i redditi degli agricoltori.
Per tali motivi la proposta di direttiva della Commissione (COM(2016)767 def.) dovrebbe puntare ad un target di almeno il 35% di energia rinnovabile negli usi finali al 2030 e soprattutto prevedere un obiettivo vincolante di energia rinnovabile nel settore dei trasporti pari ad almeno il 12% al 2030.
Per il settore agricolo ci sono senz’altro delle priorità quali i piccoli impianti a biogas nel settore zootecnico e la sostituzione di superfici in amianto con impianti fotovoltaici.
IL BIOMETANO
Il biometano rappresenta non solo una grande opportunità per il nostro Paese per produrre un gas rinnovabile da utilizzare nei trasporti e per altri usi ma anche una importante occasione per l’agricoltura per proseguire il percorso iniziato da alcuni anni di efficientare i processi produttivi, ridurre i costi di produzione, rendere la propria attività sempre più multifunzionale e sostenibile dal punto di vista ambientale. Questo, vale ancora di più per le aziende.
La filiera del biogas permette di valorizzare gli effluenti zootecnici ed i sottoprodotti ottenendo sia energia che un ottimo ammendante organico efficientando così i processi produttivi agricoli.
LA SILVICOLTURA
Il patrimonio forestale nazionale copre ormai più del 35% della superficie nazionale. La sua gestione, valorizzazione e tutela attiva, nonché lo sviluppo delle sue filiere produttive, assumono sempre di più un ruolo strategico per il nostro Paese. Vi è l’urgenza di poter rispondere efficacemente alle attuali necessità di tutela e assetto idrogeologico, alle moderne esigenze economiche, produttive e occupazionali del territorio nazionale, nonché ai precisi obblighi internazionali ed europei assunti dal Governo italiano in materia di lotta al cambiamento climatico, conservazione della biodiversità, tutela del paesaggio, sviluppo sostenibile, commercializzazione e trasformazione dei prodotti forestali.
La selvicoltura è un’attività da preservare e valorizzare, che deve tornare ad essere fattore trainante dello sviluppo rurale e dei territori, con la sua spiccata vocazione multifunzionale a livello economico, ambientale e sociale, attraverso lo sviluppo di filiere produttive (legno, carta, energia, ecc.) e di servizi ecosistemici, da cui trae beneficio tutta la collettività.
AGRICOLTURA BIOLOGICA
Secondo un recente sondaggio di Nomisma il 75% dei consumatori italiani acquista prodotti biologici perché ha fiducia sulla loro bontà e sicurezza. Il sistema dei controlli europeo ed italiano però ha dimostrato di non essere sempre all’altezza della fiducia dei consumatori. I controlli devono puntare a verificare i processi produttivi soprattutto in campo.
Al momento attuale le aziende biologiche chiedono tecnici che le aiutino ad avvicinarsi al biologico, che le guidino non solo nell’espletamento delle pratiche amministrative, ma soprattutto che forniscano l’assistenza tecnica specifica per il settore.
Il nuovo regolamento sul biologico è un compromesso al ribasso che rischia di rendere l’agricoltura biologica meno competitiva e sicura; la sua applicazione deve impegnare Confagricoltura e Cia a che ciò non accada favorendo politiche che garantiscano il prodotto italiano.
RISORSE IDRICHE
Sicuramente occorre rendere disponibili tutte le risorse stanziate per il potenziamento, soprattutto nuovi invasi, anche di piccole dimensioni nelle imprese agricole, ed efficientamento del sistema irriguo.
Le risorse economiche ci sono, ma occorre spendere presto e bene i fondi a disposizione, compresi quelli legati alla prevenzione del dissesto idrogeologico.
Occorre anche intervenire per migliorare l’utilizzo delle acque reflue.
Altre sfida che riguarda il settore agricolo è quella del risparmio idrico che comunque dovrà essere calibrato alle diverse realtà ed esigenze territoriali. Partendo dal presupposto che l’agricoltura non consuma acqua soprattutto nel caso di utilizzo delle tecniche di sommersione, risaie e altre colture, di scorrimento che hanno una insostituibile e benefica funzione nel ciclo dell’acqua.
EMISSIONI IN ATMOSFERA E QUALITÀ DELL’ARIA
Gli obiettivi al 2020 fissati dell’Unione Europea sia sulla strategia Clima Energia che su Aria Pulita sono stati già raggiunti a livello generale ma soprattutto dall’agricoltura. Risultati che derivano sicuramente dalle moderne tecniche aziendali, da una crescente sensibilità ambientale degli operatori, dagli orientamenti normativi verso forme di agricoltura più rispettose degli equilibri ambientali, ma soprattutto dalla riduzione dei fertilizzanti (- 30% negli ultimi dieci anni), dalla contrazione del numero di aziende zootecniche e dei capi allevati (dal 2010 ad oggi abbiamo perso il 3,5% dei capi bovini nazionali, il 4,4% dei capi ovicaprini ed il 7,5% dei capi suini).
GIOVANI
La senilizzazione del settore agricolo assieme al troppo lento turnover generazionale costituisce un problema comune a tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Restringendo il campo di osservazione alla sola realtà italiana e prendendo come riferimento la soglia dei 41 anni non compiuti la quota delle aziende condotte da giovani risulta dell’8%.
Questa priorità non risponde solo all’esigenza di contrastare l’invecchiamento degli addetti nel settore e di conseguenza il progressivo abbandono delle aree rurali, ma anche di far perno sulle giovani generazioni per promuovere l’ammodernamento strutturale, tecnologico e gestionale delle aziende agricole, requisito indispensabile per affrontare le sfide che oggi l’agricoltura è chiamata a fronteggiare.
MIGLIORARE L’ALIMENTAZIONE PER GRAVARE MENO SULLA SANITÀ PUBBLICA
Il rapporto tra cibo e qualità della vita è un argomento di grande importanza e dibattuto a livello internazionale. Le tendenze macro del nostro sistema sanitario ci fotografano una realtà caratterizzata dal forte impatto delle cronicità; circa il 38% – più di una persona ogni tre – è malato cronico di patologie come diabete, ipertensione, bronchite cronica e malattie connesse all’età avanzata (sopra i 65 anni), con patologie a notevole impatto economico. Il 70% della spesa sanitaria, che oggi si aggira intorno ai 140 miliardi di euro (di cui 112 mediati dal servizio pubblico), è a copertura dei costi legati alla gestione delle cronicità.
Mangiare sano non significa soltanto consumare cibi non adulterati o contaminati o evitare alimenti che danneggiano alla lunga tessuti e organi con la conseguente perdita di funzionalità e danni generalizzati. Vuol dire anche alimentarsi scegliendo a partire da conoscenze biochimiche sulla composizione dei cibi e sul metabolismo, per prevenire malattie o ridurre il ricorso a farmaci.
L’approccio scientifico proprio della nutraceutica ha portato alla conoscenza e all’utilizzo di nuovi prodotti alimentari. L’impiego dei vari integratori e prodotti nutraceutici, associati sempre ad una dieta sana ed equilibrata e ad uno stile di vita salutare, può aiutare non solo a migliorare la qualità della vita degli individui ma anche a ridurre la spesa sanitaria pubblica e l’impatto che comportano alcune patologie.
Poter disporre di prodotti ed alimenti nutraceutici pertanto può favorire da una parte la lotta contro la fame e la denutrizione, dall’altra permette di ottimizzare le funzioni fisiologiche di ogni individuo, assicurare la salute ed il benessere, rendere minimo il rischio di malattia.
L’approccio nutraceutico è di particolare interesse anche per il settore agricolo per migliorare la propria competitività e mantenere il proprio reddito.
Occorre investire maggiormente in comunicazione, formazione, informazione e ricerca.
LEGISLAZIONE SPECIALE PER I TERRENI NELLE AREE GOLENALI
Riproponiamo le problematiche degli agricoltori che hanno terreni lungo il corso dei fiumi. Questi terreni, anche a seguito della realizzazione di nuove arginature, vengono quasi annualmente allagati e, nei periodi di piogge alluvionali, svolgono l’importante funzione di casse di laminazione salvaguardando i centri abitati posti a valle. Ricordiamo che tali eventi non sono assicurabili. Inoltre, per carenza di fondi, spesso (come è avvenuto per le recenti esondazioni) non è possibile erogare gli aiuti compensativi e ciò mette in serio rischio i bilanci di molte aziende.
Richiediamo quindi un intervento affinché:
– si possano assicurare le produzioni tramite l’intervento di Ismea che deve procedere alla riassicurabilità del rischio;
– le aree interessate vengano classificate svantaggiate, ai fini della tassazione e degli obblighi previdenziali;
– si prevedano nei Piani di Sviluppo Rurale contributi per la conversione dei seminativi in foraggere permanenti.
INTERVENTI DI CONTENIMENTO DEGLI UNGULATI
I danni alle colture ed alle superfici boschive arrecati da cinghiali e cervidi, in special modo i caprioli, sono in esponenziale aumento. Ad essi si aggiunge la forte crescita degli incidenti stradali. E’ quindi necessario proseguire l’attività di contenimento dei cinghiali e prevedere per i cervidi interventi legislativi che consentano di ridurre e regolare efficacemente il numero di capi presenti in provincia.